

Giardini in tempo di guerra
- Autore: Teodor Ceric
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Ponte alle Grazie
- Anno di pubblicazione: 2015
Giardini in tempo di guerra (Ponte alle Grazie 2015, titolo originale Jardins en temps de guerre, traduzione di Francesco Bruno, a cura di Marco Martella) di Teodor Cerić è il memoir del poeta e critico letterario bosniaco, che nel 1992 ha lasciato la sua città natale, Sarajevo, per girare l’Europa visitando giardini particolari.
“Tutto ha avuto inizio una ventina di anni fa, nel 1994, quando già da un po’ di tempo viaggiavo attraverso il continente europeo”.
Il poeta e critico bosniaco Teodor Cerić, nel 1992 ventiduenne studente di lettere, aveva abbandonato la sua Sarajevo martoriata dalla guerra per vagabondare attraverso l’Europa senza una meta precisa vivendo di espedienti e di lavori occasionali. Durante questo periodo Teodor aveva lavorato in alcuni giardini forte dell’esperienza vissuta quando da piccolo zappava, annaffiava e rastrellava l’orto insieme al padre. Il poeta, sotto un sole che scaldava pomodori, rosai, padre e figlio, ancora rammentava la gioia e la soddisfazione che traeva da questo arduo lavoro.
“Nel nostro giardinetto assolato il mondo trovava un ordine felice”.
In questo orto alla periferia della città bosniaca il piccolo Teodor aveva imparato che vale sempre la pena piantare e curare un giardino. Sebbene Cerić avesse sempre avuto una predilezione per i piccoli giardini, a Parigi lo studente aveva lavorato nel giardino delle Tuileries. In questo giardino alla francese, situato tra il Museo del Louvre e Place de la Concorde nel I arrondissement e creato da Caterina de’ Medici (1519-1589) nel 1564, ogni mattina Cerić vedeva sorgere il sole sopra i tetti del Louvre. Nel magnifico parco, all’inizio Teodor era stato destinato alla messa a dimora dei bulbi di tulipani nelle aiuole. Il vagabondare di Cerić l’aveva condotto a Roma, dove il ragazzo aveva eletto come luogo dell’anima i giardini di Monte Caprino sul colle del Campidoglio. Era d’estate e dopo la prima visita Teodor amava ritornarvi di notte e seduto su una panchina, il suo pensiero tornava al suo dolente Paese. Tra lecci, allori, vecchi cipressi e qualche micio furtivo, il silenzio regnava sovrano. “Avevo trovato il mio piccolo paradiso” diceva tra sé. In Grecia il poeta aveva imparato da uno strano uomo, Anatholiòs Smith, un eremita che viveva in una grotta, che il vento e gli uccelli determinavano a caso la nascita dei cespugli e degli alberi che circondavano il bosco in cui abitava. L’autore con suggestive e coinvolgenti parole descrive il canto che nasce dalla terra e il piacere di prendersi cura di questi spazi incantati
“È ovunque questa musica e non si ferma mai”.
In questo affascinante volume il lettore ha la possibilità di visitare giardini noti e altri sconosciuti, dove la nostra affannata e complicata vita può concedersi una pausa. Alla fine del suo viaggio lo scrittore basandosi su una concezione romantica della natura, concepisce questi magici luoghi come rifugio dal mondo e da tutti i conflitti. Soltanto da qui è possibile ripartire, affinché il nostro pianeta diventi finalmente vivibile e abitabile. Infine, Cerić ricorda l’importanza di coltivare un giardino, perché anche l’appezzamento di terra più piccolo può salvare un’intera città.
“Non è forse questa la promessa del giardino? Non è questa la speranza più segreta dell’uomo? Tornare alla terra, fare di nuovo corpo con essa, ed essere la sua lingua”.

Giardini in tempo di guerra: Il giardino è il rifugio dell'uomo, il suo santuario
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