Pierre Corneille sarebbe dovuto diventare un bravo avvocato, seguendo l’ardente volontà paterna che sperava di plasmarlo; eppure oggi lo ricordiamo come uno dei più grandi drammaturghi della tragedia moderna. Cosa accadde? Quale scintilla fece nascere il genio?
Una delle cause è da rintracciare in una delusione amorosa: la donna in questione si chiamava Catherine Hue, fu lei l’origine della prima opera di Corneille, Mélite (1629), una commedia che presentava elementi da favola pastorale. Le commedie di Corneille, a detta della critica, rappresentavano una premessa necessaria alla scrittura “alta” delle tragedie di cui la tragicommedia Clitandre ou l’Innocence délivrée (1630) si fece premessa esemplare.
Il suo capolavoro assoluto è ritenuto Le Cid che fu in seguito tradotto in italiano magistralmente da un grande nome della nostra letteratura: Eugenio Montale. Il primato di Corneille regnò incontrastato nella drammaturgia della Francia del Seicento, almeno fino all’arrivo di un certo Racine che avrebbe soppiantato l’arte drammatica di Corneille nel cuore dei francesi. La rivalità tra Racine e Corneille, in particolare tra le loro opere maggiori La Phaedra e Le Cid, è stata a lungo dibattuta: i personaggi di Racine erano “antieroi” spesso schiavi delle loro passioni umane, mentre i protagonisti delle opere di Corneille incarnavano le maggiori virtù, quali patriottismo, onore, magnificenza, avevano la forza epica degli eroi classici.
Fu vera gloria?
Scopriamo la vita e le opere del più grande drammaturgo francese.
Corneille: la vita
Pierre Corneille nasceva a Rouen il 6 giugno 1606. Era il secondo degli otto figli di Pierre e Marthe Le Pesant, crebbe in una famiglia borghese improntata a un’educazione cattolica. Fu battezzato tre giorni dopo la nascita e, ancora bambino, frequentò il collegio dei gesuiti. Il padre lo voleva avvocato e si applicò in ogni modo per fargli intraprendere la carriera forense in un’epoca in cui con il denaro era ancora possibile salire il cursus honorum della gavetta. Corneille frequentò le migliori scuole di legge, tra Poitiers e Caen, ebbe insegnanti illustri; ma non era portato per fare l’avvocato. Balbettava, si inceppava nei discorsi, non era tagliato per quella professione. Nel marzo del 1650 si dimise ufficialmente dal pubblico ufficio. Il padre era morto nel 1639, rendendolo di fatto capofamiglia e finalmente padrone del proprio destino.
L’esordio letterario di Corneille, come anticipato, fu dovuto a una delusione d’amore: il giovane avvocato era innamorato di una ragazza di nome Catherine Hue. Doveva sposarla, le chiese la mano, ma la madre di lei si oppose al matrimonio e, infine, la Catherine amata da Corneille andò in sposa a un altro pretendente. Quella disavventura divenne la trama della prima commedia di Corneille, ovvero Mélite, ou les fausses lettres che sarebbe andata in scena nell’ottobre del 1629. L’autore la scrisse a soli ventitré anni; non fu un immediato successo quando andò in scena all’hôtel de Bourgogne di Parigi, ma fu accolta con più favore nel dicembre successivo in seguito alla sua rappresentazione nel quartiere del Marais.
L’anno successivo Corneille scrisse la tragicommedia Clitandre ou l’Innocence délivrée (1631), seguita, al ritmo di una all’anno, dalle commedie La Veuve (1632), La Galerie du Palais (1633), La Suivante (1634). La sua vena comica andava via via attenuandosi, facendo emergere l’ispirazione tragica: la prima tragedia fu Medée, in cinque atti, ispirata alla tragedia omonima di Seneca: nella sua opera Corneille trasformò l’eroina della tragedia greca in un’incarnazione della “magnificenza” aristotelica. Il vero successo il drammaturgo francese lo avrebbe raggiunto nel 1637, a soli trent’anni, con l’opera ritenuta il suo capolavoro: Le Cid. Andò in scena per la prima volta a Parigi il 9 gennaio 1637. Come tutte le grandi opere Le Cid suscitò una sequela di polemiche, fu molto discussa, dando adito a una vera e propria querelle: con la tragedia di ispirazione spagnola Corneille stava “oscurando la Francia”. Inoltre il drammaturgo fu accusato di non rispettare le unità aristoteliche di luogo e di tempo, in quanto la sua tragedia si svolgeva - inverosimilmente - nell’arco di un solo giorno nell’ambientazione, ritenuta esotica all’epoca, della città di Siviglia in Andalusia. Un’altra pesante accusa che gravò sul drammaturgo francese fu quella di “inverosimiglianza”, oltre a quella già di per sé infamante di plagio.
Quella relativa a Le Cid fu una delle più violente polemiche pubbliche letterarie che ebbero luogo in Francia. La querelle su Le Cid divenne un punto di riferimento per le successive battaglie letterarie che avrebbe fatto ingresso nei tribunali francesi, come il processo ai Fiori del male di Baudelaire, l’affare Dreyfus e il processo a Gustave Flaubert.
La querelle su “Le Cid”, il capolavoro di Corneille
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Per comprendere la querelle che si scatenò attorno all’opera di Corneille dobbiamo anzitutto immergerci nel contesto socio-culturale dell’epoca. Il drammaturgo non era più ben visto in società dopo l’addio al suo storico protettore, il cardinale Richelieu: a lungo Corneille era stato parte del suo circolo ristretto di autori, stipendiato dallo stesso cardinale, ma aveva cessato di esserne parte non aderendo più alla “dottrina ufficiale” del circolo. Era quindi andato per la sua strada, beneficiando del mecenatismo di Stato. Richelieu non l’aveva presa bene e sarebbe stato uno dei suoi più ardenti detrattori in seguito alle polemiche scatenate dall’opera.
La disputa su Le Cid riguardava soprattutto la moralità del testo rappresentato in teatro: si considerava la trama dell’opera non moralizzatrice ma aderente solo al piacere collettivo e volgare del pubblico. Inoltre su Corneille pendette l’accusa di plagio, in quanto si riteneva che avesse copiato l’opera dello spagnolo Guillén de Castro intitolata proprio Las Mocedades del Cid. Corneille fu accusato di aver copiato interi brani dal dramma di De Castro e di non aver seguito le regole classiche dell’unità aristotelica. Infine fu costretta a intervenire l’Académie française, sollecitata dalle autorità, che nel dicembre del 1638 espresse il suo verdetto. La sentenza fu fondamentale per la creazione letteraria dell’epoca, in quanto si stabilì che era possibile “imitare” altri autori stranieri o, comunque, ispirarsi alle loro opere, mettendo tuttavia in mostra le proprie personali qualità artistiche e intellettive. L’opera di Corneille fu dunque salva dall’infamante accusa di plagio; ma comunque rea di non aver rispettato l’unità aristotelica classica.
La più violenta requisitoria contro l’opera di Corneille fu scritta dal letterato e critico Georges de Scudéry e riportava il titolo di Observations sur le Cid, in cui venivano criticate le eccessive azioni presenti nella tragedia, l’inutilità del personaggio dell’Infanta, la presenza eccessiva di terminologia spagnola.
A fronte del furore dei critici, Le Cid di Corneille ottenne un ampio favore di pubblico. Le folle andavano in visibilio a ogni rappresentazione. Il letterato Paul Pellisson scrisse che l’espressione “cela est beau comme Le Cid”, questo è bello come il Cid, stava per diventare un proverbio nel linguaggio popolare.
“Le Cid”: stile e trama del capolavoro di Corneille
La storia d’amore contrastata tra Rodrigo e Chimene era qualcosa di nuovo per gli spettatori, così come la sua inattesa conclusione: la nobile fanciulla sposa l’assassino di suo padre, fatto inaudito per l’epoca. La colpa di Rodrigo, che opera la sua vendetta in nome dell’anziano padre, sembra inespiabile, tuttavia il nodo del dramma viene sciolto dal cuore nobile di Chimene. La donna, dapprima richiede la giustizia del re contro Rodrigo per aver salvo il suo onore di figlia, poi se ne pente, come rivela alla sua nutrice/infanta Elvira, riconosce il torto del padre e la ragione dello sposo e cerca di salvare l’amato da morte certa anche attraverso l’inganno. Intanto Rodrigo si fa valere in battaglia, contro i Mori, e viene proclamato Le Cid, ovvero “Il signore” in arabo, Il signore degli arabi sconfitti. Ora che è divenuto eroe nazionale di Spagna, il re gli concede il suo perdono e consente il matrimonio con la promessa sposa Chimene.
Una curiosità: alla prima rappresentazione teatrale, tenutasi a Parigi, il personaggio di Rodrigo fu interpretato, con grande successo, da Guillaime des Gilberts, detto Montdoroy, uno dei maggiori attori teatrali del tempo. Una delle caratteristiche della recitazione di Montdoroy era la sua capacità di portare il pathos sino all’estremo, esercitando una notevole attrazione sul pubblico. Lo stesso anno del grande successo di Le Cid, purtroppo, l’attore fu colto da paralisi sul palcoscenico - forse proprio a causa della violenza con cui partecipava alla rappresentazione - e costretto a ritirarsi per sempre dalle scene.
Lo stile di Le Cid era sublime ed elevato, nonostante l’opera prevedesse inizialmente la dicitura di tragicommedia, fu infine decretata tragedia in seguito all’argomento affrontato e alla controversa decisione presa dalla protagonista Chimene, giudicata “mostruosa” dalle cronache dell’epoca.
Corneille e la rivalità con Racine
Dopo lo straordinario successo guadagnato con Le Cid, Corneille scrisse tragedie per tutta la sua vita. Nel suo ampio repertorio le tragedie rivestono un ruolo di primo piano, tra le quali ricordiamo Polyeucte e La mort de Pompée, di ispirazione greco romana. I trionfi del drammaturgo tuttavia conobbero fortune alterne: ai grandi successi, nella vita di Corneille, si alterarono grandi delusioni, come il fiasco di Pertharite (1651) che condusse l’autore a ritirarsi dal teatro per alcuni anni e dedicarsi alla poesia e all’analisi dei testi. Ritornò di nuovo sulla scena con nuove tragedie, tra cui Sophonisbe (1663), Othon (1664), Agésilas (1665), Attila (1667), ma dovette accorgersi che i gusti del pubblico erano ormai cambiati: il successo straordinario sperimentato con Le Cid non sarebbe mai tornato. Un nuovo drammaturgo, osannato dal pubblico francese, si affacciava sulla scena: era Racine, portatore di nuovi valori e creatore di nuovi personaggi che meglio si adattavano alle nuove mode ai nuovi costumi. Negli ultimi anni della sua vita Corneille si ritirò a Rouen, rimase in disparte, mentre assisteva all’ascesa dell’astro di Racine che rivoluzionava il modo di far teatro portando al centro della scena le passioni dei personaggi, il loro senso di sconfitta, il desiderio ardente di rivalsa. Pierre Corneille al confronto aveva tentato soltanto una rivoluzione timida; la sua stella si eclissava nel cuore dei francesi che pure un tempo lo avevano elogiato. Lui era stanco e provato da una difficile situazione familiare, decise di ritirarsi progressivamente nell’ombra. La rivalità con il giovane Jean Racine avvelenò gli ultimi anni della sua vita. Nel 1670 i due massimi esponenti del teatro francese si trovarono ad affrontare lo stesso argomento, componendo due versioni di Bérénice : l’opera di Corneille appariva artificiosa in confronto alla bellezza struggente e armoniosa di quella di Racine. Il grande drammaturgo dichiarò la sua sconfitta, depose le armi e tre anni dopo, inanellati una serie di insuccessi, ormai carico di amarezza, decise di allontanarsi dal teatro.
Pierre Corneille morì a Parigi il 1° ottobre 1684 in una situazione economica disastrosa che rasentava la povertà, mentre splendeva alta in Francia la stella di Racine. Spento il fuoco fatuo delle polemiche, dissipate le gelosie e le rivalità acerrime tra autori, i francesi lo avevano dimenticato; ma le sue tragedie continuano a essere rappresentate ancora oggi sui palcoscenici di tutto il mondo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Corneille: vita e opere del drammaturgo che oscurò la Francia
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