Cinque commedie
- Autore: Gianni Soranzo
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
Giovanni Soranzo (1905-2006) è stato uno scrittore nativo di Monselice, nel Padovano. Alla sua scomparsa, avvenuta all’età di cento anni nel 2006, Il Mattino di Padova ha scritto:
La sua corposa e valida produzione letteraria di poesie dialettali, commedie, romanzi e racconti gli permettono di partecipare con successo a concorsi nazionali, dove si distingue nel panorama culturale italiano.
(Il poeta-scrittore Soranzo si spegne all’età di 100 anni, 21-01-2006)
E deve essere veramente una bibliografia vasta se egli iniziò a cimentarsi nell’arte letteraria nel lontano 1920. Aveva già 67 anni nel 1972, quando pubblicò per il Gerione di Abano Terme la raccolta Cinque commedie, che oggi andiamo a recensire, ma a quell’età era ancora pieno di forza e non aveva minimamente perso il rapporto con l’attualità del suo tempo.
I testi selezionati per formare questo volume sono Ossi e vermi sotto la mascara, Il mese delle rose, La tragedia delle maschere di carne, La Ninfea e La Signora Morte è pregata d’intervenire. Tutti i copioni sono redatti in lingua padovana e La Ninfea è l’unica pièce ambientata in un’altra epoca: gli anni 1930-35.
Come il drammaturgo Luigi Sugana (1857-1904) – trevigiano, ma veneziano d’adozione – a volte si firmava "Gigi", allo stesso modo Giovanni si firmava "Gianni", come sulla copertina del libro che con questo articolo abbiamo pensato di presentare al pubblico... il quale talvolta è dimentico di autori meritevoli, ingiustamente messi in ombra.
Tutte le opere proposte in Cinque commedie sono attraversate dal filo conduttore dei temi toccati: le maschere, i vizi, la morte e la caducità della vita umana. Ne Il mese delle rose le battute raggiungono a volte note di poesia e profondità che ricordano il teatro di Eduardo De Filippo:
La zoventù xe come un bel sogno apena se lo sta par gustare se se svegia e no ghe xe più gnente.
Il tempo passa inesorabile sugli uomini e sulle cose. In Ossi e vermi sotto la mascara, il drammaturgo – attento osservatore – ci fornisce tra le righe un quadro desolante della crescita esponenziale della coltivazione del granturco che si impose nelle campagne eliminando spesso tutte le altre piante, compreso il gelso, per la convinzione che l’ombra potesse indebolire il raccolto. Proprio quest’ultimo testo è la vera gemma della raccolta, nonché uno spaccato del Veneto in un’epoca di profondi cambiamenti. In queste scene si racconta la storia di una famiglia con un anziano dalla mente annebbiata, che simboleggia il legame con la tradizione contadina e la dignità che si stava perdendo in nome dell’arricchimento, con ragazze in cerca di emozioni che si concedono ai servizi di fotografi pornografici e con seminaristi che lasciano gli studi per inseguirle.
Poi c’è il teatro nel teatro con una riflessione sul futuro della maschera di Arlecchino, schiacciata dai critici modernisti e dalle ossessioni per le "prospettive psicologiche" intellettualistiche. Non manca nemmeno un giovane che ha fatto fortuna come musicista rock, e considerando che in quello stesso 1972 usciva il disco Uomo di pezza de Le Orme possiamo dire che qualche veneto ce l’ha fatta davvero a sfondare...
E come sono i veneti raccontati da Soranzo?
Sono veneti che hanno ancora paura di passare per “polentoni”, per caricature e quindi cercano un futuro altrove, lontano dal Veneto o anche solo lontano da ciò che intimamente sono. Ne La tragedia delle maschere di carne si legge:
Voi siete toscano eccellenza e non conoscete i veneti. Certi scherzi che toccano la dignità, li digeriscono male. Son tanti anni che faccio questo mestiere che quasi non so quanti siano e li conosco bene tutti! I veneti tacciono, fingono di incassare, magari sorridono facendo i tonti, ma scoppiano quando meno te l’aspetti e te le fanno pagare.
Così è pure il teatro di Giovanni Soranzo che rifiuta il macchiettismo e il cabaret a cui la critica vorrebbe rilegare le lingue venete, ma respinge anche le mode assurde propinate da chi comanda sulla cultura.
In queste pagine le maschere sono quelle della falsità, il trucco delle donne negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione sessuale, le maschere della molteplicità esistenziale di Pirandello in Uno, nessuno e centomila, ma anche le maschere della commedia dell’arte, minacciate da un mondo in cui non trovano più altro spazio per esistere che le recite parrocchiali.
Cinque commedie avrebbe meritato un’edizione migliore e i refusi non sono pochi, ma hanno un sapore autentico e genuino. Sorprende che La tragedia delle maschere di carne nell’indice si intitoli “La tragedia delle maschare di fango”, ma questo è un errore di stampa che potrebbe essere interessante per qualche filologo.
Gianni Soranzo è un altro nome da riscoprire nel grande tesoro del teatro veneto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cinque commedie
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