

Lirica tra le meno conosciute di Charles Baudelaire, Il vino del solitario svela il carattere dissacrante e ilare del poeta francese, che qui mette alla berlina la morale tradizionale borghese e difende una sorta di edonismo, che fa il paio con un ritratto sconsolato e realistico della condizione umana.
Nell’edizione definitiva de I fiori del male, quella del 1861, la poesia Il vino del solitario di Charles Baudelaire, compare nella terza sezione, appositamente intitolata a Il vino, come componimento numero 107. Riscopriamone, allora, insieme il testo, la traduzione italiana e il significato.
Le vin du solitaire di Charles Baudelaire: il testo originale francese
Le regard singulier d’une femme galante
qui se glisse vers nous comme le rayon blanc
que la lune onduleuse envoie au lac tremblant,
quand elle y veut baigner sa beauté nonchalante;le dernier sac d’écus dans les doigts d’un joueur;
un baiser libertin de la maigre Adeline;
les sons d’une musique énervante et câline,
semblable au cri lointain de l’humaine douleur,tout cela ne vaut pas, ô bouteille profonde,
les baumes pénétrants que ta panse féconde
garde au Coeur altéré du poëte pieux;tu lui verses l’espoir, la jeunesse et la vie,
- et l’orgueil, ce trésor de toute gueuserie,
qui nous rend tiomphants et semblables aux Dieux!
Il vino del solitario di Charles Baudelaire: la traduzione italiana
Lo sguardo singolare di una donna galante
che scivola verso di noi come il raggio bianco
che la luna oscillante riversa sul lago tremolante,
quando vuol bagnare la sua disinvolta bellezza;l’ultima borsa di monete fra le dita di un giocatore;
un bacio libertino della magra Adeline;
il suono di una musica snervante e languida,
simile al grido lontano dell’umano dolore,tutto questo non vale, o bottiglia profonda,
gli aromi penetranti che il tuo ventre fecondo
custodisce per il Cuore straniato del poeta pio;tu gli dai la speranza, la giovinezza e la vita,
– e l’orgoglio, questo tesoro di tutte le miserie,
che ci rende trionfanti e simili agli Dei!
Analisi e significato della poesia Il vino del solitario di Charles Baudelaire
Già il titolo, oltre al vino chiama in causa un anonimo solitario: non sappiamo chi sia e anche i versi non riveleranno molto di lui: possiamo, allora, immaginare che potrebbe trattarsi di un qualunque cittadino della capitale francese, ma anche del poeta stesso, che fu costretto a confrontarsi con lo spettro della solitudine fin dalla più tenera età, quando ad appena sei anni perse il padre.
In prima battuta l’attrazione per il vino, come per gli altri facili piaceri descritti nel componimento, potrebbe considerarsi un mezzo per lenire quel dolore e quella fatica del vivere tutta umana che Charles Baudelaire osservava nei suoi contemporanei e ritrovava nella sua interiorità.
Più e oltre che questo il vino, l’hashish, le prostitute sono quei fiori del male che il poeta osserva nella patinata metropoli in cui si aggira, i fiori che il poeta vuole cogliere e coltivare, non solo per sbeffeggiare i benpensanti e i bigotti, ma per assurgere a una sorta di beatitudine pagana, una sorta di Paradiso artificiale dove l’uomo possa trovare e rifugio e consolazione dallo spleen che affligge la sua esistenza.
Baudelaire, però, non era un alcolizzato: dopo aver cantato l’ebbrezza, in uno dei suoi poemi in prosa, canta qui il vino con un tono iperbolico che tradisce tutta la sua leggerezza e lo ricollega a una linea che trova la sua origine in Rabelais, dove l’elogio del vino coincideva con la lode di una ricerca del sapere gioiosa e disinteressata, tipica del Rinascimento.
Il vino, come le altre tentazioni, diviene, allora, fonte di ispirazione poetica che permette di reinventare una perduta felicità: la sua esaltazione enfatica non è una sciatta e banale professione di libertinismo, ma la glorificazione di ciò che consente alla singolarità del poeta di affermarsi, esprimendo quell’orgoglio che gli offre l’occasione per competere con gli dei.
Dal punto di vista sintattico ci troviamo di fronte a un unico periodo che si dispiega lungo tutto il componimento, proprio per questo occorre fare attenzione alla costruzione del testo: la proposizione principale la ritroviamo, infatti, solo al verso 9 che inizia ricapitolando (“tutto questo”) il lungo elenco dei versi precedenti.
Cosa troviamo, allora, in questa articolata enumerazione presente nella prima metà del testo de Il vino del solitario? Un catalogo di sottili piaceri sensuali, le varie trappole – il sesso, il gioco, la musica, la sofferenza – della grande città in cui può imbattersi il passeggiatore solitario e di cui, poi, il poeta dichiarerà l’inferiorità, rispetto al vino.
La prima quartina è tutta dedicata allo sguardo singolare di una donna galante, il poeta insiste molto su questa prima figura, paragonandola alla luna che volge un suo raggio in un lago. Baudelaire sottolinea qui la fatalità, connotata da un’evocativa lentezza, con cui lo sguardo ricade sull’ignaro passante, sottintende così il potere irresistibile degli occhi femminili e la debolezza connaturata all’uomo, che non può resistergli.
Seguono nella successione una brevissima descrizione del giocatore d’azzardo, gettatosi in una situazione drammatica perché sta sperperando anche il suo ultimo sacchetto di monete; poi il bacio di una smunta prostituta e una musica irritante che sembra venire da una dimensione altra (“lontano” v. 8): è l’interiorità dove si consuma con sordi rantoli e ossessive lagnanze il dolore umano.
Nel percorso descritto nelle prime due quartine si dispiega un movimento evidente: osserviamo una decrescita del pericolo rappresentato dalle diverse tentazioni ma il punto d’arrivo non si colloca nello spazio, quanto piuttosto nell’interiorità dell’uomo, è il suo dolore, motivo essenziale di tutta la raccolta che anche qui, ne Il vino del solitario, è collocato in posizione strategica, a conclusione della prima parte del componimento.
Come già anticipato, però, tutti questi abbaglianti diversivi sbiadiscono di fronte alla “bottiglia profonda” (v. 9), a quel vino che il poeta, in barba ai morigerati costumi dei benpensanti, considera, con sagace umorismo o, almeno, con compiaciuta leggerezza, come il piacere supremo. È questo il vero soggetto del componimento: gli aromi penetranti dell’alcol che la bottiglia, invocata e personificata come una donna, custodisce nel suo ventre, per lenire la sensibilità fragile del poeta che viene definito “pio” (v. 11), con evidente capovolgimento dei valori tradizionali.
Ciò è confermato anche subito dopo, quando i versi chiariscono i doni recati dal vino “speranza, giovinezza e vita”, posti lì come una trinità tutta mondana che, poi, viene coronata dall’orgoglio. Se il cristianesimo ne ha sempre predicato il disprezzo e l’ha considerato un peccato capitale, oltre che un vizio, Baudelaire lo esalta come l’attributo più irrinunciabile per il poeta, un tesoro che lo allontana da tutte le miserie, gli assicura il trionfo e, nell’iperbole finale, ancor più radicale, lo assimila agli dei.
Analisi metrica e stilistica della poesia
Il vino del solitario è un sonetto composto da quattro strofe: due quartine e due terzine di alessandrini, il verso nobile francese per eccellenza che, in quella lingua, si compone di due esasillabi giustapposti. In altri termini ogni verso è composto di due parti, dette emistichi, ciascuna di sei sillabe. Lo schema rimico adottato è altrettanto tradizionale: le quartine presentano una rima abbracciata, le terzine presentano due distici e un terzo verso che rima con il terzo verso della terzina successiva (ABBA CDDC EEF GGF).
Nonostante la presenza di un unico periodo la punteggiatura svolge qui un ruolo di fondamentale importanza: da sottolineare in particolare l’uso frequente del punto e virgola che, nelle prime due quartine, scandisce la disamina dei piaceri, mentre nella parte finale del componimento separa le due terzine, conferendo all’ultima un significato autonomo.
Dal punto di vista stilistico è particolarmente originale la soluzione che Charles Baudelaire adotta nella prima strofa dove molti sostantivi sono sostituiti da aggettivi (la luna è “oscillante”, il lago “tremolante”, la bellezza “disinvolta”): il poeta riesce così a tratteggiare un paesaggio idilliaco, dal sapore romantico, dove descrive la bellezza della natura nella notte.
Altro elemento di particolare interesse è il tono enfatico che assume tutta la lirica: attraverso l’elenco proposto nelle prime due quartine il poeta vuole dimostrare – riuscendoci solo nella parte finale del componimento, quindi acuendo l’effetto drammatico – che nulla, neanche i piaceri più raffinati, possono eguagliare il godimento provocato dal vino.
Per quanto riguarda le figure retoriche presenti nel testo segnaliamo:
- la similitudine (v. 2) che avvicina lo sguardo della donna galante a un raggio di luna;
- la personificazione (v. 9) della bottiglia, alla quale il poeta si rivolge con il vocativo, come parlasse a un interlocutore;
- la metafora (v. 10) del “ventre fecondo” con la quale si allude al corpo della bottiglia e si rafforza la personificazione;
- l’iperbole finale (v. 14) con la quale il poeta, ebbro e orgoglioso, si pone allo stesso livello degli Dei e che, grazie alla sua particolare posizione, restituisce nel modo più compiuto il senso dell’intero componimento.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il vino del solitario”: la poesia di Charles Baudelaire sulla fatica di vivere
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia News Libri Storia della letteratura Charles Baudelaire
Lascia il tuo commento