Il 9 marzo 1883 nasceva a Trieste Umberto Saba, voce unica del nostro Novecento che attraverso il suo Canzoniere (Einaudi, 1965) ci ha consegnato un irripetibile “romanzo famigliare”, un’impareggiabile biografia in versi.
Lontano dalle avanguardie e dal simbolismo, per le sue poesie Saba scelse di utilizzare “trite parole che non uno usava”, parole quotidiane, consumate dall’uso, parole umili come il linguaggio della povera gente che, tuttavia, nei suoi componimenti si trasfondono in un canto sublime e irripetibile intriso d’amore e umanità.
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La quarta sezione del Canzoniere di Umberto Saba, datata 1910-1912, si intitola Trieste e una donna: versi emblematicamente ripresi in una delle sue liriche più belle Ed amai nuovamente (1924) dedicata alla moglie Carolina Wölfler detta “Lina”.
Perché “Trieste è la città” - che gli ha dato i natali, in cui Saba è nato e cresciuto, dove ha vissuto - ma “la donna” (si noti l’articolo determinativo che ne sottolinea l’unicità) è Lina - e lei sarà per tutta la vita. Saba accomuna la donna e la città nello stesso amore dedicando a entrambe dei versi meravigliosi: perché entrambe sono amate dal poeta in modo esclusivo per ciò che hanno di proprio e di inconfondibile.
Scopriamo testo e analisi della poesia che ci spiega le ragioni profonde di questo amore.
“Ed amai nuovamente” di Umberto Saba: testo
Ed amai nuovamente; e fu di Lina
dal rosso scialle il più della mia vita.
Quella che cresce accanto a noi, bambina
dagli occhi azzurri, è dal suo grembo uscita.Trieste è la città, la donna è Lina,
per cui scrissi il mio libro di più ardita
sincerità; né dalla sua fu fin ad oggi mai l’anima partita.Ogni altro conobbi umano amore;
ma per Lina torrei di nuovo un’altra
vita, di nuovo vorrei cominciare.Per l’altezze l’amai del suo dolore;
perché tutto fu al mondo, e non mai scaltra,
e tutto seppe, e non se stessa, amare.
“Ed amai nuovamente” di Umberto Saba: parafrasi
E tornai ad amare. Dedicai a Lina, la donna dallo scialle rosso, la maggior parte della mia vita. È lei la madre della bambina dagli occhi azzurri che cresce accanto a noi.
Il mio libro più sincero e coraggioso l’ho scritto per la mia città, Trieste, e per lei, Lina, la donna cui la mia anima è per sempre congiunta e non sarà mai divisa.
Ho conosciuto altri e diversi amori terreni, ma solo per amore di Lina vorrei rinascere di nuovo, ricominciare tutto daccapo, vivere con lei un’altra vita.
L’ho amata per la sua grande sofferenza e malinconia, perché lei è stata capace di essere tutto, ma non fu mai furba né capace di causare dolore agli altri.
L’ho amata perché lei fu capace di amare ogni cosa e persona del mondo, tranne che sé stessa.
“Ed amai nuovamente” di Umberto Saba: analisi e commento
La poesia di Saba è dedicata alla moglie Carolina Wölfler, detta “Lina”, figura femminile dominante nei suoi componimenti: è lei la regina incontrastata della sua poesia.
Si conobbero nel 1904 grazie a un amico comune che parlò a Saba di questa ragazza che da anni attendeva invano il suo innamorato partito per l’impresa di Fiume.
Il soldato non fece mai ritorno dalla guerra, ma nella vita di Lina arrivò Umberto Saba e - nonostante conflitti, litigi e incomprensioni - vi sarebbe rimasto sino alla fine.
Lui la riconobbe subito, scrisse che aveva dei capelli “neri nerissimi”, la sorprese mentre stava annaffiando dei gerani e le domandò: “È lei Lina?” lei lo guardò dritto negli occhi e, come in un riconoscimento subitaneo, rispose “E lei è Umberto”.
Si sposarono cinque anni dopo, nel febbraio 1909, nel tempio di “Scuola Vivante” in via del Monte. Due anni dopo nacque la loro unica figlia: Linuccia. Il matrimonio tra Saba e Lina non fu immune da crisi, i due trascorsero anche lunghi periodi separati: in seguito a una furibonda lite lei se ne andò con la figlia, mossa da un istinto di ribellione, e lasciò Saba a vivere da solo con la madre. Si riconciliarono e, nel 1912, si trasferirono a vivere a Bologna per poi tornare definitivamente a Trieste nel 1919.
In questa poesia, scritta nel 1924, Umberto Saba testimonia il suo amore per la moglie ricordandola così come, probabilmente, la vide per la prima volta: avvolta in “un rosso scialle”. A questa donna, osserva Saba, dedicò la maggior parte della sua vita: l’amore viene legato al concetto di tempo e, dunque, di durata.
Subito il poeta lega il nome di Lina all’immagine della figlia, Linuccia, la bella bimba dagli occhi “color del cielo” che compare nella bellissima poesia del Canzoniere Ritratto della mia bambina e, in seguito, nella lirica A mia figlia. Attraverso l’immagine della bambina l’amore di Saba per Lina sembra raddoppiarsi, proseguire in un futuro indeterminato: perché quell’amore è stato generativo, fecondo, ha portato un’altra vita.
Nella seconda strofa il poeta accomuna Lina alla città di Trieste: Trieste e una donna, appunto, per loro afferma di aver scritto il suo libro “di più ardita sincerità” nel quale non ci è difficile individuare lo spettro de Il Canzoniere. La città e la donna vengono elevate dunque al ruolo di Muse, di destinatarie ideali della poesia.
Saba nella splendida dichiarazione finale inoltre sottolinea il legame spirituale che lo unisce a Lina: la loro viene descritta come un’unione di anime. Sin dal primo incontro la sua anima si legò a quella di Lina e, da quel momento, non le fu più divisa.
In seguito Saba analizza più profondamente la natura del suo amore per Lina: sembra far riferimento ai periodi travagliati del loro matrimonio, costellati da diversi tradimenti. Il poeta sembra ora assolversi: dice di aver conosciuto anche altri “amori terreni”, ma solo per Lina sarebbe risposto a ricominciare daccapo, a vivere con lei persino un’altra vita.
La terzina che chiude la lirica Ed amai nuovamente ne rappresenta anche il punto più alto, il vero vertice poetico. In tre versi Umberto Saba ci fornisce il ritratto più perfetto della donna amata e, non solo, confessa di amarla innanzitutto per la sua unicità.
Lina non viene qui descritta dal punto di vista fisico, non viene neppure idealizzata al rango di musa: tutto ciò che la identifica, sin dal principio della poesia, è quel “rosso scialle” e nella conclusione Umberto Saba compone un elogio, commovente, alla sua anima pura.
Per l’altezze l’amai del suo dolore;
perché tutto fu al mondo, e non mai scaltra,
e tutto seppe, e non se stessa, amare.
Saba confessa di aver amato Lina nel dolore che, a ben vedere, è la cosa più difficile: tutti vorremmo amare sempre nella gioia, avere accanto un essere felice. Il poeta invece afferma di aver amato la moglie maggiormente nei suoi grandi dolori, nella sua malinconia: sono questi dolori in fondo a identificare una persona, a renderla ciò che è, a far risplendere la sua irripetibile essenza. Lina viene qui descritta come una donna caparbia, volubile, tenace, ricca di caratteristiche positive e negative al contempo. Ma, osserva Saba, non seppe mai agire in modo malevolo verso gli altri, non fu mai capace di essere “scaltra” e nella sua assenza di malizia si lasciò spesso travolgere dal male del mondo.
L’ultimo verso è il più toccante: il poeta osserva che Lina seppe amare con forza ogni cosa del mondo, ogni essere vivente, ma non fu mai capace di amare sé stessa. Umberto Saba lo osserva con una malinconia velata di tristezza e, in queste poche righe, sembra risarcire la donna di tutto l’amore che lei stessa non ha saputo darsi.
Proprio per questa ragione, per l’umiltà di Lina che non conosce egoismo, Saba sembra amarla ancor di più, in maniera sconfinata.
e tutto seppe, e non se stessa, amare
Dalla poesia emerge un ritratto di Lina toccante e profondamente umano. Chiunque legga è certo, nel profondo, di aver sentito battere il cuore di questa donna che in realtà non ha mai conosciuto.
Lina morì il 25 novembre 1956, un anno prima di Umberto Saba. Lui la ricordò in un ultima poesia intitolata Le polpette al pomodoro (1957) nel cui finale scrisse:
la casa rimase quella di due poveri vecchi, che cercavano di celarsi a vicenda il desiderio egoistico di essere il primo a morire, per non dover rimanere solo sulla terra.
In questi versi strazianti troviamo il degno completamento di quell’unione di anime che Saba aveva cantato in Ed amai nuovamente. Non l’aveva detto, ma avrebbe voluto essere lui il primo a morire: e questo è il più grande, forse l’unico, gesto d’amore.
Ed amai nuovamente di Umberto Saba: analisi e figure retoriche
Ed amai nuovamente si compone di quattro strofe in versi liberi: nello specifico una quartina e tre terzine.
Come molte altre liriche di Saba è scritta in un linguaggio colloquiale, non ci sono rime, l’andamento è scandito dall’uso di anastrofi (inversioni tra verbo e complemento) ed enjambement che spezzano il verso.
Nella prima strofa emerge il contrasto tra lo “scialle rosso” di Lina e gli “occhi azzurri” della bambina: entrambi i colori identificano le persone per antonomasia.
Particolarmente connotativo è il chiasmo presente nell’incipit della seconda strofa: “Trieste è la città, la donna è Lina”.
E infine la conclusione presentata tramite un’efficace - e memorabile - antitesi: e tutto fu/ e non mai; e tutto seppe/e non sé stessa.
Ed amai nuovamente sembra essere la sorella predestinata di un’altra meravigliosa poesia di Saba Amai, in cui invece il poeta compone un’intensa dichiarazione di poetica. L’amore per la poesia, l’amore per Trieste e l’amore per Lina sono le coordinate essenziali che ci permettono di comprendere la poetica interiore, inquieta e fragile, di Umberto Saba. Una poetica che, da sempre, seguiva i moti più intimi, le intermittenze del cuore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ed amai nuovamente”: la poesia di Umberto Saba dedicata alla moglie Lina
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