Fiabe islandesi
- Autore: Non disponibile
- Genere: Libri per bambini
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2016
La casa editrice Iperborea è nota per la sua dedizione alla letteratura nordica, intendendo con ciò la Scandinavia e i Paesi a essa affini, come, in questo caso, l’Islanda. Sebbene non appartenga, dal punto di vista geografico, alla regione scandinava, l’Islanda può essere a essa accomunata per stile di vita, tradizioni, abitudini, cucina, cultura e, non ultime, tradizione musicale, artistica e letteraria.
Negli ultimi anni, l’attenzione della maggior parte degli scrittori islandesi, come, del resto, dei loro colleghi svedesi e scandinavi in generale, si è rivolta principalmente al giallo, anche se non sono mancati esempi di autori più ironici e divertenti, come Hallgrímur Helgason. La tradizione letteraria islandese è però, come è lecito aspettarsi, molto più antica, e inizia, come quella di ogni popolo, dalla trasmissione orale. Di bocca in bocca, percorrono i secoli e le generazioni storie vere e fantasiose, vite di uomini illustri, miti, leggende, e fiabe: racconti nati con intento moralizzatore ma anche con lo scopo di far sognare, basati sul contrasto fra persone semplici ed esseri magici.
Il prezioso lavoro di traduzione operato da Silvia Cosimini è stato svolto nel più profondo rispetto della struttura originale delle narrazioni incluse in “Fiabe islandesi”. In poche parole, le storie contenute nel libro ci vengono presentate così come sono state tramandate, con le lacune, le parti mancanti, i finali tagliati o incerti che la fragile memoria ha portato fino a noi. Sì, la curatrice avrebbe potuto cucire, applicare toppe, rammendare, in pratica romanzare il tutto per rendere queste fiabe più “appetibili” per il lettore medio, ma il bello di questa raccolta è proprio la verità, la cura, il rispetto con il quale è stato trattato il materiale. Se non è noto in che modo il figlio del re ha affrontato la trollessa, non leggeremo un atto di coraggio inventato, e, se il finale non è definito non ci verrà raccontato che la principessa ha sposato il suo salvatore, solo perché ci aspettiamo il lieto fine.
Le fiabe, si sa, se ci si sofferma ad analizzarle sono paradossalmente crude e violente: i bambini sono meno impressionabili di quello che si pensi, e siamo solo noi adulti che ci turbiamo davanti a uccisioni seriali e a mostri vogliosi di divorare esseri umani. Queste fiabe islandesi sono, rispetto a quelle della nostra tradizione, se possibile ancora più crude. Non solo dal punto di vista di atti violenti, ma anche per gli espliciti riferimenti sessuali. Se, nella nostra tradizione, il pegno chiesto alla principessa o alla bella ragazza è un bacio, qui si tratta direttamente dell’atto sessuale vero e proprio, anche se, ovviamente, non descritto nei particolari. Si sfiorano anche temi come atti intimi fra uomini (si veda la richiesta fatta al re in Il paniere paroliere) o la transessualità (La fiaba del re Oddur, esempio singolare e peculiare che non trova riscontro in altre tradizioni). Quello che, però, colpisce veramente è il riscontrare che la maggior parte dei temi di base è comune alla tradizione di moltissimi Paesi: anche a quella italiana. La matrigna invidiosa che vuole essere più bella della figliastra, la creatura maligna che minaccia di portare via il figlio alla madre che non indovinerà il suo nome, i due anziani che, a furia di chiedere sempre di più al loro benefattore, finiscono male, l’incantesimo lanciato sulla neonata da parte di una fata non invitata al battesimo, e via dicendo. Tradizioni antiche che ci legano e ci avvicinano anche ai popoli più lontani da noi.
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