Chiudi gli occhi, Nina
- Autore: Paolo Mascheri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Edizioni Clichy
- Anno di pubblicazione: 2024
Finalmente un romanzo calibrato, volutamente semplice, che trova nella limpidezza delle parole la sua ragion d’essere. Il titolo del libro di Paolo Mascheri è Chiudi gli occhi, Nina (Edizioni Clichy, 2024).
L’incipit sembra un omaggio ad Albert Camus:
Mia moglie è morta un mese fa.
Ma poi la continuazione vede un uomo ancora giovane che dorme nel letto con la figliastra Nina, la figlia di Chiara che è morta, versione ufficiale “di infarto”, a quarantatré anni. Lui è suo marito Andrea, giardiniere, e la ragazzina affianco a lui l’ha conosciuta quando aveva due anni ed era innamorato follemente, nel momento più felice della sua vita, quando Chiara gli aveva detto all’improvviso:
Ho una figlia di due anni.
Dopo l’iniziale stordimento, Andrea accetta di essere un vice-padre e si innamora subito della piccola, iniziando col cambio dei pannolini, dove combina un mezzo disastro. È un ragazzo, e si ritrova sposato con una moglie e una bambina non sua, mentre il padre vero, Giovanni, un uomo d’affari che vive in Venezuela, si tiene in contatto telefonico con la figlia e le manda un bonifico ogni mese.
Ora Nina ha undici anni, ma me dimostra di più, dopo che mette un po’ di trucco della madre, vive una difficile quotidianità dopo la sua morte, ma ha accanto un “patrigno” che la protegge.
Dopo un mese i due ancora non parlano di quello che successo, Nina va a scuola e ha sempre un cellulare in mano che trilla per ogni notifica, mentre Andrea si dà da fare per costruire un giardino di lusso, per una famiglia piuttosto agiata.
La casa di Nina e Andrea è bianca con le finestre azzurre, piuttosto isolata da San Biagio, in Toscana.
Niente è facile per Andrea, spesso gli torna in mente un foglietto di Chiara in cui c’è scritto:
Perdonatemi, perdonami Nina.
Che a vederla, la moglie, era un portento. Sempre impegnata coi suoi pazienti, una dottoressa molto scrupolosa, che voleva lasciare aperto lo studio medico anche di sabato, facendo così discutere gli altri dottori.
Una donna spezzata, però, per una depressione severa, e lo sapeva solo il marito che prendeva farmaci antidepressivi e stabilizzatori dell’umore da vent’anni e dunque il suo essere sempre in attività, spesso assente per pochi secondi, dove non parlava più, era frutto di una combinazione chimica tra compresse. Nina non se ne accorge, ma gli unici a sapere la verità sono il marito e il dottore e collega di Chiara che ha stilato il certificato di morte. La donna, senza farsi accorgere da Nina, si sentiva spesso schiacciata da una tristezza micidiale.
Andrea anche se sa, si rifugia nella routine casalinga, ma non aveva mai visto Chiara così spenta, così stufa di vivere. Anche Patrizia, la zia di Nina e la sorella della madre, l’aveva vista così strana ed è l’unica a non credere a un infarto, dal momento che la sorella sembrava ai suoi occhi in ottima forma. Addirittura Chiara, senza essere una psichiatra, prendeva, oltre ai suoi farmaci ventennali, uno degli antidepressivi più forti in circolazione. Ma niente sembra funzionare, lei non riesce a toccare nemmeno il marito, le dà un senso di oppressione averlo accanto. Andrea non capisce, non vuole capire, mentre la moglie continua a visitare i suoi pazienti anche a casa sua; sembra spigliata, ma non lo è. A fronte di rapporti intimi rifiutati, il quasi quarantenne si arrabbia e dice di non essere votato al martirio, ma si accorge pure che i medicinali usati e poi buttati sono raddoppiati. Chiara aveva deciso di uccidersi già da tempo, non lo faceva per Nina, ancora così piccola: mentre il marito era ancora un uomo giovane, dopotutto. Una donna, una nuova moglie l’avrebbe trovata.
Lo stile di Paolo Mascheri, con le sue frase brevi, i non detti, sembra unascrittura al femminile in senso buono, c’è Marguerite Duras e Annie Ernaux, non necessariamente lette, perché i romanzi di questo millennio amano la brevità o la diga rotta che allaga tutto, con mille pagine e più.
Ho tralasciato i momenti belli e quelli brutti che intercorrono tra patrigno e figliastra, perché sono la parte più commovente e vera del libro; e quando c’è vera Letteratura, come in questo caso, c’è anche finzione, perché l’autore sembra scrivere al posto di un altro e lui che diventa Narratore muove i fili di una storia inventata.
C’è molto dialogo, i personaggi si esprimono o si celano parlando molto, a volte di inezie, a volte del perché noi tutti siamo al mondo e vogliamo trovare dove è l’inghippo, la fregatura insita nella vita.
Un romanzo di angosciante bellezza, davvero un piccolo capolavoro, che in fondo ricorda anche lo stile di un’altra scrittrice: la canadese Miriam Toews.
Chiudi gli occhi, Nina
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