Tra le nostre rubriche abbiamo trattato più volte temi legati alla grammatica italiana: oggi parliamo dell’anacoluto cercando di individuarne il significato con l’aiuto di alcuni esempi.
Si tratta ancora una volta di una delle tante figure retoriche che, come sappiamo bene, rappresentano veri e propri pilastri della grammatica italiana. Per una trattazione generale e uno sguardo d’insieme potete consultare quelle che abbiamo definito le figure retoriche principali.
Oggi andiamo a scoprire alcuni esempi di anacoluto, vedendo anche quali sono le caratteristiche di questa figura retorica così usata dagli scrittori di ogni epoca. Il termine anacoluto, come vedremo in seguito, è infatti strettamente legato alla lingua greca, da cui viene coniato il termine.
Anacoluto: significato e caratteristiche della figura retorica
Tra tutte le figure retoriche l’anacoluto è forse una delle più particolari: il suo significato, infatti, ci svela fin da subito che quest’ultima nasca da un errore.
Come può un errore di sintassi diventare un pilastro della lingua italiana, diffuso in modo particolare tra scrittori e romanzieri di grande fama? In realtà le cose sono andate proprio così perché l’anacoluto è stato a lungo considerato un grave errore sintattico. Perché allora tanto successo? Perché detiene una forza espressiva notevole.
La sua rottura con gli schemi la troviamo a partire dall’etimologia della parola: anacoluto deriva infatti dal greco “anakólothos” e significa “che non segue”. Tra le figure retoriche si distingue per la sua volontà di spezzare in modo netto il senso logico di una frase, ricorrendo alla strategia di cambiare il soggetto a metà strada quando il discorso sembra aver già preso una strada definita.
La sua forza probabilmente deriva dalla sua evidente vicinanza alla lingua parlata per cui il suo utilizzo conferisce un velo di veridicità in più al messaggio scritto. Proviamo ad analizzare da vicino qualche esempio per avere le idee più chiare.
Anacoluto: esempi di utilizzo
Dai titoli dei libri alle frasi più celebri, l’anacoluto si nasconde dietro le parole più semplici e probabilmente il suo uso frequente ci impedisce di porci qualche domanda. Siamo più abituati di quanto pensiamo a leggere testi, discorsi, articoli di giornale e così via in cui l’anacoluto ricorre senza grandi problemi.
Tra i libri possiamo citare quello di Marcello D’Orta dal titolo “Io speriamo che me la cavo”. Appare subito chiaro che qualcosa è troncato ed è proprio il soggetto. Non c’è molta connessione tra quest’ultimo e il seguire della frase. Eppure il messaggio è forte e chiaro, il soggetto risalta e si pone in evidenza.
Anche Manzoni ne era affascinato tanto da utilizzare l’anacoluto nel suo romanzo più famoso: nei "Promessi sposi" il personaggio di Renzo Tramaglino afferma in un capitolo del libro "quel birbone che, se non fosse stato lui, Lucia sarebbe mia da venti mesi"? Il taglio è netto tra "che" e il resto del pensiero, una strategia che aiuta lo scrittore a mettere in luce la rabbia di Renzo nei confronti di Don Rodrigo.
Ma questi non sono gli unici: di esempi la letteratura italiana è ricca. Prendiamo Machiavelli e la sua celebre frase scritta in una lettera rivolta all’amico Vettori: “mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui”.
Oppure Ugo Foscolo con “colui che l’acque cantò fatali” (A Zacinto), Giovanni Verga con "si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all’Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull’acqua" (I Malavoglia).
A questo punto non dovreste più avere dubbi: riconoscere la presenza dell’anacoluto tra le tante parole che ogni giorno vi trovate davanti sarà davvero semplice.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Anacoluto: significato ed esempi
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