Guido Gozzano (1883-1916) è stato un poeta e scrittore italiano. Morto a soli 32 anni di tubercolosi polmonare, è stato associato al post-decadentismo e al crepuscolarismo per la sua poesia intimistica, attenta alle "buone cose di pessimo gusto". Tuttavia, Gozzano è esempio di quanto spesso sia complesso e rischioso incastonare un autore in una corrente letteraria. La sua immagine riservata, aristocratica, gentile e sorridente, mai sguaiata, entra in realtà in conflitto con alcuni episodi della sua vita, così come la sua conformità al crepuscolarismo non parte dal rifiuto di D’Annunzio, ma da una sua iniziale imitazione e dal suo consapevole superamento successivo, dovuto in parte alla scoperta di Pascoli.
Scopriamo insieme vita, opere principali e poetica dell’autore.
Vita e opere di Guido Gozzano
Guido Gozzano nasce il 19 dicembre 1883 ad Agliè, in provincia di Torino, in una famiglia dell’alta borghesia piemontese (il padre Fausto, ingegnere, aveva sposato dopo la morte della prima moglie Diodata Mautino, futura madre di Guido). Gli studi del poeta sono piuttosto travagliati: bambino svogliato, ha bisogno di un’insegnante privata per terminare le elementari; al liceo viene prima bocciato, poi trasferito in un collegio e infine torna a Torino, dove consegue la maturità nel 1903.
Nel 1900 il padre Fausto muore di polmonite e un anno dopo, in occasione della ricorrenza, Gozzano scrive la sua prima poesia nota, dedicata alla madre: Primavere romantiche.
Iscritto a Legge, Gozzano iniziò a frequentare i corsi di letteratura di Arturo Graf e la Società della Cultura, un circolo fondato nel 1898 da alcuni tra i più importanti intellettuali piemontesi (Luigi Einaudi, Guglielmo Ferrero, Gaetano Mosca...) che consisteva in una sorta di biblioteca fornita delle pubblicazioni più recenti, con una sala di lettura e una per le conferenze. Il circolo, che si ispirava a un’idea positivistica di circolazione della cultura legata al dibattito e allo scambio, era frequentato, tra gli altri, da Massimo Bontempelli, Gustavo Balsamo Crivelli, Zino Zini, Achille Loria e, più raramente, Pirandello. Lo studio quieto e silenzioso dei soci viene presto turbato da una "matta brigata" di giovani chiassosi, capeggiata da Gozzano.
Il poeta non apprezza particolarmente il circolo, che si rivela però fondamentale per la sua formazione e la sua carriera. La sua iniziale vicinanza a un decadentismo ribelle si trasforma col tempo in una più attenta e profonda attenzione al valore poetico, aiutata da Graf e dall’influsso di Pascoli, ma anche dai moderni poeti francesi e belgi (Jammes, Maeterlinck, Laforgue, Rodenbach, Prudhomme).
Alla Società di Cultura Gozzano conosce anche Amalia Guglielminetti, con cui inizierà una relazione tormentata.
Nel 1906 Gozzano è all’opera per raccogliere i suoi lavori, tra selezioni, correzioni, rielaborazioni ed espunzioni. Da questo intenso lavoro nasce la raccolta La via del rifugio, che riscuote subito un discreto successo di critica, seppur con alcune eccezioni.
Il successo ricevuto è presto turbato dalla diagnosi di una lesione polmonare (che si rivelerà dovuta alla tubercolosi). Nella speranza di guarirla, Gozzano inizierà a spostarsi alla ricerca di climi caldi e marini, in particolare in Liguria.
Nel 1911 esce il suo libro più importante: I colloqui (a questa raccolta appartiene la famosa poesia La signorina Felicita ovvero La felicità). L’acclamato successo di critica spinge riviste e quotidiani importanti (tra cui "La Stampa", "La Lettura" e "La Donna") a chiedere al poeta di collaborare, pubblicando prose e poesie.
Nel 1912, sempre più gravemente ammalato, Gozzano decise di imbarcarsi per l’India alla ricerca di un clima migliore. I tre mesi di crociera non migliorarono le condizioni di salute del poeta, ma si rivelarono comunque utili dal punto di vista produttivo: i testi scritti saranno poi raccolti e pubblicati postumi dai Fratelli Treves con il titolo Verso la cuna del mondo. Lettera dall’India.
Muore nel 1916.
La poetica di Guido Gozzano
La triste e precoce consapevolezza della propria morte trapela molto presto nelle poesie di Gozzano, ma è sempre filtrata con distacco ironico. Con questa certezza dolorosa, unita al senso della malattia e alle delusioni amorose è costretto a scontrarsi un altro elemento tipico della produzione del poeta: il suo romantico desiderio di amore e felicità, raggiungibili nelle "cose piccole", quotidiane e serene.
La sua poesia scorre così costantemente su un doppio binario in cui aulico e prosastico si intrecciano, "facendo scintille" (come dirà Montale).
Per i temi trattati Gozzano è stato assimilato alla poetica crepuscolare, intessuta di piccolo e quotidiano e caratterizzata dall’impossibilità di vivere una vita attiva e dalla necessità di allontanarsi dalla società. Pur condividendo questi elementi, la poesia di Gozzano si differenzia dalla produzione crepuscolare per il tono sempre ironico e distaccato.
Il rifiuto dell’altisonante poetica dannunziana, altro elemento crepuscolare tipico, in Gozzano viene piuttosto visto come segno di un superamento e di una rielaborazione del modello sublime, senza rifiutarlo a priori.
Tra i temi ricorrenti dal punto di vista spaziale si trova Torino, città amata a cui il poeta si sente aderente. La partecipazione all’ambiente borghese e cittadino appare però sempre filtrata da ironia e nostalgia, quasi il poeta fosse più legato a una Torino antica e polverosa, ormai perduta.
All’altro polo spaziale si trova invece la campagna canavesana, con i suoi scorci paesaggistici. La città può essere amata e rimpianta nostalgicamente, ma non ha risposte: "la sola verità buona a sapersi" risiede nella natura.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Guido Gozzano: vita, opere e poetica
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