Arianna Franceschi, nata a Iglesias (CI) nel 1980, è sarda d’origine, per scelta e per passione, vive e lavora nella sua città natale. Segue due blog: S’Arregordu promozione di prodotti tipici sardi e In cucina col sole dedicato alle ricette col forno solare. Nel 2012 ha pubblicato Profumo di terra e fragole (Edizioni della sera) e ha preso parte al libro 99 Rimostranze a Dio (Ottolibri Edizioni).
In libreria dal 16 giugno 2014 per Edizioni della Sera Cuor di Sardegna, “una lunga dichiarazione d’amore” per una terra magica, misteriosa e per i suoi abitanti. L’autrice con rara delicatezza traccia per il lettore un coinvolgente viaggio attraverso immagini simili a cartoline, colori, suoni, odori, superstizioni, riti, cibo e usanze di un luogo che non è solo “mare, sole e carasau”. Un libro dedicato alla famiglia, al marito, agli amici e alla piccola Camilla, vademecum indispensabile non solo per chi non conosce quest’isola carica di aria e vento ma per chi la ama e per lo stesso popolo sardo al quale la talentuosa Arianna augura di “essere turista nella sua terra”.
Nella Prefazione il poeta/scrittore sardo Biagio Arixi precisa
“Soffriamo di una malattia inguaribile: quella di sentirci troppo sardi, attaccati e soggiogati da questa terra, limitata dal mare che la separa dal continente ma che conserva intatte nei secoli la bellezza delle tradizioni popolari, dove le pietre, gli alberi, i luoghi e le persone sono reali”.
Questa “malattia inguaribile” ha fatto sì che l’autrice abbia redatto un libro di straordinaria sensibilità che traspare in ogni descrizione: i Nuraghi, il Sulcis, Cagliari “cuore mediterraneo”, Carloforte “la Sardegna genovese”, Barceloneta, la Costa Smeralda, la Barbagia dove “l’ospite è sacro” e molto altro ancora. Ritratto inedito di una terra aspra, contraddittoria, assolata, dolce e selvaggia insieme, che “molto mostra e molto nasconde”. Certamente indimenticabile “isola dei misteri e delle leggende”.
“Grazie Sardegna, perché da qualsiasi parte io ti attraversi, mi condurrai sempre al mare”.
- Arianna, possiamo dire che la frase tratta dal libro di Marcello Serra Mal di Sardegna “... ti correrà le vene in un languor dolce ed amaro di malinconia che forse chiamerai mal di Sardegna”, che ha posto come esergo del volume dà il senso all’intera narrazione?
Assolutamente sì. Il mal di Sardegna è reale e intenso. Spesso si manifesta con un forte senso di commozione al momento del ritorno sull’Isola, dopo lunghe assenze o anche dopo un piccolo viaggio di piacere. Una vibrazione dell’anima. Io ne soffro maledettamente! I versi di Marcello Serra, rasenti al malinconico, dipingono una chiara immagine di cosa significhi “mal di Sardegna”. Un ritratto simile a ciò che provo. Un perno su cui certamente ho posato l’idea del libro e, di conseguenza, si è sviluppata l’intera narrazione.
- “La Sardegna è un solco scavato nell’anima”. Desidera chiarire la Sua riflessione?
Una riflessione che è sgorgata spontanea direi, guidata dall’emotività prima che dalla razionalità. L’anima dei Sardi è tangibile, è così densa di amore per le proprie origini che è stata plasmata dalla Sardegna stessa. L’anima dei sardi ha un segno ben preciso, un canale, un solco, in cui scorrono orgoglio e appartenenza.
- “Nascere donne in Sardegna è una benedizione”. Perché?
Cerco di spiegarmi. Come racconto in maniera più o meno diretta durante tutta la narrazione, le donne in Sardegna hanno da sempre rivestito un ruolo importante e fondamentale. Quasi delle dee: le leggende le descrivono come esseri superiori dotati di poteri spirituali sia sulla vita sia sulla morte. L’Isola, nei secoli, ha sempre cullato una società molto matriarcale che sopravvive ancora oggi, seppur contaminata e rimodellata dalla cultura moderna, con tutti i suoi aspetti negativi e positivi. In Sardegna si conservano dei ruoli e delle caratteristiche assegnate naturalmente per nascita: le donne Sarde hanno un carattere solido e importante, sono una figura avvolgente e rassicurante, hanno dentro di sé dolcezza e magia, nel loro sguardo danza un fuoco antico.
- Arianna, Lei si è definita una sarda che è partita e poi è ritornata. Non ha saputo resistere al forte richiamo di una terra così misteriosa?
Faccio una piccola precisazione: sono una Sarda che è partita e poi ha avuto la fortuna di ritornare. Durante il mio periodo di emigrazione ho avuto modo di parlare con qualche sardo trapiantato, come me, e in quei cuori trovavo spesso pozze di rimpianto per non aver potuto far rientro nella propria terra, sull’isola. Sono una sarda fortunata! Ho avuto modo di poter seguire il richiamo della mia Sardegna e di poter ricominciare a viverla. Da quando sono tornata, ho cominciato a guardarla con occhi diversi, come quando si ritorna da una persona amata dopo un periodo d’abbandono e ci si promette eterno amore!
- Cos’è la “sa meixina e s’ogu” e per quale motivo la Sardegna è così piena di tradizioni, superstizioni e riti?
Come racconto in alcuni passi del libro, la Sardegna in quanto Isola ha sempre avuto uno svantaggio/vantaggio, quella di essere raggiungibile con più difficoltà. Ha difeso la propria cultura dai popoli invasori, conservandola soprattutto grazie alle popolazioni più vicine all’entroterra. Il popolo dell’isola ha avuto così modo di evolversi in una società piuttosto ristretta, facendosi ispirare dalle suggestioni dei propri luoghi natii. Le tradizioni scaturite sono forti, si aggrappano al territorio e all’identità e hanno sempre lottato per non essere cancellate. La meixina e s’ogu è solo uno dei tanti retaggi delle tante tradizioni che vedono il popolo Sardo medico di se stesso, che vedono la religione cristiana importata nell’Isola affiancarsi, ma mai sostituirsi a ciò che è sempre stato proprio della cultura Sarda più ancestrale. La medicina dell’occhio porta via le maledizioni, la “presa d’occhio”, l’invidia da parte di qualcuno. Ancora diffusa, diffusissima, nell’era multimediale si esegue il suo rito anche a distanza, tramite il web o il telefono. Il potere del guaritore si unisce alla potenza dei brebus e delle preghiere: il nodo malefico ben presto si scioglie. Tradizione affascinante.
- “In Barbagia esistono regole non scritte...”. Nel volume lei parla di un “codice barbaricino”. In che cosa consiste?
Nel cuore della Sardegna esiste una vasta e incantevole regione chiamata Barbagia. Un luogo di autentica sardità, uno di quei posti dove il tempo sembra scorrere su di un binario a sé, in parallelo col resto del mondo. Un luogo dove i Sardi, in tempi lontani, si sono rifugiati sfuggendo alle invasioni dei “popoli del mare”. Qui hanno coltivato e sviluppato una propria legislatura, ripudiando quella imposta dagli invasori. Il codice barbaricino è un codice orale, mai scritto ma stampato nell’anima. Un codice che segue l’onore e il rispetto, che segna l’importanza della parola data. Ai trasgressori sono riservate pene dolorose, almeno tanto quanto il torto subito. Una sorta di vendetta personale che riesce anche, tristemente, a trovar posto nella cronaca nera dell’Isola.
- Nella sua isola del cuore c’è un luogo che preferisce?
Questa domanda è quella che mi mette più in difficoltà. Un luogo è poco, fatico a scegliere. Ma se devo rispondere senza riflettere troppo c’è un posto in cui mi sento a casa più di ogni altro. Non devo far molti chilometri dalla mia città per ritrovarmi in una terrazza naturale che noi chiamiamo generalmente “il belvedere”. Tutti sappiamo di cosa si parla, senza doverne specificare il paese. Immaginate una collina a picco sul mare, una collina scavata dall’attività mineraria, una collina che si fa passeggiare attorno, balcone perfetto per godere di uno dei tramonti più straordinari che si possano ammirare. Si apre un mare che sembra non avere fine: sulla destra vi emergono antichi faraglioni e il più bello e grande chiamato Pan di Zucchero, mare su cui si specchia Porto Flavia e i resti rosicchiati di una laveria e degli impianti minerari. Sulla sinistra invece il mare si fonde con la lunga litoranea sabbiosa dietro di cui si sporgono le isole di Sant’Antioco e Carloforte. Un luogo del cuore, nell’Isola del cuore.
- Nel 2012 ci eravamo incontrate per parlare di Profumo di terra e fragole “Storie di (quasi) ordinario giardinaggio”. Sono sempre generosi i doni dell’orto che coltiva insieme a Suo marito Antonio?
Mi fa davvero piacere questo tuffo nel passato! Profumo di terra e fragole è stato il mio libro d’esordio e vi ho adagiato dentro moltissime emozioni. La campagna con l’orto e il campo esistono tutt’ora, si sono abbelliti e arricchiti di nuove colture come quella delle cipolle, del grano sardo e delle arachidi. Il frutteto accoglie nuovi alberi e le olive ci regalano ogni anno litri di olio verde, piccante e profumatissimo. Le fragole, ovviamente, restano tra le colture principali! Stiamo lavorando per introdurre, da seme, quattro varietà andate in disuso: fragola ananas, fragola lampone, fragola gialla e fragola nera. Sempre più profumo di terra e fragole!
- Ci descrive il cielo della Sua terra in questo particolare periodo dell’anno, in bilico tra la tarda primavera e l’imminente stagione estiva?
Un cielo che stupisce, in cui si legge la lotta climatica per stabilire chi avrà la meglio tra la primavera e l’estate. Un cielo che la sera sembra voler esplodere, che si allunga e quasi sembra trattenere il sole dal tramontare. Colori incantevoli, sfumature intense e immensità. Un cielo che abbraccia e mi fa sentire protetta in questa meravigliosa Isola che è la Sardegna.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cuor di Sardegna: intervista ad Arianna Franceschi
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