Fino a quando? La rinuncia ai trattamenti sanitari
- Autore: Mario Picozzi, Vanna Consolandi, Silvia Siano
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: San Paolo
- Anno di pubblicazione: 2012
Dimenticate l’oscena bagarre politico/mediatica scatenata dai “casi” Welby ed Englaro. Toglietevi dalla testa l’isterismo ecclesial-parlamentare, la saccenza necrofila di anchorman da prima serata, la corsa a chi la spara(va) più grossa su un tema come quello del “fine vita”, invece da maneggiare con cura.
L’ottimo saggio di Mario Picozzi (con Vanna Consolandi e Silvia Siano) salta con eleganza signorile la querelle (quando si hanno idee chiare le polemiche sono sterili e stanno a zero), si intitola “Fino a quando? La rinuncia ai trattamenti sanitari” ed è uscito a gennaio 2012 per le Edizioni San Paolo. La pasta saggistica di cui si compone è sottile, per diversi motivi. Primo: si interroga (sin dal titolo) e non urla, nemmeno se e quando gli tocca prendere posizione (e gli tocca spesso). Secondo: si tiene alla larga tanto dalle prurigini da talk show quanto dalla chiacchiera da bar; le dieci storie vere commentate nell’arco delle sue 144 pagine introducono a nuove prospettive etiche sulle pratiche della “buona morte” ma senza che si intravedano furori sanfedisti, sicumera e/o tesi strumentali. Terzo: la competenza assoluta dei curatori, tre nomi tre garanzie: Mario Picozzi è un medico (e, tra le altre cose, dottore di ricerca in Deontologia ed Etica medica); medico (pallativista) è anche Vanna Consolandi; Silvia Siano vanta, invece, una laurea in filosofia, e già da questo - credo - possa risultare evidente il taglio speculativo e al contempo scientifico-pragmatico dell’opera.
Come scriverebbero quelli bravi, la questione relativa al fine vita è impalpabile, perché afferisce alla coscienza e alla libertà di ciascuno: approvato e sottoscritto ma un altro grande pregio di questo libro è che, pur muovendo dai dubbi, ha il coraggio - etico e civile anzi tutto - delle risposte: peraltro condivisibili, in quanto ponderate, frutto di studi e di esperienza sul campo.
Leggete quanto segue e fatevi da voi un’idea sul taglio misurato e limpidissimo scelto dagli autori:
“Il quesito “fino a quando” allude alla valutazione della possibilità di rinunciare a un trattamento attraverso il rifiuto ad iniziarlo o la sua sospensione. L’azione omissiva ordinariamente concorre, anche se non in via esclusiva, ad abbreviare la vita di una persona. Tale atto può essere considerato eutanasico, ossia manifesta la volontà di porre fine alla vita di una persona? Se vi è una condivisione sull’affermazione generale che non ogni atto di rinuncia configura un’azione eutanasia, aperto è il dibattito sui criteri che consentono la distinzione fra i due gesti, rendendo l’uno moralmente e giuridicamente accettabile, l’altro riprovevole e da perseguire penalmente”.
Siamo, come si può vedere, al cospetto di un lavoro “difficile”, per certi versi scomodo (e dunque coraggioso), di certo competente. Utile, fra le altre cose, per disintossicarsi dal continuo parlare di tutto per non parlare di niente di derivazione televisiva o pseudo scientifica.
Fino a quando? La rinuncia ai trattamenti sanitari
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