Codice Botticelli
- Autore: Agnès Michaux
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2017
Caterina è morta, ma il figlio Leonardo era lontano. Appena tornato a Firenze, gli hanno consegnato il conto del funerale e uno strana lettera, lasciatogli dalla mamma, ma non scritta da lei. È in un’antica lingua mediorientale, l’aramaico. Si è da poco consumato il falò delle vanità voluto da Savonarola, nel Carnevale 1497, in piazza della Signoria, quando il da Vinci incontra l’amico pittore Sandro nelle pagine del romanzo storico “Codice Botticelli”, di Agnès Michaux, giornalista televisiva specializzata in cinema. È pubblicato da Newton Compton Editori (giugno 2017, pp. 338, euro 10,00) dopo il grande successo in Francia, dov’è uscito nel 2015.
Sandro è Botticelli, fratello d’arte e di bagordi giovanili. Si sono ritrovati dopo anni, ormai cinquantenni: la mente è meno pronta, i capelli si diradano, la mano ha guadagnato sicurezza ma perso forza e Firenze è cambiata. La città dei Medici, capitale del lusso, è ora il regno della povertà, di mezzi e di spirito. Gruppi di fanciulli girano per le strade nel nome del frate Girolamo, ammonendo ad espiare, ad osservare modestia e castità. Non esitano a bastonare empi o empie, per cancellare ogni dissolutezza.
Hanno raccolto ori, gioie, stoffe eleganti, mobili di pregio, tele e opere d’arte raffiguranti nudità, libri e manufatti blasfemi, per darli alle fiamme martedì grasso, in un grande rogo delle empietà, davanti al Palazzo Pubblico, al cospetto di un soddisfatto Savonarola e degli sconsolati Leonardo e Botticelli.
Sul sigillo in ceralacca che racchiude la lettera ereditata dalla madre, una scritta in italiano invita il figlio e l’amico Alessandro, “nato nei pressi di Ognissanti”, a “non piantare il seme nella terra dei ciechi”. Oscura la nota, incomprensibile l’aramaico, sorprendente il richiamo a Sandro, che non ha mai conosciuto mamma Caterina.
I due sono aggrediti da una coppia di energumeni, che accecano Leonardo e rubano la lettera, subito recuperata però, frugando nel farsetto di uno degli aggressori, ucciso dai Piagnoni, seguaci di Savonarola che senza mezze misure “sistemano” chi dimostra di non rispettare le rigide norme morali imposte dall’inflessibile domenicano. Il cadavere reca uno strano simbolo al polso: un gladio disegnato sopra un nastro a forma di otto, un’altra delle tante stranezze in un romanzo che profuma di antico ma viaggia a velocità supersonica, costellato di parole antiche e citazioni storico-artistiche, ma anche attraversato da una corrente di franco erotismo e di casto omoerotismo.
Con l’aiuto dell’ex pittore ed ora alchimista Cosimo Rosselli, che sana gli occhi di Leonardo, i due amici raggiungono la villa del medico filosofo Marsilio Ficino, il solo che possa tradurre dall’aramaico. Va detto che si mostra sorpreso, non ritenendo Caterina capace di padroneggiare quella desueta lingua mediterranea, visto che non sapeva leggere né scrivere.
Ficino, Rosselli, il pittore Filippino Lippi, il letterato Cristoforo Landino, Michelangelo Buonarroti, scultori, poeti, uomini di scienza e belle arti: in tanti si affacciano e sono citati in questa storia che ha per primattori giganti del Rinascimento.
Ed ecco un colpo di scena: proprio Savonarola convoca Botticelli e lo prega di compiere una missione, a sostegno di Leonardo da Vinci, afflitto dalla morte della madre.
Abbiamo appreso, intanto, che lo ieratico e spettrale monaco è in relazione con una misteriosa comunità occulta. Non ne fa parte, ma non li contrasta: a loro il “sotterraneo”, dove custodiscono “tesori difficili”, a lui la superficie, dove c’è tanto da fare
“per mondare il mondo dal peccato”.
Nove uomini onorevoli chiamano se stessi gli Invisibili, si sono giurati fedeltà e proteggono i loro segreti. Sono loro ad avere voluto il viaggio del pittore, sicuri che Botticelli non si sarebbe sottratto alla richiesta, se fosse arrivata dalla persona giusta.
Costituiscono una confraternita segreta, risalente a tempi remoti. Hanno il compito di vegliare in silenzio, finchè l’umanità non sarà pronta, anche se ci vorranno millenni. Custodiscono la biblioteca materiale e immateriale della conoscenza. La preservano in ogni epoca da chi vuole mutilarla, bruciarla, falsificarla e da chi in nome di un dio distrugge i libri, convinto di ostacolare così la conoscenza, colpevole d’essere profana, antireligiosa.
Tutto lo scibile umano si dice racchiuso nel libro segretissimo dei segreti, chiamato semina virtutum o semina humanitatis, ma che il Maestro chiama semplicemente il Libro, errante, fragile, sconosciuto. Pare sia nascosto a Firenze, ma non si sa dove.
Ci si mette anche un’apparizione, sulla strada di Sansepolcro: una ragazza luminosa dice a Botticelli di venire dal Paradiso, dove il padre è orticoltore e lei vende verdure al mercato.
Quanti segreti, a cominciare dal “Codice Botticelli”, che Leonardo portò con sé a Tours e non si sa se abbia mai decifrato, il manoscritto Voynich, di cui nessuno è riuscito a svelare il mistero. È custodito nella biblioteca di Yale e il motto di quella università è Lux et Veritas. Luce e Verità, proprio quello che attendono dal Libro tanto i buoni che i cattivi della storia.
Del resto, ciò che cercano gli uomini, al di là dei libri.
Codice Botticelli
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