Francamente razzisti
- Autore: Claudio Vercelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
1938-2018: nell’80º anniversario delle norme discriminatorie contro gli ebrei italiani, il prof. Claudio Vercelli ha pubblicato per le Edizioni del Capricorno di Torino il volume 1938. Francamente razzisti. Le leggi razziali Italia (2018, 165 pagine, 13 euro). Si tratta di una riflessione argomentata sulla genesi, sullo sviluppo e sugli effetti prodotti da quella legislazione sui connazionali di religione israelitica ed anche sulla popolazione di origini non ebraiche.
Docente a contratto di storia dell’ebraismo alla Cattolica di Milano e ricercatore di storia contemporanea, presso l’Istituto di studi storici Salvemini di Torino, affronta l’argomento partendo dalla presenza delle comunità ebraiche in Italia ancora prima del fascismo e cogliendo tutti gli elementi, storici, politici, cronologici di una pagina del nostro passato che gli italiani hanno preferito rimuovere fin troppo rapidamente.
Dal dopoguerra, nel Paese si è conservato per ben oltre un cinquantennio un atteggiamento in genere reticente nei riguardi di eventi gravissimi e di misure dolorosissime per migliaia di persone. Gli italiani si sono fin da subito trincerati dietro un comodo alibi, che ha retto per decenni: non siamo un popolo di razzisti – si sentiva dire – quelle norme le ha volute Mussolini e solo per compiacere Hitler.
Nella realtà, invece, vennero accettate dall’opinione pubblica italiana con disinteresse, senza che si sollevasse un commento critico spregiudicato, una di quelle battute sarcastiche popolari, nemmeno una “pasquinata”, neanche una maldicenza sussurrata nei cortili, come ad esempio lo sprezzante, ma fin troppo affettuoso “Mussolini er puzzone”, che circolava in gran segreto.
Il “nostro” antisemitismo per gli italiani non era stato affar loro, non li aveva riguardati. Nessuno si riconosceva corresponsabile e poi era un luogo comune ritenerlo “bonario”: il duce non uccideva gli ebrei come facevano i tedeschi, “si limitava a mandarli al confino”. Qualche anno fa, pur di rastrellare qualche voto in più dagli ultimi nostalgici, perfino un capo del Governo è arrivato ad addolcire il concetto, arrivando ad un assurdo “li mandava in villeggiatura”.
Non c’era nessuna consapevolezza dello spaesamento, del dolore di quanti di ogni età s’erano visti privare da un giorno all’altro dei diritti di cittadinanza e delle proprietà. Le leggi razziali li avevano resi estranei nella propria nazione, allontanati dal lavoro, dall’impiego, dalle università, dalle scuole (tanto docenti che studenti), esclusi come reietti da ogni spazio sociale. Nello stesso 1938, si arrivò a contare 58.412 “israeliti”, figli di almeno un genitore ebreo. Eccole le vittime delle leggi razziali.
Oggi è ancora un errore grave ritenere che la negazione della personalità giuridica e della dignità umana risultino più “blande” rispetto alla deportazione e allo sterminio. Ad essere “uccisa” era la vita, pubblica e privata, di gente innocente. Ed era una sentenza tanto pesante, che alcuni scelsero il suicidio.
Vercelli demolisce sistematicamente gli alibi autoassolutori degli italiani. Non ci sono attenuanti che tengano: con le leggi antiebraiche il nostro Paese ci pose ai margini della civiltà, rinnegando diritti umani fondamentali e affiancando il nazismo, che faceva passi avanti verso la teorizzazione dello sterminio.
L’antisemitismo di Stato non fu una mera concessione all’amico Führer, ma una precisa scelta di campo del fascismo, dopo la sua alleanza con la Germania. Non c’è un razzismo morbido degli italiani “brava gente” opposto all’antiebraismo mortale dei tedeschi. È un crimine collettivo imperdonabile anche privare un essere umano della sua natura di uomo o di donna, uguali agli altri e di pari diritti.
L’immagine creata dalla propaganda germanica dell’ebreo egoista, anticristiano, settario e invidioso semplicemente non esisteva nella realtà e comunque nessun difetto avrebbe mai potuto giustificare una persecuzione mortale.
Il regime non ha copiato le leggi razziali per compiacere o scimmiottare Hitler, le ha adottate volutamente, per marcare il controllo sul resto del Paese come fa ogni potere totalitario quando ha bisogno di riallineare la gente in vista di una mobilitazione collettiva (la sfida alle democrazie occidentali, che avrebbe portato alla guerra di lì a poco).
Sono state un abominio, di cui dovremmo ancora vergognarci, perché tale resta l’aver introdotto nell’ordinamento di una nazione civile un principio giuridico aberrante: la “cittadinanza revocabile”. E questo è avvenuto la collaborazione degli italiani di allora, a cominciare dal re.
Quelle norme non sono diventate inaccettabili solo dopo Auschwitz, lo erano fin dal 1938, erano un crimine di Stato fin dal giorno in cui sono state emanate, facendo diventare gli ebrei degli zombie dei diritti civili.
Riflettere sulle leggi fasciste è utile per capire le dinamiche del presente. Comprendere cos’abbia agito allora, può tornare utile oggi, perché strumenti perversi che operarono a danno della popolazione ebraica potrebbero riproporsi contro altre etnie, categorie, gruppi sociali. Dobbiamo essere pronti a riconoscere i segni di quegli atteggiamenti, per poterli prevenire o affrontare. E dal momento che la storia si ripete, sia pure sotto forme diverse, il problema non è se quel fenomeno si ripresenterà, ma quando e con quale aspetto.
1938. Francamente razzisti. Le leggi razziali in Italia
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