Passeggiando dalle parti di piazza della Consolata, nella Torino di 170 anni fa, poteva accadere di incontrare un signore distinto, con un paio di vistosi baffi e uno spiccato accento francese. Probabilmente sarebbe stato di fretta, ansioso di celebrare quello che per lui, come per altri contemporanei, era diventato un rito, durante la permanenza nella capitale sabauda: bere la bevanda tipica a base di latte, caffè e cioccolato inventata qui e tanto famosa da prestare il nome al luogo di produzione: Al Bicerin, appunto, da quasi tre secoli sentinella del gusto dalle parti di Porta Palazzo.
Il gentiluomo in questione era Alexandre Dumas, papà de I tre Moschettieri, Il Conte di Montecristo, Robin Hood (numerose sono le riedizioni succedutesi negli anni, valgano per tutte quelle di Einaudi e Mondadori).
Il Caffè Al Bicerin, meta delle sue passeggiate torinesi, si accinge nel 2023 a festeggiare i 260 anni di attività e conserva l’atmosfera di un tempo. I tavolini in marmo sono gli stessi, così come boiseries, arredi e vetrine affacciate sulla piazza.
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A Torino Dumas soggiornò nel 1852 e restò affascinato dalla città, come molti suoi contemporanei, forse per l’architettura elegante o, più probabilmente, per colpa dell’atmosfera che si respira nel capoluogo piemontese e che ne fa un po’ un avamposto cisalpino. Alla capitale sabauda dedicò il romanzo Il paggio del duca (ed. da Viglongo, 1977), ambientato all’epoca di Emanuele Filiberto. Ma è ai sapori torinesi che si affezionò e cui fece riferimento nelle lettere dirette alla madrepatria: un fatto non insolito, poiché si sa che la letteratura e la buona cucina spesso vanno a braccetto. Curiose sono però le sue annotazioni, più simili agli entusiasmi di un comune turista, che agli appunti di uno dei padri della letteratura francese.
Non dimenticherò mai il bicerin, quell’eccellente bevanda al caffè, latte e cioccolato, che viene servita in tutti i caffè ad un costo relativamente basso.
Dumas padre sapeva che la ghiottoneria in questione aveva un suo santuario: la preparazione e la ricetta originale era di casa in piazza della Consolata, al Caffè Al Bicerin appunto, di cui era un affezionato frequentatore.
La Boheme fa tappa al Bicerin
Alcuni anni dopo, nel 1884, a Torino arrivava Giacomo Puccini: la città con il suo Teatro Regio ospitò la prima di Manon Lescaut e della Boheme. Questa è storia nota, meno forse il gossip letterario che lo volle affascinato da un’anonima torinese e le incursioni al Bicerin, d’obbligo visto che abitava poco distante, in una mansarda in affitto di via Sant’Agostino 15, dove oggi una targa ricorda la sua permanenza. Quella soffitta probabilmente ispirò l’ambientazione della Boheme.
Ora Torino possiede, come molte città italiane, innumerevoli caffè: tanti sono i locali storici che, nati al tempo in cui si circolava in carrozza, conservano gelosa memoria delle loro frequentazioni letterarie. Citarli tutti costerebbe molto più di un articolo e ogni elenco risulterebbe incompleto (tra i più noti ci sono il Fiorio di via Po frequentato da aristocratici e alti ufficiali, ma anche da Melville e Twain; il Caffè Baratti & Milano nella Galleria Subalpina caro a Guido Gozzano; il Caffè Platti di corso Vittorio Emanuele meta di Cesare Pavese; il San Carlo sull’omonima piazza, ritrovo di patrioti e intellettuali; la confetteria Stratta sempre in piazza San Carlo …).
Giuseppe Culicchia e il perfetto inizio di giornata
Al numero 5 di piazza della Consolata è però accaduto qualcosa di singolare. Se infatti molti sono i locali storici che hanno dato riparo e ospitalità a scrittori e intellettuali, pochi sono quelli entrati di diritto nell’immaginario letterario e nei libri, come è successo al Bicerin.
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Giuseppe Culicchia in Torino è casa mia (ed. Laterza, 2014) offre una spensierata e affezionatissima guida alla sua città: un gradevole libretto delle istruzioni per chi volesse visitarla senza perdersi lo spirito che anima viali e piazze. E proprio al caffè di piazza della Consolata dedica le pagine 102 e 103 (lo scrittore ripeterà la presentazione in un cortometraggio della Film Commission Torino, girato nel 2020, con la regia di Enrico Verra e la produzione di Paolo Manera):
Sedersi al Bicerin è uno dei grandi momenti della vita: il soffitto basso, i tappeti rossi, le pareti di legno chiaro, il pavimento consumato dai passi dei clienti, le scatole di krumiri dietro le vetrine, la macchina del caffè enorme sul piccolo banco, la porta che dà sul laboratorio dove la cioccolata cuoce per quattro ore prima di essere pronta … tutto complotta insomma a favore del fatto che la giornata cominci, grazie al semplice gesto di varcare la soglia di questo locale, in modo perfetto.
Una consolazione per la gola e un baluardo della piemontesità fieramente rivendicato:
Anni fa un americano propose alle signore che gestiscono il Bicerin di smontare il locale rimontarlo ‘tale e quale’ a Manhattan. Le signore, eroiche, lo hanno mandato come usa dire ‘a stendere’.
Colori e profumi del Bicerin ne Il cimitero di Praga di Umberto Eco
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Di certo la pensava allo stesso modo Umberto Eco che ambienta una parte del suo Il cimitero di Praga (ed. Bompiani, 2010) proprio all’interno della sala che guarda al maestoso santuario, luogo della devozione per i torinesi: al caffè regala una magistrale descrizione affidata al suo protagonista:
Mi ero spinto sino a uno dei luoghi leggendari della Torino di allora … mi recavo al Caffè al Bicerin, vicino alla Consolata… La beatitudine di quell’ambiente dalla cornice esterna in ferro, i pannelli pubblicitari ai lati, le colonnine e i capitelli in ghisa, le boiseries interne in legno decorate da specchi e i tavolini di marmo, il bancone dietro al quale spuntavano i vasi, dal profumo di mandorla, di quaranta tipi diversi di confetti…
Un caffè per l’emancipazione femminile
Con il Caffè al Bicerin il legame tra storia e letteratura è tangibile, ma c’è di più: il caffè, a lungo condotto da donne (le signore Cavalli prima, Maritè Costa poi), ha offerto il suo tributo all’emancipazione femminile contribuendo a un piccolo, ma determinante traguardo. Per lungo tempo, specialmente tra ‘800 e ‘900, i caffè erano cosa da uomini. Alle donne non era consentito sedersi ai tavolini prive di un accompagnatore. Ma il Bicerin faceva eccezione, forse per la gestione in rosa o per la vicinanza al santuario: all’uscita dalle celebrazioni era meta delle signore che si concedevano un ristoro goloso dopo il digiuno e la preghiera. Una pausa rispettabile che, con buona pace dei benpensanti, scandiva le giornate tra stile ed eleganza.
Altri clienti illustri del Caffè Al Bicerin
Il Caffè Al Bicerin attirò clienti illustri che esulano del mondo letterario, ma che hanno segnato la storia: le sue porte si aprirono per il conte Camillo Benso di Cavour, Friedrich Nietzsche, Jean-Jacques Rousseau e buona parte dello stato maggiore di Napoleone. E poi i reali Maria Josè e Umberto II, il comico Erminio Macario, Wanda Osiris e, durante le Olimpiadi di Torino 2004, l’attrice Susan Sarandon.
A proposito di cinema, non si contano le pellicole ambientate qui: bastino come esempi La Meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, Noi credevamo, Cuore, Le cinque giornate. Non è un caso: nata in Francia, la settima arte trovò fortuna proprio nella Torino di inizio ‘900. Ma questa è un’altra storia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Caffè Al Bicerin a Torino: un caffè con Alexandre Dumas
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