La filastrocca d’autunno di Trilussa è fantasiosa e leggera come una foglia che vaga nel vento e, allo stesso tempo, imbevuta di una strana malinconia. Foglie gialle è la rappresentazione della caducità della vita, perfetta metafora della stagione autunnale.
Il poeta romano compone un ritratto d’autunno servendosi di tratti visivi - dunque il colore delle foglie, il loro movimento - e della perfetta alternanza delle rime - troviamo due rime alternate e due baciate.
Il particolare ritmo che Trilussa conferisce al suo componimento è una sequenza musicale di suoni e versi che danno alla poesia un andamento musicale, quasi cantato. Dietro l’apparente leggerezza, data anche dalla similitudine delle “farfalle spensierate”, si nasconde una certa gravità.
Trilussa non dà alla sua poesia il tono lapidario di Ungaretti: “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, ma opta per vivaci assonanze e per un paragone lieto (le foglie come farfalle) che tuttavia colpisce il lettore dritto al cuore con una malinconia indicibile, simile all’effetto della spina presente in una rosa che ci punge proprio mentre stiamo contemplando il più bel fiore.
Foglie gialle è tratta da Tutte le poesie (Mondadori, 1961), scopriamone testo e analisi.
“Foglie gialle” di Trilussa: testo
Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle
come farfalle
spensierate?Venite da lontano o da vicino
da un bosco o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso che vi porta via?
“Foglie gialle” di Trilussa: analisi e commento
Il vento d’autunno non ha nome, ma ha di certo una voce. Una voce forse un po’ roca che ci parla di malinconia in un sussurro che ci colpisce alla nuca come un ricordo. Trilussa nella sua poesia sfrutta l’elemento più simbolico dell’autunno, le foglie morte, amate dai poeti come metafora della condizione umana sospesa tra la vita e il nulla. Il poeta, tra le righe, si interroga su questa condizione, formulando domande che non trovano risposta e amplificano di conseguenza l’indicibile malinconia che pervade questi versi.
“Dove vanno le foglie quando muoiono? ” è questa la domanda inespressa e nel paragone solo in apparenza spensierato tra le foglie e le farfalle troviamo sintetizzata l’allegoria della caducità: anche le farfalle hanno vita breve, vivono soltanto un giorno, proprio come le rose e come tutte le più belle cose, cantava Fabrizio De André ne La canzone di Marinella.
La malinconia che si effonde nel ritmo apparentemente vivace della filastrocca di Trilussa è data proprio dalla similitudine incisiva che, posta proprio al centro del componimento, sembra spezzarlo in due. Le foglie e le farfalle vagano nel vento, sono transitorie, destinate a passare, così come il tempo della nostra vita. “Da dove veniamo? Dove andiamo?” Nella sua filastrocca autunnale Trilussa inserisce domande esistenziali che attanagliano da sempre la specie umana. Non c’è risposta, solo il vento d’autunno che suona una melodia nostalgica, come una fisarmonica triste.
“Non sentite la malinconia?” chiede infine Trilussa rivolto alle foglie, ma è soprattutto ai lettori che si rivolge che, leggendo la poesia, si sentono travolti da una sottile tristezza, come la puntura di una spina, simile al primo vento freddo che soffiando ci annuncia un presagio d’inverno.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Foglie gialle” di Trilussa: una malinconica filastrocca d’autunno
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