Nel 1933 Federico Garcia Lorca tenne una conferenza a Buenos Aires in cui spiegò, di fronte a una platea che lo ascoltava incantata, che cos’è il duende. Una parola questa che non è stata mai tradotta e che viene raccontata da Lorca come una sorta di viaggio nella cultura più profonda della Spagna.
Cos’è il duende? La risposta di Federico Garcia Lorca
Il duende, la cui origine si riferisce al dueño, in spagnolo il padrone di casa, è in realtà una forza tellurica, incontrollabile, irrazionale che tocca solo alcuni artisti e quando ciò accade l’interprete diventa, si trasforma, in un’espressione mistica e la sua interpretazione assume una potenza, un fascino, un coinvolgimento talmente forte che il pubblico viene travolto al pari dell’artista da questa forza inconosciuta.
Non si tratta di un’ispirazione, come potrebbe essere la Musa, né di una guida, come potrebbe essere quella dell’angelo; ma si tratta di una “possessione” che non ha una definizione benefica o malefica e che dunque non si può caratterizzare.
Quando però il duende si manifesta chi lo osserva riesce subito a comprenderlo e a identificarlo, senza però poterlo definire. Lorca racconta molti esempi di duende, ma la maggior parte si riferiscono a espressioni artistiche nella danza, nel canto e nella poesia. Tuttavia, il duende si può manifestare anche in altre arti, in tutta l’arte, anche se i casi più clamorosi o quelli che vengono attestati più spesso si riferiscono a espressioni fisiche, carnali, mistiche come la danza e il canto.
Gioco e teoria del duende: il libro di Federico Garcia Lorca
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Nella poesia Lorca ci riporta molti esempi non parlando, in questa conferenza, della sua poesia, di cui raramente ha parlato, ma più in generale mostrandoci alcuni esempi della poesia spagnola più difficile, nascosta, inconosciuta. Questa conferenza, che fece molto scalpore, è raccolta in un libro pubblicato da Adelphi: Gioco e teoria del duende (trad. E. Pastena, 2007).
Un libriccino tanto potente quanto breve, perché in poche pagine condensa la capacità lirica ed espressiva di Lorca che cerca di imprigionare una forza, il duende appunto, nelle sue parole, pur sapendo perfettamente che il duende non si può intrappolare in una definizione, eppure l’autore attraverso la sua celebrazione ci incanta, come deve essere stato incantato il pubblico che ha seguito la conferenza.
Federico Garcia Lorca ci trasporta in un viaggio nella Spagna profonda; la Spagna del canto popolare, del ballo andaluso, della poesia che richiama la morte, ove il duende si muove al confine con ciò che è definitivo.
E proprio mentre Lorca innalza il nostro animo attraverso questa magnifica e travolgente spiegazione, ci avverte però anche che la sua narrazione è una narrazione in cui la morte si confonde con la vita, spostandosi verso l’oblio, sempre di più, fino quasi a toccarlo e in quel momento, brevissimo e affascinante, vediamo, intuiamo, cosa significa per la cultura spagnola la “morte”.
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