F1 Backstage. Storie di uomini in corsa
- Autore: Riccardo Patrese
- Genere: Sport
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2024
Riccardo Patrese (Padova, 1954) ha corso nella sua carriera di pilota automobilistico 256 Gran Premi di Formula 1, detenendo per ben tre lustri il record assoluto di presenze nella categoria e vincendo sei gare. È stato inoltre Campione del mondo con i Kart e campione italiano ed europeo di Formula 3. In tal modo, Patrese ha attraversato un’epoca importante e irripetibile di questo sport, gareggiando con alcuni tra i campioni più grandi e leggendari, vivendo in prima fila da protagonista trionfi e tragedie, momenti epici e memorabili della Formula 1 dal 1977 al 1993, sperimentandone evoluzioni e trasformazioni. Grazie alla sua autobiografia (in collaborazione con lo scrittore e giornalista Giorgio Terruzzi) intitolata F1 Backstage. Storie di uomini in corsa (Rizzoli, 2024), appena uscita in libreria, possiamo osservare da un angolo di visuale privilegiato il “backstage” del mondo, affascinante e complesso, della più blasonata competizione automobilistica mondiale.
Con il tono brillante e informale di una conversazione aperta alla curiosità e alla memoria di ogni appassionato, non soltanto degli addetti ai lavori, il pilota padovano costruisce una narrazione suddivisa in capitoli tematici, che fornisce una descrizione densa del motorismo e della sua cultura, interpretandone con leggerezza e profondità pratiche rituali e decodificandone i valori simbolici, sempre attento (ed è la nota peculiare di queste pagine, basti considerare il sottotitolo: "Storie di uomini in corsa") al vissuto delle persone e al loro spessore di individui, altrettanto, se non più rilevante, della dimensione tecnologica e meccanica.
Se, come sosteneva il grande antropologo americano Clifford Geertz, la natura umana non è sempre costante e non è indipendente da determinate circostanze che si intrecciano e realizzano in determinati tempi e luoghi, ebbene la vita, non soltanto sportiva, di Patrese si è sviluppata per
attimi, coincidenze, contrattempi che disegnano un bivio fatale e dettano le pieghe del destino
attraverso la duplicità di due concetti essenziali che acquisiscono un rilievo determinante nel corso della narrazione autobiografica: il gioco e il lavoro.
Leggiamo infatti nel capitolo iniziale che l’avventura motoristica di Patrese inizia per gioco, in tenera età, per emulazione del fratello Alberto, più grande di tredici anni, che lo coinvolge nelle prime corse sui kart. Vediamo infatti il piccolo Riccardo in una delle foto in bianco e nero che corredano il testo, aiutato dal fratello, in veste di meccanico, mentre si prepara per una delle sue prime gare. Un gioco dunque, che produce subito risultati incoraggianti, innescando una serie di coincidenze e circostanze che proiettano il talentuoso ragazzo, finora interessato ad altre specialità sportive (lo sci, il nuoto) verso la carriera motoristica a suon di vittorie ed exploit, fino all’esordio in F1 nel 1977 sul circuito cittadino del Principato di Monaco (lo stesso dove, per un’ennesima flagrante coincidenza, qualche anno più tardi otterrà la sua prima vittoria in un Gran Premio). Sarà proprio la firma del primo contratto da professionista con la scuderia Shadow a materializzare nella coscienza del giovane pilota la “possibilità autentica” che indirizzerà una volta per sempre la sua vita, al di là di dubbi e resistenze, verso un destino compiuto e narrabile, trasformando il gioco in un lavoro vero e proprio.
Il racconto si snoda, di capitolo in capitolo, tra arguzia, pensosità e pathos drammatico; del resto, chi meglio di un pilota saprebbe dosare con sapienza e delicatezza il pedale della narrazione, al pari di quello di una monoposto da corsa, ottimizzandone ogni sfumatura e gradazione di ritmo, intensità, leggerezza e profondità?
Non di rado il dramma sconfina sublimandosi in tragedia, quando l’autore rievoca eventi drammatici , primo fra tutti quello di Monza 1980, che fu fatale a Ronnie Peterson e in cui Patrese restò coinvolto, con conseguenze dolorose, soprattutto per le polemiche astiose e ingiustificate di alcuni colleghi. E ancora la prematura scomparsa di Gilles Villeneuve sul circuito di Zolder e dell’amico Elio De Angelis, quest’ultimo mentre provava la Brabham, in una serie di test a Le Castellet. Ironia del destino, su quella vettura avveniristica quanto ostica avrebbe dovuto esserci proprio Riccardo, sostituito all’ultimo momento dal compagno di squadra. Una delle tante Sliding doors che nel male e nel bene hanno scandito i passaggi cruciali del percorso sportivo e umano di Patrese, e di cui il libro (in particolare, nel capitolo intitolato “La mano di Dio....e di Sant’Antonio. Presunzioni di immortalità”, non a caso il più lungo e articolato, in cui con garbo e ironia rievoca le molteplici occasioni in cui l’inferno dei Gran Premi avrebbe potuto risolversi per lui in un esito mortale, scongiurato anche grazie all’intervento provvidenziale del Santo patrono) ci offre numerose e probanti testimonianze.
È davvero suggestivo ed emozionante, per il tifoso affezionato e di certo per il lettore che si accosta per la prima volta al profilo dell’uomo e del campione, ripercorrere date ed eventi, aneddoti e vicende ormai consacrate dalla cronaca e dalla storia del motorismo, con l’ebbrezza e l’emozione di assistervi come dall’abitacolo di un bolide inchiodato sull’asfalto, ripercorrendone i fotogrammi al culmine della velocità o al rallenty, come se fossimo tutti coinvolti nel giro veloce di una qualifica o stessimo anche noi per percorrere con il cuore in gola gli ultimi chilometri prima del traguardo. Semmai “ad occhi chiusi”, sentendoci un po’ come l’attore e appassionato di motori Renato Pozzetto, che affiancando Riccardo sul percorso di una prova rallistica, passa, sempre più stravolto, dall’entusiasmo alla curiosità a qualche perplessità, per poi tornare, a gara conclusa,
a ridere e far ridere, liberato finalmente dall’incubo di quella Rieti-Terminillo.
Non una semplice autobiografia, il libro di Riccardo Patrese scritto con Giorgio Terruzzi può essere compulsato come un contributo serio, condito da dosi omeopatiche di humour e passione, offerto da un campione dell’automobilismo ma soprattutto della “resilienza”, che ha saputo affrontare le sfide del destino con assertività e tenacia anche nei momenti più bui; utile per una rilettura e interpretazione, anche in chiave antropologica, di vicende sportive e fatti sociali che lasciano emergere con competenza e maestria significati specifici e universali e che quindi possono aiutare ciascun lettore nel proprio cammino di evoluzione e maturazione personale.
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