I boulevard di Parigi - Foto di konstantin32 / depositphotos.com
Nella poesia I ciechi Charles Baudelaire distilla l’essenza della sua poetica e offre un’immagine ombrosa ed evocativa del poeta o, meglio, di quel che lui sente di essere, in quanto poeta. Proprio per questo, I ciechi è anche un esempio principe del simbolismo, al quale Baudelaire viene in genere ricondotto.
In questo celebre componimento de I fiori del male Charles Baudelaire offre un’immagine ombrosa ed evocativa: come i ciechi che vagano per Parigi, egli è un veggente capace di attingere a una realtà più profonda.
Quando I fiori del male vengono pubblicati per la prima volta, nel 1857, mentre il romanticismo, con il suo lirismo, esalava gli ultimi respiri, i parnassiani ricercavano una perfezione formale fine a sé stessa. Baudelaire, con la sua opera scandalosa e complessa, apre invece una nuova strada, che sarà poi compiutamente percorsa dai simbolisti dei quali è considerato il capostipite: il poeta, come ci spiegherà lui stesso in questo componimento, è veggente, del tutto disinteressato a ritrarre oggettivamente la realtà che lo circonda, ma capace di scrutare gli angoli più profondi e torbidi dell’animo umano, grazie a un linguaggio ricco di simboli e corrispondenze.
Baudelaire si aggirava solitario per le strade di Parigi, proprio come i ciechi di questo sonetto, si perdeva anonimo tra la gente che, incurante come lui, percorreva le vie della capitale francese, con i suoi boulevard e i suoi passages, non gli interessava lo sfarzo di una metropoli investita dal progresso, ma il brulicare della vita, nelle sue espressioni più respingenti e ingloriose.
Per questo, dopo aver subito una condanna per offesa alla pubblica decenza, in seguito alla prima pubblicazione de I fiori del male, dopo aver provato sulla propria pelle l’onta della censura per alcune poesie che erano state ritenute talmente scandalose da essere impubblicabili, decide di aggiungere una nuova sezione nella seconda edizione del 1861. Sarà la seconda sezione della versione definitiva della sua più celebre raccolta di poesie e prenderà il nome di “Tableaux parisiens”. La quotidianità di Parigi, proprio come dei tableaux vivant che si propongono di rappresentare scene di vita vissuta, mentre poi, dietro le maschere, nascondono una realtà più profonda, alla quale si può solo alludere. I ciechi trova posto in questa sezione de I fiori del male e ne esprime felicemente temi e intenti, con un messaggio che per il suo carattere sibillino, lascia aperte diverse ipotesi interpretative.
Scopriamo, allora, insieme testo, analisi e significato de I ciechi di Charles Baudelaire.
Les aveugles di Baudelaire: il testo originale francese
Contemple-les, mon âme; ils sont vraiment affreux
Pareils aux mannequins; vaguement ridicules;
Terribles, singuliers comme les somnambules;
Dardant on ne sait où leurs globes ténébreux.Leurs yeux, d’où la divine étincelle est partie,
Comme s’ils regardaient au loin, restent levés
Au ciel; on ne les voit jamais vers les pavés
Pencher rêveusement leur tête appesantie.Ils traversent ainsi le noir illimité,
Ce frère du silence éternel. O cité,
Pendant qu’autour de nous tu chantes, ris et beugles,Eprise du plaisir jusqu’à l’atrocité,
Vois! je me traîne aussi! mais, plus qu’eux hébété,
Je dis: Que cherchent-ils au Ciel, tous ces aveugles?
I ciechi di Charles Baudelaire: la traduzione italiana
Contemplali, anima mia; sono davvero orribili
simili ai fantocci; vagamente ridicoli;
tremendi, strani come i sonnambuli;
aguzzano non si sa dove i loro globi tenebrosi.I loro occhi, dai quali è sparita la divina scintilla,
come se guardassero lontano, rimangono levati
al cielo; non li vedi mai verso il selciato
inclinare sognanti le loro testa appesantita.Così attraversano il nero infinito,
questo fratello dell’eterno silenzio. O città,
mentre intorno a noi, tu canti, ridi e strepiti,innamorata di piacere fino all’atrocità,
vedi! Anche io mi trascino! Ma, più stordito di loro,
dico: che cercano nel cielo, tutti questi ciechi?
I ciechi di Charles Baudelaire: analisi e significato della poesia
Dal punto di vista semantico il componimento prevede una precisa divisione dei temi trattati: mentre le prime tre strofe sono dedicate a descrivere i ciechi e le loro azioni peculiari l’ultima strofa è dedicata alla figura del poeta. Tra questi, che sono i due protagonisti della poesia viene instaurato un paragone, ma non si tratta di un paragone alla pari, dal momento che ai ciechi è dedicata la maggior parte del testo.
I ciechi si apre con un’invocazione all’anima del poeta: mentre il verbo (“Contemplali”) ci rende subito manifesta la natura visuale del componimento, paradossale se consideriamo l’argomento trattato, il destinatario dell’invocazione (“anima mia”) ci mette di fronte a una scissione dell’io lirico che, appunto, sembra interloquire con la propria anima. I ciechi sono descritti in modo peggiorativo (“orrendi”, “ridicoli”, “tremendi”), non suscitano solo pietà ma mettono anche paura, sono esseri alieni dalla società, distanti dal mondo, estranei (“strani”), come dimostrano le loro fattezze (“ridicoli”, “sonnambuli”). Scagliano i loro sguardi vuoti come frecce che, però, non hanno un bersaglio “non si sa dove”; i loro occhi, oltre a incutere terrore (“tenebrosi”) sono privi di luce, ovvero dell’elemento che una lunga tradizione filosofica e culturale ha associato alla ragione e alla conoscenza razionale.
Gli occhi dei ciechi, soggetto con cui si apre la seconda strofa, sono anche privi di ogni grazia (“scintilla divina”), tuttavia guardano lontano, si volgono al cielo, come se cercassero inutilmente il senso della loro esistenza, la speranza che possa indirizzare il loro vagare. A differenza delle persone comuni, degli abitanti della metropoli, non inclinano mai la testa verso il selciato, non si preoccupano della dimensione terrena, non si abbandonano mai al sogno e alla rêverie, vivono una condizione scomoda e opprimente (“testa appesantita”), isolati da quel mondo che non possono figurarsi.
Nella terza strofa Baudelaire introduce la dimensione spaziale, afferma che i ciechi attraversano un “nero infinito”: in prima battuta potrebbe trattarsi di una metafora della cecità, ma il poeta potrebbe riferirsi anche a un mondo interiore tanto profondo quanto insondabile.
Questo luogo è associato a un “eterno silenzio”, come a sottolineare la solitudine dei ciechi e la loro estraneità dal frastuono della città. E proprio la città è il contraltare di queste strane creature: ad essa il poeta si rivolge come a una persona, sottolineandone la vitalità e la chiassosità tutta mondana (“canti, ridi e strepiti”).
Nell’ultima strofa, oltre a sottolineare il carattere atroce che anche la metropoli può assumere, nei suoi vicoli più abietti e nelle sue tante contraddizioni, l’attenzione si sposta sulla figura del poeta. Anche alla città viene chiesto di osservarlo (“Vedi!”) mentre si trascina per le strade, proprio come i ciechi, al quale è paragonato, sebbene sia più inebetito (“stordito”) di loro. Anche il poeta, in questa città materica e superficiale, tutta intenta a distrarsi, come i ciechi è pervaso da una profonda solitudine.
La domanda esplicitata perentoriamente nell’ultimo verso è rivelativa del senso dell’intero componimento: guardare al cielo per trovarvi un senso è speranza vana e assurda, né per i ciechi né per il poeta, può esservi una consolazione di natura spirituale, e la loro vita è contrassegnata da una profonda angoscia, da un dolore impossibile da lenire.
In definitiva, quindi, possiamo rilevare nella poesia due diverse letture simboliche:
- evangelicamente, nei ciechi la privazione può essere intesa come ricchezza, la rinuncia ricchezza e la cecità come superiore veggenza;
- è, però, soprattutto il poeta ad essere un cieco-veggente, un individuo che non è interessato alla realtà che lo circonda ma che può guardare in alto, ovvero nel profondo, e scoprire verità più lontane e sotterranee.
Da notare, però, che il componimento si chiude con un’interrogativa: l’oggetto della ricerca rimane tutto da chiarire, è per questo che la poesia apre a diverse letture.
I ciechi : analisi metrica e stilistica della poesia
I ciechi utilizza la forma del sonetto, due quartine e due terzine con un preciso schema rimico: ABBA CDDC EEF EEF.
La disparità dei versi, tra la prima e la seconda parte della poesia, corrisponde a una struttura oppositiva che si manifesta, come abbiamo già visto, sul piano semantico (ciechi/poeta) ma anche sul piano sintattico: mentre le quartine hanno un andamento descrittivo e un respiro ampio, attestato anche dai frequenti enjambements, le terzine presentano un ritmo concitato e franto, come mostrano i punti esclamativi, la congiunzione avversativa (“ma”) e l’introduzione del discorso diretto.
Tra le altre figure retoriche presenti nel testo osserviamo un’apostrofe (“O”) e una personificazione della città, alla quale il poeta si rivolge come a una persona.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “I ciechi” di Charles Baudelaire: significato e analisi della poesia
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