Gli angeli sterminatori
- Autore: Gian Piero Milanetti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
“Cecchine”, altro che cecchini! I tiratori scelti migliori erano donne, avevano più pazienza e autocontrollo, affrontavano meglio le condizioni di stress e sopportavano il freddo più agevolmente. Lo sostiene Henry Sakaida, esperto californiano di storia militare russa, nella prefazione che apre il libro di Gian Piero Milanetti sulle soldatesse specializzate sovietiche nella seconda guerra mondiale. Una storia incredibile ma vera quella che il giornalista romano, ricercatore e anche valido musicista, racconta in un raro volume fotografico, “Gli Angeli Sterminatori”, pubblicato di recente da IBN, Istituto Bibliografico Napoleone di Roma (pp. 184, euro 18,00).
È un nuovo contributo di Milanetti sulle donne impegnate nella guerra patriottica dell’URSS, inesorabili fuciliere di precisione a distanza. Ma non si pensi a virago tutte muscoli e coi volti scolpiti, si trattava in gran parte di giovanissime dall’aspetto gradevole, talvolta perfino delicato. Specialiste addestratissime, capaci, motivate. Combattenti implacabili e tecnicamente inarrivabili, come Ljudmila Pavlichenko, soprannominata “Lady Morte”, accreditata di 309 centri accertati, compresi 36 franchi tiratori tedeschi. Si può considerare la più grande cecchina di tutti i tempi, celebrata da un film russo del 2015 e prima ancora da numerose ballate popolari e canzoni.
L’angelo per antonomasia è stata Roza Shanina, (la deliziosa soldatessa ripresa in copertina), ragazza moscovita avvenente, biondissima, dai lineamenti estremamente regolari. Una vera fatina delle favole, ma dispensava morte infallibilmente quando inquadrava un bersaglio umano nel telescopio del suo fucile Mosin-Nagant 1891/30. Occupa solo il 27° posto nella classifica delle cecchine, ma è la più nota, insieme a Pavlichenko, anche per la sua straordinaria bellezza.
Quando Roza venne ferita a morte, il 27 gennaio 1945, aveva solo 21 anni. Agiva sul terzo fronte bielorusso, in coppia con la sua osservatrice, Zinaida Shmefyova. Le osservatrici dovevano confermare il colpo andato a segno e prima ancora aiutare a individuare i bersagli col binocolo, che consentiva un campo visivo più ampio di quello inquadrato dalla lente del cannocchiale montato sull’arma della tiratrice, con capacità di ingrandimento minore. La stessa Shmefyova era un cecchino, 71a in graduatoria, con 29 soldati e ufficiali tedeschi uccisi.
Nella seconda guerra mondiale, le soldatesse combattenti - volontarie e reclute adolescenti - sono state una particolarità esclusiva dell’Unione Sovietica. Gli Alleati usarono migliaia di giovani ragazze in ruoli militari, escludendo tuttavia l’impiego operativo e limitandolo a ruoli amministrativi e sanitari. Del resto, è proprio nella regione tra il fiume Don e le montagne del Caucaso che agivano le leggendarie amazzoni, come risulta dai ritrovamenti di scheletri femminili in tombe risalenti al secondo terzo secolo prima di Cristo: donne guerriere, sepolte con spade, corazze, lance, archi e frecce.
Già nella Grande Guerra, un reparto organico femminile, le trecento del primo Battaglione della Morte, affrontò e respinse i tedeschi nel marzo 1917, in Bielorussia.
Nella guerra successiva, presero le armi in terra, aria e mare tra le 800.000 e il milione di russe di ogni provenienza, per non parlare delle partigiane, su un totale di 10 milioni di arruolati. L’uguaglianza dei sessi sancita dal comunismo aveva il suo peso, oltre alle perdite spaventose subite dopo l’invasione tedesca. In alcuni casi le donne erano inquadrate in unità esclusivamente femminili ma anche inserite nei ranghi dell’Armata Rossa. Pagarono un forte tributo di sangue per la vittoria e in 200.000 vennero decorate, ma si è parlato sempre troppo poco di loro (parte dell’opinione pubblica rimproverava alle donne in divisa d’essere state mogli di guerra, di aver fatto sesso coi commilitoni, spesso sposati, o di aver voluto).
Ancora meno è stato scritto sulle donne cecchino, altra specialità assolutamente esclusiva dei russi: poco meno di duemila abilissime tiratrici scelte che seminarono il panico tra i tedesche e uccisero 20.000 soldati nemici, secondo alcune stime.
La bellezza di Roza e altre spicca nelle tante foto tra le tantissime che corredano i testi e sono illustrate da esaurienti didascalie. Immagini in bianconero, su carta patinata, che provengono dal Museo Nazionale di Kiev, insieme ai documenti consultati dall’autore.
Dunque le soldatesse erano giovanissime. La gran parte aveva 20-22 anni. La scuola centrale femminile di addestramento per cecchine operò tra il 1943 e il 1945 a Podolsk, in un distretto confinante con quello di Mosca. Preparò 1885 tiratrici scelte. Ben 342 ottennero decorazioni al merito. Insieme, le diplomate da quell’istituto uccisero l’equivalente di un’intera divisione di nemici.
Un contributo eccezionale alla guerra contro il nazismo. E dire che, prima dei tedeschi, si trovavano a fronteggiare gli sguardi scettici dei commilitoni maschi. E le loro battute ironiche o decisamente volgari.
“Siete venute per combattere o per...?”
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