Il 15 novembre 1942 la scrittrice e giornalista svizzera Annemarie Schwarzenbach fu strappata al mondo da una morte prematura. Aveva attraversato i deserti, esplorato i territori più impervi dell’Africa e dell’Asia, per giungere all’incontro fatale con il proprio destino nel luogo familiare che chiamava casa, a Sils, in Engadina, nel cantone dei Grigioni.
La causa della morte appare in netto contrasto con la sua vita avventurosa, vissuta con funambolica passione sempre sull’orlo estremo del limite: una banale caduta in bicicletta. La caduta era avvenuta il 7 settembre 1942 in una luminosa giornata di fine estate lungo una strada bianca e deserta che non minacciava alcun pericolo. Una buca ricolma di acqua piovana e un sasso aguzzo poco distante la attendevano al varco, mentre lei ignara pedalava di buona lena incontro al suo destino nella valle incantata in mezzo alle montagne. Il trauma cranico conseguente alla rovinosa caduta l’avrebbe costretta all’immobilità forzata di un coma dal quale non si sarebbe mai più risvegliata, conducendola alla morte il 15 novembre successivo, a soli trentaquattro anni.
Non si sfugge al caso; voce, leggenda e destino. Ma nella vita straordinaria di Annemarie Schwarzenbach, impetuosamente divorata dal suo stesso fuoco, “tutte le strade sono aperte”.
La riscoperta tardiva di Annemarie Schwarzenbach
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Dopo anni di totale oblio, la figura di questa geniale scrittrice (voleva vivere di scrittura ma non riuscì mai nel suo intento), giornalista e fotografa è stata meritatamente riscoperta. L’editore svizzero Huber negli anni Ottanta iniziò a ripubblicare la sua opera: Annemarie Schwarzenbach conobbe così il successo letterario tanto agognato soltanto anni dopo la sua scomparsa.
In Italia è stata riscoperta in tempi più recenti grazie alla bellissima biografia romanzata scritta da Melania G. Mazzucco. , Lei così amata (Rizzoli, 2000), che ha restituito ai lettori la sua complessa e sfaccettata personalità, il ritratto eterno “dell’angelo inconsolabile” immortalato in una poesia di Rainer Maria Rilke o forse “l’angelo devastato” come la definì il più grande romanziere del Novecento tedesco, Thomas Mann. Ogni definizione che le veniva data appariva un ossimoro, una contraddizione in termini, e forse lo fu anche la sua stessa esistenza: una ricerca inesausta di completezza che si concluse con una perdita. Angelica, diabolica, perduta come una moderna Euridice che discende nell’Ade e cerca salvezza.
Annemarie Schwarzenbach: la vita
Credo che l’aspetto che maggiormente affascina della vita di Annemarie Schwarzenbach sia la sua vocazione per l’erranza.
Nata a Zurigo il 23 maggio 1908 in una ricca famiglia di industriali svizzeri, è stata una donna capace di precorrere i propri tempi. La prima ad attraversare il continente indiano in automobile per realizzare un reportage giornalistico. Visse una vita raminga, sempre in fuga, forse proprio nel tentativo di sfuggire dal suo nemico più temibile: sé stessa.
Dalla Persia agli Stati Uniti sino alle tenebre del Congo, lontano dall’ombra del nazifascismo che si stendeva inesorabile sulla storia europea.
Ancora giovanissima Annemarie entrò nella resistenza contro Hitler, aderendo al circolo dei figli Thomas Mann, Erika e Klaus cui rimase legata per la vita in un rapporto simbiotico che degenerò in una forte dipendenza emotiva dai caratteri distruttivi.
Spirito ribelle e anticonformista, fu una donna scandalosa, animata dall’unica insopprimibile volontà di “essere fedele a sé stessa”. Non fece mai mistero dei suoi amori saffici, fatto che generò contrasti con la famiglia e soprattutto con la madre, Renée, vestale delle mura domestiche, granitica ed imperturbabile padrona di casa che mal tollerava la “vita pubblica” della figlia. Ma Annemarie, “Mirò” come la chiamavano gli amici, non accettò mai di nascondersi sotto il velo dell’ipocrisia.
Nel 1935 Annemarie partecipò a degli scavi archeologici in Oriente, a Teheran, e sposò il diplomatico francese Achille Claude Clarac. Un matrimonio forse di copertura e di comodo, ma non privo d’affetto. Non bastava comunque l’affetto a placare il suo animo tormentato. Crebbe la sua dipendenza dalla morfina, iniziò a entrare e uscire dalle cliniche di disintossicazione, senza mai trovare pace.
Nel 1939 compì lo storico viaggio al fianco della giornalista ed esperta viaggiatrice Ella Maillart in Afghanistan. Lasciandosi alle spalle l’Europa sull’orlo della guerra le due partirono alla volta dell’Oriente, un’impresa che Annemarie avrebbe consacrato nel libro Tutte le strade sono aperte. Viaggio in Afghanistan 1939-1940 (il Saggiatore, 2015). Prima della partenza le due amiche si fanno fotografare a bordo di una Ford Deluxe nuova di zecca: è il 6 giugno del 1939, il viaggio proseguirà ininterrotto fino al gennaio del ’40. Ella e Annemarie sono come due esploratrici che viaggiano spinte dall’inquietudine, in fuga da un vecchio mondo che considerano ormai perduto. Scopriranno una “patria di nomadi, tende nere, iurte”.
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La Schwarzenbach ci restituisce ogni istante del viaggio, tappa dopo tappa, tramite la sua scrittura intimista in cui si mescolano narrazione diaristica e reportage. Nasce così Tutte le strade sono aperte, un resoconto toccante in grado di restituirci il sapore e l’odore di terre lontane, ma anche, e soprattutto, uno sguardo irriverente posato sul mondo come l’obiettivo di un fotografo: due occhi affamati di vita, curiosi di tutto e un intelletto fino che non cessava mai di interrogarsi e interrogare.
Anche Ella Maillart scrisse un libro dedicato all’impresa divenuto celebre, si intitola La via crudele. Due donne in viaggio dall’Europa a Kabul, in queste pagine appare anche Annemarie sotto mentite spoglie, celata dietro il personaggio fittizio di Christina.
L’ultimo viaggio di Annemarie Schwarzenbach fu nel cuore del Congo belga, nella primavera del 1941. Un anno dopo fece ritorno in Svizzera, nella quiete familiare della casa sul lago di Boken, dove l’attendeva un imprevisto appuntamento con la morte in un frizzante mattino di settembre.
Nel libro I miei occhi sul mondo. Scritti di viaggio (il Saggiatore, 2019), Annemarie mette nero su bianco la grande lezione da lei appresa:
Ho imparato, nei miei molti viaggi verso est e ovest, che l’essere umano può vivere praticamente ovunque, che per questa poca vita ha bisogno di poco, ma anche di molto: di quel pizzico di speranza alla quale non si riesce a dare un nome e che è come una specie di cibo celeste.
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I suoi scritti ci restituiscono la pienezza di una vita vissuta sempre in bilico tra l’orlo dell’abisso e l’ascesa della vertigine. Una parabola esistenziale che ricorda il volo di Icaro, caratterizzata da una “terribile libertà” in cui il confine tra realtà e sogno sbiadisce.
Nel libro Dalla parte dell’ombra (il Saggiatore, 2010), Annemarie affronta il mistero della sua natura ribelle e indomabile in poche righe rivelatorie che ci dicono molto sulla sua essenza di “angelo inconsolabile”. La sua condanna era di essere imprigionata in un mondo privo di libertà e di immaginazione, come un abito troppo stretto che alla lunga finisce per soffocare. Forse attraverso i suoi viaggi Annemarie, “Mirò”, anelava una sorta di liberazione.
Ma non siamo noi a decidere dei nostri sogni… non sta a me tracciare il confine tra realtà e visione. A me rimane la magia, il nome, il cuore meravigliosamente toccato.
Annemarie Schwarzenbach: le opere
Le opere di Annemarie Schwarzenbach sono state pubblicate in Italia dalla casa editrice milanese il Saggiatore:
- I miei occhi sul mondo. Scritti di viaggio (il Saggiatore, 2019): forse uno dei più appassionanti reportage di viaggio firmati da Annemarie Schwarzenbach. In questi testi emerge tutta la sua grandiosa capacità narrativa. Una scrittura fotografica del reale che ci trasporta lungo i deserti dell’Iran, i monti dell’Hindu Kush e l’antichissima città di Ur. Tra un racconto e l’altro cogliamo il tormento dell’anima di Annemarie, il suo sentirsi esule, senza patria, la sua coscienza di non appartenenza a nessun luogo. Sullo sfondo permane l’angoscia di un’Europa in guerra che riaccendeva nei pensieri della scrittrice un tormento costante.
I miei occhi sul mondo. Scritti di viaggio
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- Fuga verso l’alto (il Saggiatore, 2016): scritto tra la fine di febbraio e l’inizio di maggio del 1933. Giorni in cui la presa di potere di Hitler in Germania generò la conseguente diaspora della comunità ebraica e comunista. Annemarie fugge tra le montagne, cercando immensi spazi bianchi e vuoti in cui dimenticare l’odio che divampa nel mondo. In queste pagine è più evidente la crisi di identità e di appartenenza che la attraversava. Anche il ritorno per lei era, in fondo, la ricerca di una via di fuga.
Fuga verso l'alto
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- Tutte le strade sono aperte (il Saggiatore, 2016): il resoconto dell’incredibile viaggio in compagnia di Ella Maillart nel 1939. Dalla Turchia alla Persia sino all’Afghanistan. La straordinaria avventura di due donne tra immensi deserti, tempeste di sabbia e tazze di tè fumanti bevuti nelle tende. In queste pagine traspare tutto lo spirito critico di Annemarie, la sua arte di scandagliare e interrogare ogni cosa.
Tutte le strade sono aperte. Viaggio in Afghanistan 1939-1940
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- Ogni cosa è da lei illuminata (il Saggiatore, 2010): un breve racconto ambientato in Engadina che ci racconta di una folle passione amorosa. Un incontro in ascensore tra due donne, nel Natale del 1929, sarà il principio di un sentimento sconvolgente. Un racconto, probabilmente autobiografico, scritto da Annemarie a ventuno anni.
Ogni cosa è da lei illuminata
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- La notte è infinitamente vuota (il Saggiatore, 2014): un altro racconto autobiografico in cui Annemarie racconta i suo anni parigini, lo studio alla Sorbona, l’amore per Ursula. Tra salti temporali e cambi di prospettiva si compone un altro libro intimista, in bilico tra narrazione immaginifica e diario.
La notte è infinitamante vuota
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- Oltre New York (il Saggiatore, 2004): la scoperta degli Stati Uniti. In queste pagine una Annemarie ventottenne ci racconta l’altra faccia dell’America attraverso scatti e testimonianze che mostrano il degrado della cosiddetta Terra Promessa. In questi scritti traspare l’empatia dell’autrice verso gli ultimi, e la sua volontà di dare voce a chi voce (e diritti) non ne ha.
Per approfondire ricordiamo anche la biografia dedicata ad Annemarie Schwarzenbach, Una terribile libertà. Ritratto di Annemarie Schwarzenbach (Il Saggiatore, 2015) scritta da Dominique Laure Miermont, un libro che ci restituisce appieno l’esistenza di questa donna coraggiosa che ha attraversato la propria epoca in un lampo fuggente, illuminando ogni cosa al suo passaggio, come una meteora.
Una terribile libertà. Ritratto di Annemarie Schwarzenbach
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Annemarie Schwarzenbach: vita e opere della scrittrice nomade
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