

Anatomia della battaglia
- Autore: Giacomo Sartori
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2025
Il senso di morte è la costante sottesa alle pagine di Anatomia della battaglia di Giacomo Sartori (Terrarossa Edizioni 2025). Aleggia sulla malattia incurabile di un padre d’acciaio, su un nucleo familiare di tendenza anaffettiva, su vissuti di ideali sfumati, su ideali invece tenuti in vita fuori tempo massimo, sul cancro, l’anima, i rapporti di coppia, la scelta armata: la morte è il convitato di pietra di tutto il testo.
Per capire meglio, è bene prima accennare alla famiglia (in un interno di alta borghesia decaduta) che innerva il romanzo: il padre non è scopertamente castrante, piuttosto un uomo tutto d’un pezzo, instancabile alpinista e nostalgico del fascismo mussoliniano di cui ha fatto ragione di vita e modello. Nella seconda parte della storia sviluppa una grave forma di tumore, chissà se alimentato dalle verdure contaminate dalla radioattività (Chernobyl) che si ostina a consumare. La madre è fissata con le apparenze, probabilmente compensa con l’iperattivismo le frustrazioni di un matrimonio in salita. Uno dei due figli maschi ambisce alla perfezione, sua sorella, invece… be’, sua sorella è in fuga sin da piccola, forse ha capito che le serve fuggire per salvarsi. E infine c’è l’io-narrante, il terzo figlio: aspirante scrittore, capellone negli inquieti anni Settanta, estremista di sinistra a un soffio dalla militanza armata, sensibile, malaticcio, nemesi del patriarca morente, che invece è irriducibile finanche prossimo alla morte.
Il romanzo è funzionalmente frastagliato, avanti-indietro per squarci temporali, avanti-indietro nel tempo attraverso momenti topici - sociali e familiari - come in un album di fotografie. Da collante, i moti interiori del figlio scrittore. Notazioni che battono e ribattono su ragioni vere e altre presunte di quattro solitudini (in fondo) chiamate dal sangue a relazionarsi fra loro. Congetture espresse tra sé e per sé, sfocianti - giocoforza - nell’ingombrante totem paterno, l’eterna camicia nera che il cancro sta uccidendo e che ancora si batte, dignitoso e testardo fino in fondo. Un padre dissimile dal narratore, che proprio la prospettiva della morte (data o subita), giocoforza contigua alla lotta armata, ha fatto recedere dagli ideali. Su cosa poggia, allora, l’intenso legame – inespresso ma avvertibile - con il padre morente? Il tratto narrativo di Giacomo Sartori è asciutto ma esatto, e spesso quanto basta per fare di questo romanzo una tersa partitura sentimentale, intima e paradigmatica al tempo stesso.
Più avanzava nella lettura (il padre, ndr) e più chiaramente presentivo che il mio testo non gli sarebbe affatto piaciuto. Nella sua vita aveva letto principalmente libri di guerra, centinaia di libri di guerra, non era quindi un lettore suscettibile di apprezzare le doti letterarie, ammettendo che ci fossero, di un testo che non aveva nulla a che fare con quel tema. A lui non interessava la qualità della scrittura, interessava la guerra, e nella fattispecie la guerra che aveva conosciuto lui, quella combattuta sui fangosi campi di battaglia. Il mio romanzo parlava invece di una guerra molto diversa, del conflitto interiore di un personaggio che finisce per ripudiare la violenza del terrorismo. Una battaglia che lui non avrebbe mai potuto capire, perché fino all’ultimo s’era rifiutato anche solo di prenderla in considerazione: non aveva rinnegato nulla.
Attestabile a un passo dall’auto-fiction senza infingimenti, Anatomia della battaglia è un romanzo misurato, parola dopo parola, situazione per situazione, in grado per questo di suggerire come la Storia – intrecciata alle storie familiari – arrivi a segnare le scelte e la vita degli esseri umani.

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