Faccia al muro
- Autore: Cesare Battisti
- Anno di pubblicazione: 2012
Ci sono transfughi degli anni Settanta, “fantasmi” del pianeta Terra, prigioni-guardie-prigionieri, donne di cuori, paranoie vagamente kafkiane, un pizzico di saudade e nessun riferimento a persone e cose realmente esistiti è puramente casuale.
“Faccia al muro” (DeriveApprodi, 2012) è il romanzo più autobiografico di Cesare Battisti, quello che rivela l’altra faccia del “mostro” mediatico, del terrorista irriducibile, del relitto di lotta armata, del killer impenitente, sopravvissuto a tutto (e a tutti) senza arrendersi all’evidenza. L’impressione è che l’unica “copertura” impiegata dall’autore in questo romanzo (?), sia il nome di battesimo dell’io-narrante (Augusto invece che Cesare), uno strenuo tentativo per tentare di preservarsi dall’estrema pubblicizzazione del privato, dalla strumentalizzazione di massa, da chissà quant’altro ancora, per una storia claustrofobico-intimista in cui la finzione - una tantum - non supera affatto la realtà.
La faccia al muro da cui il titolo è dunque quella di Augusto di fronte a un passato che non è passato mai e, anzi, torna ad insidiarlo da vicino; ma sono anche le facce dei compagni di prigionia (Augusto scrive da un carcere brasiliano), sconfitti dalla vita, rimossi dalla società borghese, di cui incrocia, raccoglie, racconta le storie. Anche perciò “Faccia al muro” andrebbe assunto come romanzo intimo e corale al tempo stesso, un romanzo duro, “politico” ma tutt’altro che a mano armata, un compendio di vite e di sogni interrotti, di interminabili attese, di destini segnati, di morti premature, di delitti e castighi. Documento di una resa senza condizione, testamento di una generazione che ha provato a scombinare le carte in tavola (del Capitale) senza riuscirci (però chapeau, meglio dell’acquiescienza passiva).
Un noir dell’anima, insomma, con nessuna pistola e tanta malinconia.
Se Battisti è il mostro dei telegiornali e degli appelli di Stato, avercene di questi mostri: personalmente mi atterriscono di più i giochi sporchi dei burocrati della tortura (psicologica e non) che lo incastrano e lo pedinano senza tregua; inoltre credo anche che nessun “mostro” è mostro a tempo pieno. Battisti scrittore non devo scoprirlo io: il suo taglio è asciutto, essenziale, seppure in grado di scavare negli stati d’animo del protagonista con efficacia chirurgica, quasi spietata, assoluta. Forse perché niente di quanto succede in questo libro succede per caso ed è frutto di finzione: Cesare Battisti è un fantasma ingombrante degli anni di piombo, uno dei tanti che pesano sulla coscienza ipocrita, finto-democratica del Paese e per ciò non lo si vuole lasciare riposare in pace.
“Faccia al muro” - potete scommetterci - è un libro che non vedrete mai pubblicizzato in tv (vero Fazio?), ha un sostrato ontologico paurosamente cupo e un sottotesto fatto apposta per i lettori più smagati/indomiti, quelli che non se la bevono, che non assumono per oro colato le verità dei tg e i moralismi di facciata da politico finto-perbene. E’ anche un libro che trasuda umanità e per contrappasso descrive invece la faccia disumana, non-oleografica del Brasile e del suo regime carcerario; simile, purtroppo, in tutte le latitudini pseudo-libertarie del mondo.
Faccia al muro
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Perfettamente d’accordo. Gran bel libro
testamento di una generazione che ha provato a scombinare le carte in tavola (del Capitale) senza riuscirci (però chapeau, meglio dell’acquiescienza passiva).
Quindi, a parere del recensore, è preferibile scombinare le carte uccidendo che restare nell’acquiescenza?