Amori, prostatite e pregiudizi
- Autore: Giorgio Licitra
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
A distanza di tre anni siamo ora alla seconda opera di Giorgio Licitra, il cui titolo, Amori, prostatite e pregiudizi, particolare, interessante e problematico, sintetizza magnificamente l’argomento del primo racconto su quattro, uno più ricco dell’altro. Ben curata la pubblicazione dalla casa editrice Operaincerta di Ragusa a partire dalla copertina fino alla scelta di caratteri nitidi.
L’autore, che è scrittore di luoghi per un’ambientazione precisa di palpitante sicilianità, narra eventi e sentimenti in modo lucidissimo e comunicativo con uno uno stile elegante che, distante da ogni retorica, infonde nel lettore una sorta di innamoramento trattando argomenti su alcune scottanti problematiche esistenziali. Principalmente colpiscono subito alcuni aspetti della sua scrittura: la delicata attenzione alla psicologia dei personaggi di cui vengono esplorati caratteri e comportamenti senza alcuna intrusione moralistica, un’elegante fluidità e spigliatezza del discorso vivacizzato dalla nettissima capacità visiva e dalla naturalezza dei dialoghi che hanno il senso della recitazione.
A destare interesse è la rilevazione dei molteplici casi della vita dove i fatti si mescolano gli uni agli altri come diversi corsi d’acqua che in un sol punto vanno a formare il gran fiume. Gli intrecci, che non appaiono mai prevedibili o scontati, si svelano a poco a poco, poiché ogni episodio è inserito in una logica progressiva di sviluppo, dove l’autore non si lascia per nulla coinvolgere né con la storia né con i personaggi. I racconti, pur nella loro varietà dove i luoghi cambiano, esaminano le vicende dal di fuori del suo sguardo e sono abitati da personaggi dalla vita incompiuta: entità originali e fragili alla ricerca, ognuno a suo modo, di una ragione d’essere.
Del resto, il motivo conduttore che li unifica è l’identità come ricerca di se stessi intorno a domande cruciali: chi siamo noi, in che misura agiscono sulla formazione della personalità le circostanze che la vita obbliga ad attraversare e come il desiderio di rinnovarsi possa colmare il vuoto interiore. Mi soffermo ora sul primo racconto L’amore sbadato a partire dalla presentazione del protagonista:
Rodolfo Cavalesi aveva compiuto da poco cinquantasei anni e non si era mai voluto sposare. Amava le belle donne e le storie senza impegno. Voleva stare libero e vedeva il matrimonio come una gabbia, per come era stato per molti suoi amici rincitrulliti dalle pretese delle mogli ed alcuni anche mandati a quel paese con una bella separazione e relativo divorzio, con conseguente assegno di mantenimento.
Il moto palpitante del racconto si snoda su due versanti: da un lato la comunicazione umana di lei, tenacemente determinata; dall’altro l’esaltazione del rapporto sessuale, da lui visto esclusivamente in funzione della penetrazione. La sua storia si svolge nel groviglio di propri lussuriosi bisogni e la narrazione si apre a ventaglio dove non mancano sorprese e colpi di scena. Ad un certo momento di un’esistenza spensierata e godereccia dall’accensione dannunziana, la vita gli viene minata da una malattia che mette in crisi la sua identità sessuale. Affetto da un deficit erettile a seguito di un intervento alla prostata, vive la perdita della virilità nella tenebra che lo isola dalla realtà. Crollano allora i momenti felici del vitalismo e del sensualismo, facendosi strada un incubo senza riparo, unitamente ad una inconsolata angosciante solitudine. Acuto è il colloquio con se stesso: si condanna a vivere da solo dopo aver sacrificato il rapporto sentimentale e passionale con la compagna che l’ha seguito con amore, sdrammatizzando il problema da lui avvertito ossessivamente. Il protagonista risente infatti di una condizione di dipendenza che gli provocherà una stanca, rassegnata maniera di uomo vinto e arreso. Avvincono i suoi diversi scatti della memoria; per esempio, appare piacevole la rievocazione della prima esperienza con una prostituta; invece è ora la confessione del fallimento esibito a cuore aperto.
La narrazione prende risvolti anche crudeli e disperate che rovesciano il mito del sesso in un grigiore assoluto tale da accrescere lo stato di malessere dell’eroe, il quale, non più sostenuto dalla sua accesa sensualità coincidente con l’energia penetrativa, compie lo stillicidio del fallimento. Dallo scacco, vissuto in modo duro e aspro, avverrà poi la liberazione dalla nevrosi e la conquista di una nuova fisionomia. Potrà infatti acquisire nuove consapevolezze grazie al sostegno di lei, dolcissima figura di donna salvifica che riequilibra il mondo deformato dal maschilismo, facendo accettare ciò che gli è stato riservato. Già mandata via con un pizzico di cattiveria come per liberarsi dai suoi fantasmi psichici, lei, Luisa il nome, ritorna:
“Volevo vedere come stavi”, disse semplicemente quando se lo trovò davanti, con la barba lunga, lui che si radeva ogni mattina, e l’aria disfatta.
Si manifesta così una zona di luce attraverso una profonda empatia che consente il superamento dell’assillante problema e anche il recupero di una buona dose di ironia. Il racconto si chiude con la ritrovata armonia al di fuori di ogni pregiudizio in cui lui era rimasto irretito: il sesso non è più vissuto come una mania e non si risolve nell’atto penetrativo, perché l’amore non ha confini e la vitalità seguirà d’ora in poi un itinerario di più stabile affettività. Il segno stilistico fa ritrovare lo spazio umano in un’altra dimensione della sessualità. Ed è la metamorfosi a segnare il passaggio dal decadere spirituale alla rinascita d’una matura percezione del piacere. Il vinto, congedandosi dall’eroe dannunziano, esce di scena, rientrando fra i vincitori grazie alla funzione liberatoria svolta da Luisa.
Straordinario potrei dire questo racconto: opera di un autentico scrittore che è riuscito a spostare la problematica del sesso nell’incontro umano e nella comunicazione dell’amore contro ogni sorta di mediocrità. L’amore non soggiace alla propria fine; non si identifica con il far sesso, ma raggiunge s’impone come autentico modo di essere e di sentire.
Significative a tal proposito le parole di Luisa:
Tu mi ami ed è solo perché ti sei convinto che io non possa più amarti se non puoi scoparmi. Ed invece è qui che ti sbagli. Io ti amo sempre allo stesso modo e quello non ha alcuna influenza nel mio amore per te. Tu sei l’uomo che mi ha fatto scoprire cos’è l’amore. Con te ho capito che prima non avevo amato...
È così che i due scoprono il momento più elevato e più ampio della loro intimità: la compenetrazione delle loro anime si fondono per quello che sono in tutta la loro umanità. questi godibili racconti, dove le protagoniste fanno sentire i loro palpiti, sono il ritratto di uno scrittore esperto che cerca e trova la sua voce nella sincerità del sentimento senza il quale la costruzione dell’identità viene manipolata dagli inganni. In definitiva, Giorgio Licitra sa riconoscere le sensazioni e i sentimenti dei suoi personaggi in un’architettura narrativa la cui scheggia di verità potrebbe così sintetizzarsi: sii te stesso e ama davvero, perché solo nell’amore tu ti potrai realizzare e starai bene.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Amori, prostatite e pregiudizi
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