Nata a Catania, Emanuela E. Abbadessa ha insegnato Storia della Musica e Comunicazione Musicale alla Facoltà di Lingue dell’Università di Catania.
Ha pubblicato per Bonanno Ho un sassolino nella scarpa. Si occupa delle pubbliche relazioni per l’Orchestra Sinfonica di Savona ed è collaboratrice del quotidiano “La Repubblica”.
Nel 2013 ha pubblicato con Rizzoli il suo primo romanzo intitolato Capo Scirocco.
- Emanuela, i lettori stregati dalla malia di Capo Scirocco si domandano se il luogo esista veramente...
Capo Scirocco non esiste, è un luogo ideale, inventato che colloco più o meno nella costa orientale della Sicilia che va da Messina a Catania. Ho scelto apposta un luogo che non esisteva per un motivo fondamentale: io ho l’impressione che al di fuori della Sicilia si abbia un’idea dell’Isola che non corrisponde alla realtà. Chi non c’è mai stato non sa che ogni singola città, ogni singola area geografica di questo grandissimo triangolo ha un’identità diversa a seconda dei popoli che l’hanno dominata. Io volevo creare un luogo che contenesse tutte le identità siciliane: che avesse la magia della Magna Grecia di Siracusa, l’ispanismo catanese, che avesse questo senso dell’ospitalità e nello stesso tempo del salotto conchiuso in se stesso, del salotto arabo che ha invece Palermo. Volevo che tutte queste identità fossero presenti e allora questo posto con tutte queste identità insieme me lo sono inventato. Certe volte, per esempio, indulgo in qualche francesismo, uso la parola lunette al posto di occhiali, perché volevo anche sottolineare il passaggio dei torinesi, dei sabaudi in Sicilia. L’ho inventato anche per un altro motivo, perché la trama gioca con i temi del melodramma, le opere liriche anche quando sono ambientate in posti reali danno sempre allo spettatore l’impressione di essere in un altrove immaginario, senza luogo e senza tempo.
- Chi è Luigi Fumini e che cosa rappresentano per lui Rita e Anna così diverse l’una dall’altra?
Luigi Fumini è un nome che esiste... è esattamente il nome del mio bisnonno materno vissuto a Subiaco ma non c’entra nulla con il protagonista. Mi piaceva il cognome Fumini, perché è tipico delle zone della campagna romana, Luigi è un nome che avevo in testa, perché appunto era il nome del bisnonno, mi serviva un nome qualsiasi e ho deciso di dargli proprio quello.
Rita e Anna rappresentano entrambe per Luigi la chiave di volta per diventare grande, maturo. In realtà queste due donne sono troppo per lui, perché la maturità di una persona non passa semplicemente attraverso il fatto di essere collocato in un ambiente ricco o di aver studiato, la maturazione è un fatto interiore. Nel romanzo il lettore assiste alla maturazione fisica, anzi erotica del protagonista, Luigi conosce l’amore ma in realtà non matura interiormente tant’è vero che rimane una persona inetta a prendere delle decisioni, non fa delle scelte serie. Luigi compie delle scelte che lo travolgono e che travolgono chi gli sta accanto. Diverso invece è cosa lui rappresenta per queste donne. Luigi per Rita rappresenta la passione, la carne, la giovinezza, la follia, invece per Anna rappresenta il primo amore.
- Tra i tanti autori siciliani quali sono stati i più importanti per la Sua formazione letteraria?
Amo moltissimo la letteratura siciliana a partire dai poeti delle origini della lingua italiana, mi riferisco a Cielo d’Alcamo, ecc. L’autore che ha colpito le corde più profonde del mio animo è Vitaliano Brancati. Amo follemente i suoi libri nella fattispecie Gli anni perduti che credo sia uno dei capolavori del Novecento, dove per altro è presente la musica di Bellini. Cito per la lingua Gesualdo Bufalino, che credo resti uno degli artefici del Novecento della più fantasiosa, ricca e meravigliosa lingua italiana. Un’orgia di parole, quando leggo Bufalino cado dentro le sue parole.
Il romanzo si svolge vent’anni dopo la proclamazione del Regno d’Italia.
- Secondo Lei la celebre frase di Don Fabrizio Salina pronunciata nel romanzo Il Gattopardo “tutto cambia affinché nulla cambi” è sempre attuale?
Questa profetica frase è drammaticamente sempre attuale.
- Andrea Camilleri durante la presentazione della mostra romana dedicata a Renato Guttuso davanti al celebre dipinto La Vucciria ha detto “vivo a Roma da molti anni ma mi sento siciliano”. Si trova d’accordo con l’affermazione del grande scrittore?
Sì. Io mi sono trasferita per motivi di lavoro nel 2006 a Savona però mi sento profondamente, religiosamente siciliana. Ho un legame fortissimo con la Sicilia che si esemplifica con il fatto che non ho perso l’inflessione siciliana e non voglio neanche perderla, perché è un’identità che mi porto addosso e che rivendico. Credo nell’eccellenza dei siciliani per quanto riguarda alcune cose, per la loro storia quindi sono, oserei dire, orgogliosamente siciliana.
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