Dopo Poesie a Casarsa la seconda raccolta di versi friulani di Pier Paolo Pasolni s’intitola Dov’è la mia patria, edita nel 1949 in 500 copie con 13 disegni a carboncino di Giuseppe Zigaina per le edizioni dell’Academiuta di Casarsa. Sono diciotto testi i del volumetto, scritti nel 1948 tranne due: Fiesta e Spiritual del 1947.
Risentono di un nuovo sperimentalismo formale e linguistico per una distesa struttura epico-narrativa dal ritmo rapido e incisivo, mentre il filo conduttore è dato dall’impegno socio-politico di Pasolinialla fine degli anni Quaranta.
Il realismo talora viene espresso con toni di polemica e con la rappresentazioni dei poveri e degli sfruttati. I testi, alcuni con qualche variante, sono poi confluiti ne La meglio gioventù. Il titolo della raccolta è ripreso nella poesia Dulà ch’a è la me patria, in italiano Dov’è la mia patria, costruita interamente sul concetto di patria con un’intensa passione civile.
Dulà ch’a è la me patria di Pasolini: testo
Si clamàaria italia? Tal so grin miliòns di muàrs tal son grin, i ciantàraiu tal sso grin? - italia, nòn non lusìnt? No, fantàt! La gnoransa, la pasiensa. Li passiòns, li passiòns sensa amoùr. No, fantànt! La gnoransa, la pasiensa, li passiòns. Sinc àins di lementàrs, mil àins di lavòur bestemis e ombrena di pensadis rudis, patria! Scuela, bestemis e ombrena, e cròus dal lavòur dut pierdùt ca la gnoransa, la pasiensa, l’italia e i mil àins di lavòur. No, fantàt! La patria è par me na sèit Sierada tra un sen àrsit dal sec. Nissùn a no ama i me mil àins di làvour. La me patria a è ta la me sèit di amòur, la me patria a è ta la me sèit di amòur. Non, fantàt!
Dov’è la mia patria di Pasolini: testo
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Si chiamerà Italia? Canteranno nel suo grembo milioni di morti, nel suo grembo? Canterò nel suo grembo? - italia, nome lucente? No, giovane! L’ignoranza, la pazienza, gli scontenti, gli scontenti senza amore.
No, giovane! L’ignoranza, la pazienza, gli scontenti.
Cinque anni di elementari, mille anni di lavoro, bestemmie e ombre di pensieri grezzi, patria! Scuola, bestemmie e ombra, e la croce del lavoro, tutto perso nell’ignoranza, la pazienza, l’italia e i mille anni di lavoro.
No, giovane!
La patria è per me una sete chiusa in un petto bruciato dall’arsura.
Nessuno ama i miei mille anni di lavoro, la mia patria è nella mia sente di amore. No giovane!
Dov’è la mia patria di Pasolini: analisi e commento
Torna insistente l’anafora che dà alla poesia la cadenza d’un canto popolare; le immagini indicano la patria come realtà concreta abitata dal popolo del dopoguerra alle prese con la quotidianità: dolore, sofferenza, lavoro, stati d’animo e terribili problemi che fanno pensare allo “spiritual” americano nel contesto del mondo contadino friulano. Però, senza alcuna preghiera innalzata a Dio.
Pasolini, parlando a un ragazzo, si estranea da ogni idealità retorica ed evidenzia quindi la vita degli umili e dei disperati che con paziente fatica hanno costruito una “coralità” di intenti e di voci.
Lungi dal risolvere il concetto di patria nei meri confini geografici, la risposta che infine Pasolini fornisce alla domanda Dulà ch’a è la me patria è lapidaria.
Ecco che essa si configura come dimensione esistenziale: cioè come interiorità in cui l’eros si intreccia con la poesia:
la me patria a è ta la me sèit di amòur
Ovvero: “La mia patria è nella mia sete di amore”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Dov’è la mia patria?”: la dimensione esistenziale di Pier Paolo Pasolini
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