Cos’è il poliptoto? Si tratta di una figura retorica diffusa nella lingua italiana che riproduce un’idea di ripetizione nel corso di una stessa frase o di uno stesso verso.
Il poliptoto o polittoto deriva dal greco polýptōton che significa con molti casi e ci restituisce un’idea di variazione; in caso di poliptoto infatti una stessa parola viene ripetuta più volte nel medesimo enunciato, ma con una funzione sintattica diversa.
Proprio a causa del suo utilizzo viene definita una figura retorica di ripetizione o di sdoppiamento. Di uso frequente nella retorica classica, ne troviamo vari esempi nell’Eneide di Virgilio (pensiamo alla celebre maledizione lanciata da Didone: litora litoribus contraria/ imprecor, arma armis) e anche nella Farsaglia di Lucano (es. frangitur armatum conliso pectore pectus).
Di derivazione latina, viene usata frequentemente in letteratura dai grandi autori che intendono creare una raffinata variazione retorica: è spesso presente, ad esempio, nella Divina Commedia di Dante.
Vediamone più nel dettaglio significato ed esempi.
Poliptoto: significato
Il poliptoto consiste nella ripetizione di una parola una o più volte nel corso della stessa frase o del medesimo enunciato; ciò che distingue questa figura retorica dall’anafora è il fatto che la parola ripetuta varia la funzione sintattica, da sostantivo a verbo, oppure varia caso, genere e numero. La forma della parola si modifica quindi, ma non il suo significato semantico che resta invariato. Ha una funzione rafforzativa, aiuta a ribadire un concetto, a interiorizzarlo, ribadendo anche l’efficacia formale di un determinato enunciato tramite la ripetizione.
Si tratta di una figura retorica di derivazione classica, per cui è frequente nelle opere latine oppure negli scritti letterari classici che hanno incorporato i latinismi nella loro prosa: tuttavia non è meno rara nel parlato, ad esempio la ritroviamo nei modi di dire dell’italiano popolare “Non startene con le mani in mano”, “Si sa che i soldi portano soldi” o negli slogan pubblicitari “Ricordati di ricordare”.
L’aspetto fondamentale del poliptoto è che non prevede una mutazione semantica, ma solo formale del sostantivo: questo impedisce di confonderla con altre figure retoriche di ripetizione, quali la paranomasia, l’anafora, l’allitterazione.
Poliptoto: esempi
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Se cantiamo boschi, che siano boschi degni di un console (Virgilio, Bucoliche)
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Cred’io ch’ei credette ch’io credesse (Dante, Canto XIII dell’Inferno)
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Di me medesmo meco mi vergogno (Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, Canzoniere, Petrarca)
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Io so di non sapere (Socrate)
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Lo cunto de li cunti (Il pentamerone di Giambattista Basile)
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Tu menti ch’io abbia mentito (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, episodio di Fra Cristoforo)
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Si pentiva poi d’essersi pentita (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, episodio della Monaca di Monza)
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Poliptoto: significato ed esempi della figura retorica
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