Il dono e la città. Sul futuro del volontariato
- Autore: Giacomo Panizza
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Don Giacomo Panizza è il prete che ha sfidato la ’ndrangheta; settantacinque anni, di origine bresciane vive in Calabria da oltre trent’anni, ed è sotto scorta dal 2002 per essere stato testimone di giustizia contro un clan mafioso. Ha fondato nel 1976 a Lamezia Terme Progetto Sud, una comunità autogestita insieme a persone con disabilità e contribuisce a diverse iniziative della Caritas italiana e della Calabria.
È stato insignito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dell’onorificenza di Commendatore dell’ordine al Merito della Repubblica italiana.
Giacomo Panizza è autore di diversi libri sulla legalità e Il dono e la città. Sul futuro del volontariato è il suo nuovo lavoro nel quale affronta e analizza il tema del volontariato, il Terzo Settore, alla luce della legge e delle sue modifiche che norma le attività e il ruolo del volontariato, e regolamenta le associazioni nel nostro Paese. Una risorsa divenuta in poco tempo, nonostante alcuni scandali, indispensabile nella nostra Italia divisa tra profonde diversità culturali e in ginocchio dopo la crisi economica e gli anni della pandemia.
“Dono e Polis”, scrive nella prefazione al libro Tiziano Vecchiato, esprimono il senso della solidarietà umana e sociale; è umana quando non si è soli; è sociale quando si trasforma in cittadinanza sociale e ammortizza le incapacità istituzionali.
La diversità tra fare e farsi evidenzia il rapporto di potere che separa chi aiuta e chi è aiutato.
La maggioranza dei benestanti rivendica il proprio diritto a stare bene e non quelli di tutti gli altri. Una fragilità della nostra democrazia nella quale:
il consenso democratico rafforza le disuguaglianze.
Impegnarsi per i diritti potrebbe trasformare i servizi sociali di prevenzione e di mediazioni in servizi stabili nel nostro Paese. Il terzo settore è chiamato quindi a rivendicare le giuste condizioni dove ognuno di noi potrebbe vivere del dono e della città. E la Chiesa? La risposta del Don Giacomo è immediata: la storia della Chiesa è costellata di azioni e di organizzazioni di servizio e di dono alle persone.
Essere un volontario significa impegnarsi per i diritti dei più deboli, avere desiderio di donare e tuttavia non basta per esserlo. Giovani che spalano il fango, allestiscono tende, che spingono sedie a rotelle sono evocazioni di immagini che ben rappresentano le fasi di immediata assistenza ma che racchiudono nel loro insieme la letteratura del volontariato. C’è voluto difatti un quarto di secolo per la definizione di Volontariato e della Carta dei valori del volontariato. Chi vuole esserlo deve essere guidato da valori fondamentali, e l’attività prestata deve essere spontanea e gratuita:
il cuore si deve slegare dagli interessi economici.
La solidarietà pur essendo impegnata a risolvere le difficoltà di chi ha bisogno di assistenza, di cure, o di chi è vittima di ingiustizia e soprusi, avrebbe bisogno di politiche efficaci e di vere e utili collaborazioni tra istituzioni e società.
Che fare se il Paese venisse a trovarsi con l’undici per cento di popolazione in situazioni di povertà assoluta?
Dagli anni settanta ai duemila, scrive Don Giacomo, si sono moltiplicate le reti dei volontariati che non si sono mai contrapposte al sistema welfare state, perché il volontariato per essere utile deve agire in concomitanza di un welfare efficace e le associazioni non sono destinate a sostituirsi alle pubbliche amministrazioni incuranti dei diritti di chi ha più bisogno.
A questo punto l’autore ritiene necessario ricordare le parole di Paolo VI che furono rivolte a una platea di volontari cattolici e non: in “una società dell’abbondanza”, la povertà non si misura in base al reddito di cui si dispone...la povertà non è solo quella del denaro ma anche la mancanza di salute, la solitudine affettiva, l’insuccesso professionale, l’assenza di relazioni, le sventure familiari.
Il “povero” è colui che non conta nulla, che non viene ascoltato e:
Che si chiude in un isolamento così dolorosamente sofferto che può arrivare talora ai gesti irreparabili della disperazione.
Inoltre se la scuola diventa un’impresa, la salute un’azienda, la gestione dell’ambiente e dell’acqua una questione di mercato, il terzo settore con queste modalità verrà messo all’angolo, ribadisce Don Giacomo, andando in conflitto tra l’anima imprenditoriale e quella assistenziale. Si deve puntare a governare il sociale da parte del sociale stesso, senza appoggiare nessuna linea politica.
Non esiste una comunità senza solidarietà, accoglienza, condivisione e in primo luogo senza legalità, nel ricordo dell’impegno e della dedizione di don Pino Puglisi e di don Peppe Diana, e di quanto sia ancora necessario e profondamente educativo insistere nella lotta all’indifferenza e alla paura. E la legalità, sostiene con forza don Giacomo Panizza, banco di prova della credibilità della cultura di un popolo e della sua Chiesa, avrà il nuovo nome della “carità”.
Saremo capaci di futuro solo se sapremo assumere uno stile di volontariato adulto, che non operi solo in risposta a ciò che vede a occhio nudo, ma indaghi con sguardo critico nel profondo delle cause immediate e remote delle difficoltà e del disagio. Un ruolo politico, dunque.
Una lettura consigliata!
Il dono e la città. Sul futuro del volontariato
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