Aspettami ed io tornerò di Konstantin M. Simonov è una delle più note poesie in lingua russa a livello mondiale. Nelle parole dello scrittore e ufficiale sovietico Simonov si riconobbe un intero popolo: i versi furono imparati a memoria, ripetuti come un messaggio di buon augurio, come una speranza, scandivano il ritmo delle marce di interi plotoni nella neve dell’inverno più gelido della storia e, ben presto, travalicarono i confini della Grande Madre Russia per diventare un canto universale, d’amore e di guerra, che rifletteva lo smarrimento di un’intera generazione. In quei versi si riverberava intatto lo sgomento e la speranza di giovani uomini, forti e in salute, consegnati nelle fauci della guerra e privati del sogno di un amore. Ma quel segno perdurava sottoforma di poesia, resisteva attraverso una domanda inespressa che attraversa ogni frase di Aspettami ed io tornerò e ritorna, con rinnovata intensità, nel suo ritornello: l’attesa può salvare? Finché c’è qualcuno che ci attende, che ci sogna, da qualche parte del mondo, forse non moriremo mai davvero.
A decretare la fortuna di Aspettami ed io tornerò fu senza dubbio anche la coincidenza fortuita della sua datazione. Fu pubblicata sul quotidiano russo La Pravda, l’organo di stampa ufficiale del Partito Comunista, nel febbraio del 1942 proprio quando l’esercito tedesco fu respinto da Mosca. Si respirava, in quel momento, un’atmosfera di candida speranza nel mezzo della guerra: vi era d’improvviso la certezza che il ritorno non fosse poi una prospettiva così distante o impossibile. I soldati copiavano i versi di Konstantin M. Simonov nelle lettere alle madri, alle fidanzate, altri li conservavano nelle tasche della divisa, come un amuleto o un talismano contro la morte. Furono trovati cadaveri nella neve che tenevano, nascosta sotto la giubba o negli incavi imbottiti delle maniche, dei fogli con trascritta Aspettami ed io tornerò di Simonov.
Si tratta, dunque, di una poesia dall’alto valore storico e sociale, che ci restituisce non solo una grande pagina della letteratura russa, ma anche il sentimento morale di un’intera nazione e, per esteso, di un intero popolo travolto dai venti avversi della guerra.
Scopriamone più nel dettaglio testo e analisi. Sapete a chi la dedicò il poeta?
“Aspettami ed io tornerò” di Konstantin M. Simonov: testo
Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze.
Aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c’è caldo,
quando più non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.Aspettami ed io tornerò,
non augurare del bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono più,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell’anima mia...
Aspettami. E non t’affrettare
a bere insieme con loro.Aspettami ed io tornerò
ad onta di tutte le morti.
E colui che ormai non mi aspettava,
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto:
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro.
“Aspettami ed io tornerò” di Konstantin M. Simonov: analisi e commento
La poesia, che ebbe notevole successo ed è ancora oggi tra le più citate in lingua russa, fu ispirata a Konstantin M. Simonov da ragioni ed eventi personali, strettamente correlati alla sua biografia. L’autore la dedicò all’attrice Valentina Serova, suo grande amore, mentre era impegnato come giornalista militare sul fronte della Seconda guerra mondiale. I due si conobbero nel 1942 e si sarebbero sposati nel 1943. A lei il poeta avrebbe dedicato l’intero ciclo di poesie contenute nella raccolta Con te o senza di te (in russo С тобой и без тебя, Ndr). Il loro non fu un amore mite, come tutte le passioni incandescenti; si dice infatti che Serova tradì Simonov con un generale russo durante la guerra, un certo K.K. Rokossovski.
La donna, bionda, dal volto diafano e i grandi occhi espressivi, era un’attrice di grande livello: per la sua interpretazione nel film storico Glinka vinse il premio Stalin e il suo ruolo La guarnigione immortale (la cui sceneggiatura fu scritta dallo stesso Simonov), in cui interpretava Maria Baturina, fu premiato con il diploma d’onore alla Mostra del Cinema di Venezia. Eppure noi oggi, curiosamente, la ricordiamo soprattutto per la splendida poesia che le ha dedicato Simonov.
Aspettami ed io tornerò comunque continuava a esprimere un sentimento immortale, che traduceva i pensieri e le emozioni di tutti i soldati impegnati al fronte. Molti di loro avevano il fucile in una mano e la poesia di Simonov nascosta nell’altra, oppure in una tasca, in una manica, a indicare la grande contraddizione insita nell’essere umano che è fatto, in egual modo, di luce e ombra, di bene e di male, di dolcezza e rabbia; pronto a sparare e uccidere, eppure dilaniato da una perenne (e insaziabile) fame d’amore.
Questo messaggio doveva apparire salvifico ai soldati impegnati al fronte, che respiravano ogni giorno paura e polvere da sparo, scorgendo in ogni dove un presentimento di morte. La poesia Konstantin M. Simonov annullava quel presagio mortifero, quell’ansia di annientamento che connotava l’atmosfera deleteria della guerra, e soffiava forte nelle menti come un annuncio inatteso di salvezza. Da qualche parte, non lontano, oltre la morte, oltre l’affanno e la miseria, c’era una speranza e aveva il volto di una donna, di un amore, di qualcuno che attendeva con fiducia un domani più luminoso e lieto in cui a vincere era la vita.
Nel finale della lirica di Simonov era custodito un segreto, una parola che aleggiava inespressa ma costante: era l’amore, ovvero la salvezza riposta nell’amore. Se è vero che l’amore si nutre di immaginazione, vive di immagini astratte, allora ecco che l’attesa rappresenta il suo più autentico nutrimento.
Il testo della lirica è ricco di anafore, a partire dalla ripetizione cadenzata del primo verso Aspettami ed io tornerò, che infine si risolve in una climax inattesa: il segreto incandescente dell’amore, noto soltanto ai due amanti, che il resto del mondo ignora.
Non possiamo dunque scindere la poesia dell’esperienza biografica di Konstantin M. Simonov, grande poeta, drammaturgo e scrittore russo, nato a Pietrogrado nel 1915.
Chi era Konstantin M. Simonov, il celebre poeta russo
Simonov era figlio di un grande generale dell’Armata rossa, morto precocemente durante la Prima guerra mondiale, e di una nobildonna, Alexandra Leonidovna Obolenskaya, appartenente a una famiglia di origine principesca.
Dopo aver ricevuto una prima istruzione presso scuole e accademie militari, l’autore decise di seguire la propria vocazione letteraria iscrivendosi all’Istituto letterario di Gorkij. Esordì come poeta nel 1934 in una raccolta di giovani scrittori intitolata Review of Forces con una poesia Belomoritsy, dedicata alla costruzione di un canale sul Mar Baltico. La lirica sarebbe stata inclusa nella sua raccolta poetica pubblicata l’anno successivo, dal titolo White Sea Poems (1935).
Nel 1939 Simonov dovette interrompere la sua specializzazione in studi letterari e filosofici perché fu inviato come corrispondente di guerra a Halkin-Gol, in Mongolia. Questa dura esperienza avrebbe anche modificato le tematiche delle sue poesie: l’autore avrebbe iniziato inserire la guerra nei suoi versi, componendo canti patriottici o a tema nazionalista. In seguito fu corrispondente per il periodo sovietico Stella Rossa e visitò numerose città assediate come inviato di guerra.
Konstantin M. Simonov vinse per ben sei volte il Premio Nazionale della Poesia Russa. Tuttora i suoi versi sono letti e imparati a memoria nelle scuole sovietiche e il suo romanzo, Giorni e notti, è considerato un capolavoro della narrativa russa. Nulla, tuttavia, potrà mai superare l’incommensurabile valore umano del suo Aspettami e io tornerò, un richiamo struggente e universale, che si pone, ancora oggi, come un monito contro ogni guerra.
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