Dal lampo rosso ai bagliori di guerra
- Autore: Marco De Montis
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
In Dal lampo rosso ai bagliori di guerra (LoGisma, 2024), Marco De Montis ci accompagna lungo la fase ascendente e di eccellenza e poi all’interno della crisi durante la Seconda Guerra mondiale dell’aeronautica italiana.
Marco De Montis ha esperienza professionale ultratrentennale in vari settori hi-tech e fin dall’infanzia ha avuto una profonda passione per il mondo aeronautico. In oltre venticinque anni, le migliori riviste del settore specializzato (RID - Rivista Italiana Aeronautica, VFR Aviation, Rivista Aeronautica e molte altre) hanno pubblicato quasi duecento articoli sugli aerei militari e commerciali e seicento recensioni.
L’arco di tempo che va dal 1926 al 1933, periodo che coincide in larga parte con il settennato di Italo Balbo (prima Sottosegretario di Stato al Ministero dell’aeronautica e poi Ministro dell’aeronautica del Regno d’Italia), può essere senz’altro identificato con gli “anni ruggenti” della Regia Aeronautica. È un periodo in cui l’ancor giovane Arma Azzurra (costituita il 28 marzo 1923) consolida una propria identità e un solido spirito di corpo, sviluppando e rafforzando quella “competenza ambientale” di cui gli aviatori avevano gradualmente preso coscienza durante il primo conflitto mondiale.
Lo strumento principe utilizzato a tal fine da Balbo fu quello delle imprese di massa, andando così oltre la dimensione dell’eroe solitario per puntare con convinzione sull’idea di “squadra”, come è avvenuto con la cosiddetta “Crociera del Decennale” (1 luglio – 12 agosto 1933), nota anche come “Crociera Nord Atlantica”.
L’anno seguente il record di velocità conquistato da Francesco Agello ai comandi di una macchina eccezionale quale il Macchi MC.72, soprannominato “lampo rosso”, può essere considerato l’ultimo bagliore di una stagione irripetibile, chiusa definitivamente nel 1935 con la Guerra d’Etiopia, che avrebbe sconfessato la visione dello sviluppo aeronautico come funzionale alla causa del progresso sociale ed economico e aprendo nuovi orizzonti di guerra.
Mentre nubi tempestose si addensavano all’orizzonte, l’Italia e la sua industria stavano perdendo quella posizione di preminenza sul mercato internazionale di cui avevano goduto in campo aeronautico durante gli “anni ruggenti”. Il riarmo tedesco e il moltiplicarsi degli scenari di crisi avrebbero dato il via a una corsa agli armamenti che in campo aeronautico avrebbe visto l’affermarsi di soluzioni per le quali l’industria nazionale non era adeguatamente attrezzata.
Se a tutto questo si aggiungono le conseguenze di scelte errate dal punto di vista tecnico-operativo, prima fra tutti l’insistenza sulla formula del biplano da caccia, e dottrinale, con l’assenza di bombardieri a lungo raggio, nonché l’incapacità di andare oltre un gettito delle linee di produzione superiore alle 200-250 macchine al mese, non è difficile comprendere come una situazione ampiamente soddisfacente nel 1935 cominciasse a presentare evidenti segnali di crisi nel 1940 per poi diventare senza speranza nel 1942, all’inizio del secondo anno di guerra.
Le ragioni sono molteplici e ascrivibili ad alcuni fattori principali. Anzitutto la connotazione artigianale della nostra industria aeronautica, foriera di una filosofia progettuale poco orientata alla praticità d’uso e alla produzione in grande serie, bensì all’ottimizzazione di soluzioni collaudate, se non talvolta obsolete.
Poi una naturale ritrosia all’innovazione e alle scelte di rottura col passato da parte dei progettisti, ancorché validi, ma sovente ossessionati dall’intraprendere scelte troppo ardite e come tali facilmente soggette al rifiuto da parte del committente.
Infine la mancata evoluzione, dopo il disimpegno dall’aeronautica di Balbo alla fine del 1933, della Regia Aeronautica verso dottrine e strategie moderne ed evolute, nonostante i primati precedenti avessero indicato con chiarezza le rotte da seguire per creare un potere aereo efficace, ben prima di tante forze aeree estere.
Si può esprimere insoddisfazione per il grande salto mancato del nostro potenziale aeronautico industriale, dovuto soprattutto alla mancanza di programmazione strategica e alle carenze oggettive esistenti nella classe dirigente dell’epoca, spesso premiata solo per meriti ideologici o politici e non professionali. Il bilancio finale del decennio 1930-1940 per l’Italia è purtroppo amaro: si deve constatare l’inevitabile parabola discendente della tecnologia aeronautica italiana, agli inizi del decennio ancora tra i paesi guida nel campo aeronautico.
Le ragioni sono molteplici e assai complesse, strettamente intersecate con la politica del periodo e con le sciagurate avventure etiopiche e spagnole che depauperano un’enorme quantità di risorse finanziarie, tecnologiche e industriali.
Particolarmente grave fu la dissipazione dell’invidiabile patrimonio tecnico-operativo degli “Atlantici” e del relativo sistema di supporto tecnico logistico, indice di una perfetta organizzazione interforze che avrebbe potuto rendere i reparti dell’Arma Azzurra un modello di efficienza e prontezza operativa.
Successore di Italo Balbo, il Generale Giuseppe Valle inaugurò un periodo caratterizzato dall’assenza di una dottrina specifica e da percorsi ondivaghi in bilico fra la connotazione strategica del potere aereo, vocato alla totale autonomia secondo le teorie di Giulio Douhet, oppure verso quella di appoggio tattico all’esercito, secondo le dottrine di Amedeo Mecozzi, il tutto alla vana ricerca della “retta via” e con un’ulteriore, deleteria dispersione di ingenti risorse progettuali e finanziarie.
A esacerbare le criticità del periodo vi furono una visione miope e la tracotanza dei vertici industriali, militari e politici del regime fascista, particolarmente dopo il 1935, col risultato di intraprendere un percorso in salita sempre più ripido e pericoloso che portò il nostro Paese alla sconfitta del 1943 e all’ancor più tragica guerra civile del periodo successivo. Ma anche gli Alleati non erano messi molto meglio. Almeno nella fase iniziale del conflitto, furono totalmente spiazzati dalla preparazione e dal coraggio dei piloti dell’Asse e spesso si ritrovarono a pilotare velivoli ancora acerbi, difficili da produrre e affetti da gravi manchevolezze.
Carenze alle quali i vertici alleati, sia civili che militari, posero rimedio con una rapida inversione di rotta, creando un’impressionante macchina da guerra e un sistema produttivo tuttora da prendere a modello per le sue incontestabili capacità, concentrandosi con grande pragmatismo su requisiti militari focalizzati all’efficienza operativa e alle prestazioni, imprimendo una svolta decisiva verso la vittoria.
È davvero stupefacente rilevare quanto peso ebbe la valorizzazione del lavoro d’équipe, dell’etica e della meritocrazia in questa rapida e profonda metamorfosi sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti d’America. Tutto ciò fu possibile grazie alla pronta reazione dell’intera società civile e dell’apparato militare, giacché entrambi seppero, con coraggio e determinazione, rivoluzionare tradizioni e prassi consolidate, cosa che non seppero fare la Regia Aeronautica e l’Asse.
Dal lampo rosso ai Bagliori di guerra. Dall'Italia dei record aeronautici alle esigenze belliche. Industria italiana e anglosassone a confronto, 1933-1943. Ediz. illustrata
Amazon.it: 25,17 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Un libro perfetto per...
Chi vuole conoscere i motivi e le soluzioni tecniche che hanno portato la Regia Aeronautica a perdere il conflitto e la Gran Bretagna a vincerlo.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Dal lampo rosso ai bagliori di guerra
Lascia il tuo commento