Durante il soggiorno fiorentino negli anni dal 1830 al 1832, Giacomo Leopardi si innamorò di Fanny Targioni Tozzetti, una nobildonna bella e colta che però, pur mostrandogli affetto fraterno, mai lo corrispose dal punto di vista sentimentale vero e proprio.
La profonda amarezza e il forte senso di frustrazione che scaturirono dalla mancata relazione portarono alla composizione del Ciclo di Aspasia, cinque canti fra cui, anche, Aspasia che la maggior parte della critica considera la sola e unica poesia d’amore di Leopardi.
Il testo della poesia “Aspasia”
Torna dinanzi al mio pensier talora
il tuo sembiante, Aspasia. O fuggitivo
per abitati lochi a me lampeggia
in altri volti; o per deserti campi,
al dí sereno, alle tacenti stelle,
da soave armonia quasi ridesta,
nell’alma a sgomentarsi ancor vicina,
quella superba vision risorge.
Quanto adorata, o numi, e quale un giorno
mia delizia ed erinni! E mai non sento
mover profumo di fiorita piaggia,
né di fiori olezzar vie cittadine,
ch’io non ti vegga ancor qual eri il giorno
che ne’ vezzosi appartamenti accolta,
tutti odorati de’ novelli fiori
di primavera, del color vestita
della bruna viola, a me si offerse
l’angelica tua forma, inchino il fianco
sovra nitide pelli, e circonfusa
d’arcana voluttá; quando tu, dotta
allettatrice, fervidi sonanti
baci scoccavi nelle curve labbrade’ tuoi bambini, il niveo collo intanto
porgendo, e lor di tue cagioni ignari
con la man leggiadrissima stringevi
al seno ascoso e desiato. Apparve
novo ciel, nova terra, e quasi un raggio
divino al pensier mio. Cosí nel fianco
non punto inerme a viva forza impresse
il tuo braccio lo stral, che poscia fitto
ululando portai finch’a quel giorno
si fu due volte ricondotto il sole.Raggio divino al mio pensiero apparve,
donna, la tua beltá. Simile effetto
fan la bellezza e i musicali accordi,
ch’alto mistero d’ignorati Elisi
paion sovente rivelar. Vagheggia
il piagato mortal quindi la figlia
della sua mente, l’amorosa idea,
che gran parte d’Olimpo in sé racchiude,
tutta al volto, ai costumi, alla favella
pari alla donna che il rapito amante
vagheggiare ed amar confuso estima.
Or questa egli non giá, ma quella, ancora
nei corporali amplessi, inchina ed ama.
Alfin l’errore e gli scambiati oggetti
conoscendo, s’adira; e spesso incolpa
la donna a torto. A quella eccelsa imago
sorge di rado il femminile ingegno;
e ciò che inspira ai generosi amanti
la sua stessa beltá, donna non pensa,
né comprender potria. Non cape in quelle
anguste fronti ugual concetto. E male
al vivo sfolgorar di quegli sguardi
spera l’uomo ingannato, e mal richiede
sensi profondi, sconosciuti, e molto
piú che virili, in chi dell’uomo al tuttoda natura è minor. Che se piú molli
e piú tenui le membra, essa la mente
men capace e men forte anco riceve.Né tu finor giammai quel che tu stessa
inspirasti alcun tempo al mio pensiero,
potesti, Aspasia, immaginar. Non sai
che smisurato amor, che affanni intensi,
che indicibili moti e che deliri
movesti in me; né verrá tempo alcuno
che tu l’intenda. In simil guisa ignora
esecutor di musici concenti
quel ch’ei con mano o con la voce adopra
in chi l’ascolta. Or quell’Aspasia è morta
che tanto amai. Giace per sempre, oggetto
della mia vita un dí: se non se quanto,
pur come cara larva, ad ora ad ora
tornar costuma e disparir. Tu vivi,
bella non solo ancor, ma bella tanto,
al parer mio, che tutte l’altre avanzi.
Pur quell’ardor che da te nacque è spento:
perch’io te non amai, ma quella diva
che giá vita, or sepolcro, ha nel mio core.
Quella adorai gran tempo; e sí mi piacque
sua celeste beltá, ch’io, per insino
giá dal principio conoscente e chiaro
dell’esser tuo, dell’arti e delle frodi,
pur ne’ tuoi contemplando i suoi begli occhi,
cupido ti seguii finch’ella visse,
ingannato non giá, ma dal piacere
di quella dolce somiglianza un lungo
servaggio ed aspro a tollerar condotto.Or ti vanta, che il puoi. Narra che sola
sei del tuo sesso a cui piegar sostenni
l’altèro capo, a cui spontaneo porsil’indomito mio cor. Narra che prima,
e spero ultima certo, il ciglio mio
supplichevol vedesti, a te dinanzi
me timido, tremante (ardo in ridirlo
di sdegno e di rossor), me di me privo,
ogni tua voglia, ogni parola, ogni atto
spiar sommessamente, a’ tuoi superbi
fastidi impallidir, brillare in volto
ad un segno cortese, ad ogni sguardo
mutar forma e color. Cadde l’incanto,
e spezzato con esso, a terra sparso
il giogo: onde m’allegro. E sebben pieni
di tedio, alfin dopo il servire e dopo
un lungo vaneggiar, contento abbraccio
senno con libertá. Che se d’affetti
orba la vita, e di gentili errori,
è notte senza stelle a mezzo il verno,
giá del fato mortale a me bastante
e conforto e vendetta è che su l’erba
qui neghittoso immobile giacendo,
il mar, la terra e il ciel miro e sorrido.
Aspasia: parafrasi
La tua immagine si ferma ogni tanto nella mia mente,
Aspasia.
In questo momento la rivedo, velocemente,
in altri volti della città,
ora essa mi arriva nella pace di un giorno sereno,
o dalle silenziose stelle, e la mia anima si ripete a turbarsi .
Quanta desiderata è stata questa immagine
e un giorno è stata il mio tormento e il mio piacere.
Un dolce alito che sento emanare dalla fiorita campagna,
o che provenga dalle vie della città,
mi porta alla mente il momento nel quale io ti vidi,
tutta raccolta nei tuoi appartamenti, odorosi di
fiori appena colti, vestita con una bruna veste
appoggiata sopra un divano,
tutta avvolta di misteriosa voluttà, e tu,
dotta allettatrice, intanto che davi un bacio ai tuoi figli e
li stringevi con le tue delicate mani al
tuo seno coperto e desiderato, alzando il tuo bianco collo,
ti muovevi con un fare piacevole .
Allora un nuovo cielo, una nuova terra, un raggio
divino, mi apparvero , che io ferito da Cupido,
mi innamorai di te.
In me feci entrare questo triste amore , gridando,
fino ad ora che fanno due anni.
La tua bellezza mi apparve in un raggio divino.
La bellezza e l’armonia musicale hanno lo stesso effetto,
e pare che vogliano svelare il mistero e
la bellezza di luoghi paradisiaci.
Il giovane innamorato, allora,
insegue quell’immagine di bellezza che ha nei pensieri;
una bellezza che presenta la perfezione divina.
Il giovane amante, confronta l’idea di donna ideale
con quella di donna reale e confonde le due immagini,
in modo nei rapporti corporali tende a desiderare
più la donna ideale che la donna reale.
Confonde la donna reale con quella ideale
e spesso tende a dare la colpa alla donna amata.
La donna non potrà mai sapere
quale concetto si fa il giovane dell’amore e
non lo può capire perché un pensiero così
alto non entra nella sua mente. Il giovane
vorrebbe intuire il problema tra la donna ideale
e quella reale, negli occhi di lei, o
nei suoi sentimenti e idee, che pur sono distinti
nelle donne, per natura inferiori.
Esse, così come ricevono dalla nascita
delle membra più fragili, hanno anche
una modo di pensare meno capace e meno forte.
O Aspasia, tu non puoi capire,
non immagini quale incredibile amore, quali affanni intensi,
quali immensi sentimenti amorosi,
hai fatto nascere in me e
come un direttore d’orchestra che non sa
quali sono gli effetti che egli invia in chi lo segue.
Ora, però,l’idea è morta per sempre, e certe volte, mi
mi si avvicina e poi si allontana la sua debole immagine.
Tu, invece, Aspasia reale, sei in vita
e sembri la più bella delle donne .
La passione per te è forse scomparsa:
perché io non mi innamorai di te ma dell’idea della bellezza
che sta ancora dentro al mio cuore.
Io ero avvinto dalla tua ideale bellezza
e mi piacque tanto che io,
ben convinto delle tue arti e
delle tue trame, ammirando nei tuoi occhi reali
i begli occhi della donna ideale, ti ho seguito,
fino a quando l’idea di bellezza ha avuto dimora in me;
accettai di essere avvolto dal tuo dominio,
per il bel piacere che avvertivo
nel vedere la somiglianza tra l’ideale e te.
Ora tu, Aspasia reale, ti puoi dare arie in quanto
perchè sei stata la sola
a cui io sottomisi il mio fiero capo e
a cui io porsi il mio amore indomito.
Tu sei stata la prima donna, e credo
che sarai anche l’ultima, che vedesti me tremante,
e che vedesti me fuor di me,
che mi vedesti impallidire, illuminare nello sguardo
ad ogni tuo atteggiamento verso di me.
Ora la mia passione è terminata,
e non sono più legato a te,
e questo mi fa piacere.
Così ora io rinsavisco
riprendo la mia libertà.
Comunque la mia vita, priva d’amore,
è triste come una notte buia e senza stelle
in pieno inverno, perché sono purtroppo solo.
Ma la rivincita che io mi prendo
sul mio destino mortale consiste nel fatto che
sono divenuto indifferente , e ci scherzo sopra
mentre sto ad ammirare il mare,
la terra e il cielo.
Contenuto e significato della poesia
Quando compone Aspasia, nella primavera del 1834, Giacomo Leopardi si è ormai abituato alla nuova vita a Napoli, dove soggiorna insieme all’amico Antonio Ranieri.
Il poeta ha lasciato Firenze da circa due anni ma il ricordo di Fanny, sebbene attenuato dal tempo, è tutt’altro che scomparso, anzi.
Di tanto in tanto il volto bellissimo della donna gli torna alla memoria e con esso gli atteggiamenti materni, l’eleganza dei modi e la raffinatezza intellettuale che lo avevano fatto perdutamente innamorare di lei.
Il forte sentimento, non corrisposto, ha lasciato in lui una piaga profonda, un tormento interiore che lo porta ad un’amara riflessione sull’amore non solo dal punto di vista privato e personale ma universale.
Aspasia (lo pseudonimo ispirato ad Aspasia, moglie di Pericle, dietro il quale si celano il nome e la persona di Fanny Targioni Tozzetti) era apparsa al poeta come una figura divina, ma soltanto perché vista con gli occhi ingenui e sognanti dell’amore, che inevitabilmente inducono la mente a creare un ideale di donna che, in realtà, non esiste.
La nobile fiorentina non può neanche immaginare quali passioni, emozioni, deliri e pensieri abbia scatenato nel cuore fragile e rapito del poeta in quanto, per sua stessa natura, non ha né la capacità né la sensibilità di comprendere l’elevatezza dei suoi sentimenti.
Adesso che l’incanto si è spezzato, nonostante la cocente delusione, Leopardi è finalmente libero di togliere quel velo divino del quale aveva voluto ammantare Aspasia e guardarla per come davvero è, in tutta la sua voluttuosa fisicità, che quasi riesce a sfiorare con le dita, ma ormai priva di quelle connotazioni ideali che l’avevano resa unica e meritevole dei suoi sospiri.
Quell’Aspasia non esiste più, è morta.
Ora, sebbene i giorni trascorrano nel tedio assoluto, Leopardi si sente di nuovo libero, non più schiavo di quel giogo amoroso da cui era uscito stremato, passando dall’iniziale ed ingannevole illusione di poter essere amato alla triste certezza di un destino che invece lo priva di qualsiasi conforto sentimentale.
Ora il poeta ha acquisito la consapevolezza che l’amore è mera illusione e che se da una parte una vita senza illusioni è come una notte oscura d’inverno, resta almeno quel sano distacco che consente di ridere, seppur amaramente, della vanità di tutte le cose.
Adesso sì, finalmente, può permettersi di starsene sdraiato su un prato ad osservare il mondo circostante senza affanno e senza inutili patemi d’animo.
Analisi della poesia Aspasia
Aspasia non esprime tanto la passione e la sofferenza che da essa scaturisce, quanto piuttosto la "quiete dopo la tempesta", il momento in cui essa, ormai scemata, lascia il posto a quella sorta di distacco che rasserena l’animo.
Un profumo, un gesto, un volto possono ancora ridestare nella mente del poeta le fattezze di Fanny, ma non più il tormento e lo struggimento che, finito il sentimento, non hanno più ragion d’essere.
La disillusione porta con sé la libertà, la donna ideale non esiste per nessuno, tutto è effimero e vano, anche l’amore.
Ciò non vale solo per Leopardi, ma per chiunque altro.
La certezza di ciò, strappa persino un sorriso al poeta, amaro sì, ma anche affrancatore.
La polemica con il sesso femminile è un altro aspetto del canto che deve essere sottolineato. Secondo l’autore, infatti, dal punto di vista sentimentale, esso sarebbe inferiore a quello maschile, poiché incapace di coglierne il grande fervore emotivo e lo slancio ideale.
Teniamo presente che qui Leopardi è, in fondo, un innamorato deluso, che quasi si giustifica di quanto provato per una donna che, a suo dire, non lo meritava.
Reazione umanissima, che accomuna il poeta a tutti noi.
Fortemente intellettuale, invece, è l’intelaiatura del componimento, di cui il dato biografico è un elemento preponderante ma non esclusivo.
Da esso, infatti, si sviluppa una riflessione filosofica che abbraccia l’amore inteso come sentimento universale fino al senso ultimo e alla vanità del tutto, tema tipicamente leopardiano.
La componente intimistica del canto costituisce, in sintesi, il punto di partenza per più ampie considerazioni sulla vita e sul suo significato più vero e profondo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Aspasia” di Leopardi: testo, parafrasi e analisi della poesia d’amore
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