Il premio Nobel per la letteratura 2024 assegnato meritatamente a Han Kang ha suggellato due aspetti fondamentali: da una parte, come la Repubblica di Corea abbia una sua identità letteraria definita e radicata, dall’altra che i sentire di un popolo sono trasversali a ogni latitudine.
Con la voce di Han Kang la letteratura internazionale ha preso atto, ancora una volta, del valore della memoria collettiva, dove un atto di ingiustizia può diventare complessità, graffiante e cruda poesia capace di tracciare morte e dolore in un solco unico che porta a una un’identità calpestata.
Una scossa, certamente, quella portata dalla Kang alla letteratura della Corea, paese diviso da settant’anni e che darà eco e attenzione ad altri autori coreani, diventando un trampolino di lancio come già nel 2019 diventò la vittoria dell’oscar di Parasite con la produzione cinematografica di k-drama e non solo.
Letteratura coreana: il rapporto fra soggetto e società
Quello che certamente colpisce della letteratura coreana è un’attenzione oggettiva verso il soggetto in relazione alla realtà sociale in cui vive.
Fulcro di questa letteratura sono l’esperienza soggettiva, le percezioni individuali e collettive e le dinamiche della società nonché l’alimentazione in un continuo bilico tra passato e modernità che diventano lente e punto di osservazione spesso deviata da una forte impronta confuciana che (anche se invisibile) persiste.
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Temi come alienazione e modernità sono vividi nell’opera della Han Kang (basti pensare al suo libro più celebre, La vegetariana, che le valse il Man Booker International Prize nel 2016) e lo sono parimenti in Kim Young-ha, ad esempio nel suo L’impero delle luci dove alienazione esistenziale e discrasia con il contesto sociale si tramutano in frammentazione identitaria, angoscia interiore e difficoltà di adattarsi a un mondo sempre più globalizzato e ipertecnologico.
Riverbero non lontano, per altro, condiviso con l’Occidente, dove per entrambi sembra sempre essersi una mera accettazione e una parallela difficoltà di lettura ed interpretazione e soluzione.
Un risultato a cui giunge anche Sang Young Park nel suo Amore, Malboro e Mirtilli, testo nel quale la disgregazione identitaria e anche sessuale rende difficile accertarsi (in primis) e in contemporanea essere accettati.
La letteratura di Corea e la frammentazione nazionale
Oltre alla fragilità interiore, anche la frattura nazionale e geografica è un focus evidente tra gli autori del paese. In modo diretto o indiretto, la divisione tra Nord e Sud non ha lasciato nessuno indenne.
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Anche qui la fa da padrone la neo vincitrice del Nobel con il suo Atti umani, dramma collettivo e individuale allo stesso tempo che spezza non solo un paese già spezzato, ma una società e una popolazione intere, rendendo il coagulo di dolore unico segnato dalla muta ma non sorda violenza in un bilico equilibrato tra morte e lutto di una generazione e declinando in modo chiaro una sofferenza tangibile e intima.
Ma non sono da meno, ad esempio, Ch’oe Yun con il suo La sorella di questo pianeta, testo in cui questo aspetto divisivo viene affrontato ed esplorato declinando una memoria collettiva che viene rivissuta e in qualche modo rappresentata tra due famiglie divise dai drammi della vita, benché in una chiave più intimista. O ancora con Prenditi cura di lei di Kyung-sook Shin o nei racconti di Hwang Sok-yong dove i traumi trans-generazionali diventano speculari esperienze soggettive tra presente, passato e futuro.
La rivendicazione femminile nella letteratura coreana
Un’altra delle linee narrativa guida è certamente la rivendicazione del soggetto femminile, dove sempre Han Kang si fa da trascinatrice e apripista, ma tematica che trova sponda anche in Bae Suah e Cho Nam-Joo, indagatrici della poliedricità della donna tra corpo e sessualità, ma anche tra patriarcato e mondo eterno, tra scelta di un’identità di madre e quella di donna lavoratrice. Nei loro scritti, oppressione, silenzio, ribellione interiore e libertà personale fanno da traccia non soltanto alla situazione femminile, individuando catene invisibili di pregiudizio e e di imposizione.
Bae Suah, con le sue narrazioni sperimentali fatte di scrittura ellittica, crea smarrimento e sospensione nella descrizione di un femminile solitario, smarrito, introspettivo e distaccato dalla società.
Mentre Cho Nam-Joo, con il suo solo apparentemente didascalico Kim Jiyoung, nata nel 1982, evidenza un “J’accuse” senza filtri a un patriarcato che non è solo coreano ma che supera agilmente i confini asiatici, dilaniandosi internazionalmente e inequivocabilmente in ogni tipologia sociale e sottolineando una gender gap al femminile innegabile e innevato
La letteratura coreana insomma ha molti spunti da offrire ai lettori e non solo.
Nuove letture prospettiche di lettura, dal trauma e la memoria fino all’essenza e all’interiorità dell’uomo, la attraversano, senza dimenticare come già accennato la donna o ancora la natura, in una sempre presente prospettiva di riflessione tra modernità e alienazione, dove il presente sull’uomo diventa momento emotivo col passato. Tra presente e futuro, quindi. E tra passato e futuro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fenomenologia della letteratura K: Han Kang e altri autori coreani da leggere
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