La nostra collaboratrice Angela Meloni ha intervistato lo scrittore Marco Atzeni, in libreria con il suo romanzo d’esordio Le due città, edito da Il Maestrale nel 2024.
- Benvenuto Marco nel nostro portale Sololibri. Come stai?
Grazie a voi per l’opportunità. Non potrei stare meglio (faccio le corna). È stato un anno di soddisfazioni e novità, a livello umano e di scrittura. Per gli stessi motivi, è stato un anno impegnativo; dopo l’ufficio (sono dipendente alla Provincia di Sassari), non è raro che lavori sui miei social anche per 6 ore al giorno tra post e risposte ai messaggi. Ma, come si suole dire, il tempo speso a fare ciò che piace non è mai faticoso. Soprattutto, però, è stato un anno di salute per le persone cui voglio bene, e questa è la cosa che determina il resto.
- Parlaci un po’ di te. Chi è Marco Atzeni?
Sono un (quasi) 41enne. La mia età non è quella reale, è la media tra la razionalità d’un uomo di 60 anni e i colpi di testa d’un ragazzo di 20. Sono laureato in economia e adoro lo sport, la musica, la storia, la ricerca, qualsiasi forma d’arte. Sono solitario, sebbene appaia espansivo e chiacchierone; passo i sabati sera a guardare documentari sull’Unità d’Italia, per intenderci. Sento il bisogno di fare sempre qualcosa a livello mentale. Sono nato, vivo e lavoro a Sassari. “Fisicamente” adoro stare nella zona confort (stesse vie, stesso quartiere, stessi locali), ma mi piace viaggiare con la mente e fare tante cose a livello artistico (proprio in questi giorni stiamo mettendo a punto la trasposizione teatrale del romanzo!).
- Io ho letto il tuo libro Le due città, pubblicato per la casa editrice Il Maestrale. Hai scritto un bel romanzo, mi sono piaciute le descrizioni dei luoghi e degli stati d’animo dei personaggi. Ho trovato la trama molto originale e con tanti colpi di scena che tengono il lettore in suspense, voglioso di continuare la lettura e conoscere il finale. Complimenti. Come è nata la storia?
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Come accennavo prima, sono appassionato anche di ricerca storica; da diversi anni ho un blog in cui mi occupo di storia cittadina e mi sono specializzato nel periodo ottocentesco. Pertanto mi sono imbattuto in tanti miti (e leggende) e alla fine, su impulso delle persone che leggevano il blog, mi sono cimentato nella scrittura di un romanzo mettendo assieme cose sparse che frullavano in testa da tempo.
La trama è ambientata a fine ’800 e condensa diverse dinamiche: il mistero del gotico, l’esoterismo, la ricerca storica, un po’ di analisi psicologica, l’analisi dei disagi umani, il paranormale. Mi piace definirlo un Frankenstein narrativo per la caratteristica d’essere un insieme di pezzi di tante cose. Involontariamente, questo è diventato la chiave del suo piccolo successo, l’essere tutto e niente, perché il lettore ha difficoltà persino a capire a che genere possa appartenere. Stiamo puntando alla quinta ristampa in meno di un anno e mi sembra incredibile.
- Come è nata la passione della scrittura? Hai frequentato corsi oppure sei un autodidatta?
Parto totalmente da scrittore autodidatta, però sin da bambino adoro la comunicazione, quindi mi è venuto naturale, perlomeno cominciare. Per intenderci, ero quello che raccontava barzellette a 7 anni davanti al resto della classe. Oppure scrivevo fumetti (imbarazzanti nella loro bruttezza) che facevo circolare tra i compagni.
Che sia a voce o per iscritto mi piace fare ridere, riflettere o commuovere. Ovviamente, quando ho iniziato a scrivere con “serietà” ho anche cercato di affinare la tecnica, perché mi rendevo conto di avere delle lacune (e non si smette mai di migliorare). Per fortuna, viviamo nell’epoca in cui la formazione è facile rispetto a decenni fa; su internet esistono decine di fonti (anche gratuite) per studiare. Se si comprende l’inglese ne esistono migliaia. Pertanto, unisco l’intuito naturale cercando di levigarlo con lo studio tecnico.
- Scrivere è… concludi la frase
È la possibilità di poter giocare con la mente del lettore. Il lettore decide volontariamente di lasciarsi manipolare, è affascinante. Inoltre, è la stuzzicante facoltà di sentirsi padroni. Se vuoi che un personaggio starnutisca, lo fai starnutire. Se vuoi che un asino sbuchi dal nulla, lo fai sbucare. Dunque, direi che la scrittura è libertà di far succedere ciò che si vuole, cosa impossibile nel mondo reale, in cui siamo vincolati da mille regole.
- Descrivi il tuo romanzo in tre aggettivi.
Scorrevole, umido, psicologicamente contorto (ho usato anche un avverbio, scusate!)
- Stai scrivendo una nuova storia?
Al momento sono al 5% di un nuovo romanzo, ma sono in fase di artistica ovulazione. Cioè sto imbottendo la mente di stimoli disparati, sto leggendo e osservando tantissimo. Guido per ore in macchina rimuginando. Ciò vuol dire che la fase della stesura si sta avvicinando. Speriamo… ovviamente sarà sempre una romanzo ambientato nel paranormale di fine ’800.
- Saluta i lettori…
Salutarli sarebbe riduttivo, i lettori sono il motore. Sono l’ago della bilancia. Decidono il futuro di un romanzo. Si pensa che leggere sia qualcosa di passivo, invece non lo è. Essere lettori richiede doti tecniche che, paradossalmente, non è detto che uno scrittore abbia. Pertanto… GRAZIE LETTORI, sia coloro che già hanno letto Le due città che coloro che, grazie anche a questa intervista, volessero interessarsene. Un abbraccio e che sia un 2025 di serene letture!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Marco Atzeni, che esordisce con il romanzo “Le due città”
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