Il filosofo Friedrich Schelling moriva in Svizzera, nella salubre località termale di Bad Ragaz, il 20 agosto 1854. Aveva ottant’anni ed era quasi dimenticato: le sue parole, i suoi scritti non avevano lasciato alcuna eco nei contemporanei. Viveva isolato per una scelta personale, poiché pensava che poteva conoscere la “vera profondità della vita” solo chi avesse abbandonato tutto e fosse stato abbandonato da tutto: era l’unico modo, a suo giudizio, per contemplare l’Infinito.
In una delle sue ultime lettere, scriveva che:
“Se dipendesse da me, il mio nome non dovrebbe più venir nominato”
Si era consegnato a una sorta di oblio già in vita, stanco dei continui oppositori e delle vane difese, soprattutto dopo la morte dell’adorata moglie Caroline Michaelis, si era spezzata con lei “l’ultima catena che mi tiene legato a questo mondo”. Si era ritirato nell’interiorità del suo pensiero, lavorando per sé stesso e avvertendo così farsi strada nel suo cuore il presagio “della pace eterna”.
Pesavano su di lui il giudizio durissimo di Schopenhauer che, appena quattro anni prima, aveva tuonato che “Schelling non poteva essere ammesso nella comunità di coloro che pensano per il genere umano”, e l’opposizione al pensiero di Hegel.
Lo risarciva, tardivamente, una pietra tombale con un’incisione consolatoria, voluta dall’amico Massimiliamo di Baviera:
Al più grande pensatore della Germania.
Era stato uno dei tre grandi esponenti dell’Idealismo tedesco, ma oggi il suo nome appare a stento tra quelli - più noti - di Hegel e Fichte. Soltanto di recente è stata riscoperta la coerenza interna del pensiero di Schelling che trova il suo fondamento nella metafisica della natura, a lungo Friedrich Schelling è stato penalizzato dalla fama di “filosofo romantico”, ricercatore dell’assoluto, un pensatore contraddittorio. Persino agli occhi dei suoi contemporanei era considerato divisivo: c’era chi lo elogiava, come Goethe che ne lodava l’eccezionale talento, e chi lo considerava un fanfarone che parlava a vuoto, come il già citato Schopenhauer.
Oggi la filosofia di Schelling appare moderna e innovativa sotto molteplici punti di vista; fu lui a teorizzare il principio secondo cui “l’Eterno è in noi”, dunque sancendo un fondamento assoluto dell’Io e superando il contrasto tra natura e coscienza. Il suo pensiero prese il nome di Naturphilosphie, una sorta di teorizzazione romantica della filosofia della natura: poiché intendeva la Natura come una totalità animata, lo spirito visibile che era in assoluta unità con lo spirito invisibile che è in noi.
Mentre tutti i filosofi della sua epoca, tra i quali Kant ed Hegel, riflettevano sulla realtà e le sue categorie, Schelling rivolgeva la propria attenzione all’Assoluto, all’Infinito, alla ricerca del divino, completamente controcorrente rispetto al pensiero dominante e la dicotomia tra Natura e Spirito.
Giunse a formulare una teoria artistica che gli valse la fama ambigua di pensatore romantico; poneva infatti la malinconia, il sentimento per eccellenza del Romanticismo, come principio del conoscere e dell’agire.
Scopriamo più nel dettaglio il suo pensiero, la sua teoria dell’arte e la sua storia.
Friedrich Schelling: la vita e il pensiero filosofico
Schelling nacque in Germania, a Leonberg, figlio di un pastore protestante. Studiò teologia presso il seminario di Tubinga, dove ebbe l’opportunità di conoscere due delle grandi menti del suo tempo, che all’epoca furono suoi compagni di scuola: Hegel e Hölderlin. Schelling si rivelò subito un pensatore geniale e rivoluzionario: era un seguace della filosofia di Fichte e attratto dalla nascente corrente del pensiero romantico. Nel 1796 iniziò a lavorare come precettore a Lipsia, dove insegnava matematica e scienze naturali, in seguito si trasferì a Jena dove incontrò i maggiori esponenti del Romanticismo, tra i quali figurava Goethe. L’anno prima aveva composto la sua prima dissertazione filosofica, dal titolo L’io come principio della filosofia, molto vicina alle idee di Fichte.
Furono gli anni delle sue prime pubblicazioni e della rinsaldata amicizia con Hegel, con il quale collaborò a lungo per la redazione del Giornale critico della filosofia. Schelling in quegli anni era impegnato nel tentativo di dare un fondamento ontologico alla filosofia kantiana, superando la scissione tra soggetto e oggetto. Progressivamente giunse così a discostarsi dalle idee del maestro Fichte, concependo la Natura non più come oggetto ma come soggetto e quindi come Spirito. Il principio dell’Assoluto, secondo Schelling, era dato dall’unione tra Natura e Spirito. Laddove tutti i filosofi maggiori affermavano la contrapposizione inequivocabile tra Soggetto e Oggetto, ecco che Friedrich Schelling ne teorizzava, invece, la reciproca complementarietà e affermava che il dualismo fosse in realtà il problema centrale di ogni filosofia.
Schelling e la moglie Caroline
Nella sua vita Friedrich Schelling ebbe una musa: stiamo parlando di Caroline Michaelis, una donna definita, già nella sua epoca, estremamente moderna. Caroline Dorothea Albertine fu una delle figure centrali del movimento romantico tedesco. Era figlia di un celebre orientalista, Johann David e sposò giovanissima l’ufficiale medico Johann Böhmer. Non fu un matrimonio felice; alla morte del marito Caroline divenne la vedova Böhmer e per un certo periodo decise di vivere mantenendosi da sé, conducendo una vita libera e dissoluta, poiché all’epoca tale libertà non era concessa a una donna. In questo periodo si unì al circolo romantico tedesco a Magonza: i suoi anni liberi ebbero fine quando venne imprigionata dalle truppe prussiane che conquistarono Magonza sottraendola ai francesi. Caroline, che in quel momento era anche incinta, venne salvata da August Wilhelm von Schlegel che la fece rilasciare e partorire sotto falso nome. Per devozione verso il salvatore, dopo che aveva rinunciato per due volte la sua mano, Caroline lo sposò. Fu a questo punto della sua vita che conobbe Schelling. All’epoca del loro incontro lei era Madama Schlegel, amante ed editrice del marito, un nome noto e celebre mediatrice culturale e paladina del circolo di Jena. Friedrich Schelling era completamente soggiogato, rapito da lei; tuttavia lei era sposata. Divorziò da Schlegel solo dopo un fatto tanto tragico quanto improvviso: la morte della figlia quindicenne Augusta, avuta dal primo matrimonio. Era il 1803, un anno dopo Caroline si sposò con Schelling. L’influenza della donna sul pensiero del filosofo fu notevole; lei gli rimase accanto negli anni spiritualmente più tormentosi. Fu un’unione solida, durata sino alla morte precoce di lei, dalla quale Friedrich non si sarebbe mai più ripreso. In una lettera addolorata scrisse:
Ora lei è libera. E io con lei: l’ultima catena che mi teneva legato a questo mondo è spezzata"
Quanto a lui, aveva perso il gusto della vita dopo la morte di Caroline. La descriveva nelle lettere come “puro granito”, una autentica “natura originaria”. Quando Caroline morì Friedrich Schelling aveva soli trentasei anni: quell’evento segnò per sempre la sua vita e il suo pensiero, dirottandolo verso orizzonti inattesi.
Friedrich Schelling: il filosofo della natura
Il punto centrale della parabola filosofica di Schelling era la filosofia della natura, che prese il nome di Naturphilosophie. Nell’introduzione a Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana, Schelling teorizzava che la ragione, il pensiero e la conoscenza si attribuivano in primo luogo all’essenza del pensiero spirituale. Secondo la tesi del filosofo tedesco la materia non poteva fornire un fondamento ideale per la conoscenza della Natura; l’idealismo di Schelling non cercava di dedurre la Natura dal suo fondamento materiale e neppure da quello spirituale, ma si serviva di entrambi, dell’indissociabile interazione tra i due. Attraverso il suo pensiero Schelling stava in breve decostruendo l’assunto fondamentale della filosofia moderna, secondo cui è il soggetto che conosce, quindi c’è un soggetto logico, un soggetto-indagine.
Il suo pensiero faceva derivare l’idealismo dell’Io dalla Natura, fatto che lo poneva in aperta contraddizione con i filosofi del suo tempo:
C’è un idealismo della natura e un idealismo dell’Io. Per me il primo è l’originale, il secondo derivato.
Senza utilizzare mezzi termini, Schelling affermava, in barba al pensiero dominante di fine Ottocento, che: “un universo esiste”. Ribaltava dunque l’idea di un Io che contiene in sé ogni realtà, poiché:
Potrebbe essere facilmente rovesciata se fosse realizzabile l’idea teoretica di un insieme oggettivo di ogni realtà, presente fuori dell’Io.
Da qui il pensatore tedesco inizia a teorizzare un’idea di filosofia come scienza infinita o come scienza della libertà. Sosteneva che se c’era un’interazione tra soggetto e oggetto questi dovessero essere dello stesso genere, dunque Natura e Spirito non erano contrapposti, e che fosse la filosofia a creare l’idea di una realtà esistente come limite dell’esperienza. Non doveva esserci scissione tra l’Io e il Mondo, ma collaborazione e comprensione:
L’uomo non è nato per sciupare la sua forza spirituale nella lotta contro il fantasma di un mondo immaginario.
In tal modo Schelling metteva pericolosamente in dubbio l’idea di un Soggetto costruttore della Realtà, riponeva al centro ciò che la filosofia condannata, ovvero la sensazione, il primato delle cose sensibili.
Infine teorizzava che nessuna esistenza finita ha fondamento in sé stessa, ma sempre in altro: quindi Friedrich Schelling era un ricercatore dell’Assoluto come fondamento dell’Essere. L’intuizione che guida e vincola “sensazione e fatto” veniva prima della ragione e dell’intelletto tesi, invece, a dividere.
Quindi è l’Universo esistente - ovvero la Natura - a costituire il limite di conoscenza per l’intelletto. Affermando ciò Schelling poneva in evidenza i limiti di una filosofia che riduceva ciò che esiste a ciò che sono, quindi al dominio di un soggetto morale.
La teoria dell’arte di Friedrich Schelling
Alla filosofia della natura di Schelling fece seguito l’Idealismo trascendentale, che affermava il “farsi natura dello Spirito”, derivando l’oggettivo dal soggettivo. Il pensiero del filosofo tedesco raggiunge la propria conclusione più elevata nella teoria dell’arte, secondo cui è l’arte, quindi la Bellezza, a rappresentare il punto di convergenza tra Finito e Infinito. L’arte, dunque, secondo Schelling è la manifestazione dell’Assoluto nel mondo, il tentativo di comprendere il Divino e l’inconoscibile attraverso l’unione tra pensiero cosciente e l’inconscio dato dall’ispirazione artistica. Nella conclusione del Sistema dell’Idealismo trascendentale considerava l’arte, nella sua essenza, come organo e documento della filosofia.
Schelling e il principio della malinconia
In particolare Schelling giunge a parlare della malinconia come principio e fondamento della conoscenza, intesa anche come gravità:
Questo legame, che lega tutte le cose e costituisce l’unità nella totalità, centro ovunque presente e mai circoscritto è nella natura la gravità.
Questa malinconia, intesa come gravità che ci spinge verso il basso, è in realtà un elemento fondamentale dell’esistenza, ciò che definisce la condizione ontologica dell’uomo, ovvero l’Essere consapevole della propria morte. La gravità della Natura è il suo dolore, afferma Schelling teorizzando una sorta di “male di vivere” di montaliana memoria: ma questa malinconia si mostra nell’uomo, che anch’esso parte della Natura. L’Universo si mostra nell’Essere attraverso questa forma di gravità, che è la legge che regola ogni rapporto con l’Uno transfinito ed è ciò che tiene assieme il Tutto:
Ogni vita è accompagnata da un’indistruttibile malinconia, perché ha sotto di sé qualcosa di indipendente da sé, ciò che sta sopra innalza, ciò che sta sotto attira verso il basso.
Nella malinconia vi è anche, secondo il filosofo, il principio morale dell’arte e il suo segreto: ovvero il tentativo di essere rappresentazione morente dell’unità transfinita , che Schelling individuava in una forma di arte visiva: la scultura neoclassica della Niobe. Questo pensiero il filosofo lo sintetizzava in un’espressione tedesca: Weltalter per intendere che “ogni dolore viene solo dall’essere” e dunque affermava che l’Essere fosse sottoposto a una “dinamica del divenire”, a una innegabile ontologia del divenire.
A causa di questa mancata categorizzazione razionalistica fu a lungo considerato un pensatore “contro la ragione”, mentre senza volerlo aveva già anticipato molte teorie atomistiche e persino alcuni principi della chimica moderna.
Il suo legame con l’arte, la concezione dell’Assoluto e il principio della malinconia ha fatto sì che l’Idealismo di Schelling fosse a lungo superato dal pensiero dominante di Hegel e Fichte e che lui venisse delegato all’ambito di pensatore romantico.
Soltanto ora, in tempi più contemporanei, la filosofia di Schelling viene riscoperta e valorizzata in merito a molte intuzioni che la avvicinano alla nostra realtà digitale basata sull’astrazione del reale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Friedrich Schelling: vita, pensiero e opere del filosofo della malinconia
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