Solferino nella sua collana “Saggi” pubblica Ho scelto la vita. La mia ultima testimonianza pubblica sulla Shoah (2021, prefazione di Ferruccio de Bortoli, a cura di Alessia Rastelli, pp. 144) di Liliana Segre. Viene qui raccolto il testo integrale dell’ultimo discorso pubblico della senatrice a vita, sopravvissuta ad Auschwitz-Birkenau, pronunciato davanti ai ragazzi il 9 ottobre 2020 presso l’Associazione Rondine di Arezzo e l’intervista rilasciata ad Alessia Rastelli apparsa il 30 agosto 2020 sul “Corriere della Sera” in vista dei novant’anni di Liliana Segre.
“Cari ragazzi, tocca a voi. Prendete per mano i vostri genitori, i vostri professori. In questo momento d’incertezza prendete per mano l’Italia”.
Ho scelto la vita. La mia ultima testimonianza pubblica sulla Shoah
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Nel volume, i cui proventi dei diritti d’autore saranno interamente devoluti in beneficenza, sono presenti anche altre parole, immagini, ricordi della senatrice a vita, dal lager fino a oggi, con proposte di approfondimento e un percorso cronologico.
Nella Prefazione del saggio Ferruccio de Bortoli, Presidente onorario della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, tra le altre cose scrive:
“La memoria è un atto di giustizia postumo ma è soprattutto un’orazione civile senza la quale si perde la direzione della Storia e si smarriscono anche le stesse ragioni per le quali siamo insieme, come famiglie, come comunità. Senza memoria il destino è segnato dagli altri. E non sono mai i migliori. Anche per questa ragione non smetteremo mai di ringraziare Liliana per il suo coraggio e per la sua giovanile forza”.
Una mattina di ottobre del 2020 ad Arezzo presso l’associazione Rondine Cittadella della Pace, organizzazione creata nel 1998 da Franco Vaccari, accompagnata dal giornalista e scrittore Ferruccio de Bortoli, Liliana Segre ha pronunciato il suo ultimo discorso pubblico. Infatti, da trent’anni la superstite della Shoah davanti a migliaia di studenti in centinaia di scuole ha dato il proprio contributo, cioè il dovere di testimoniare per difendere e preservare la Memoria.
“Siete idealmente i miei nipoti. E siete fortissimi”.
Di fronte a quei giovani che arrivano da Paesi in conflitto e alla guerra sostituiscono il dialogo e la fratellanza, la senatrice ha ripercorso il suo personale calvario dopo essere stata deportata insieme al padre, il 30 gennaio 1944, dal binario della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, raggiunto dopo sette orribili giorni di viaggio, qui fu subito separata dal padre, che non rivide mai più e che poi morì il 27 aprile 1944. Un dolore indicibile abbandonare per sempre “la mano sacra” paterna. Dare l’addio anche al proprio nome, perché “non interessa a nessuno, voi d’ora in poi sarete un numero”: il 75190, “così ben fatto che dopo tanti anni il mio si legge ancora perfettamente”. Cercare di sopravvivere in quel girone infernale fatto di odio, sopraffazione e spersonalizzazione, sognare la libertà oltre quei confini e decidere di scegliere la vita quando, crollato il regime nazista e gli aguzzini in fuga, la giovane Liliana non raccoglie una pistola abbandonata per terra e decise di non uccidere il feroce comandante dell’ultimo campo, rimasto in mutande per fuggire.
“Fu un attimo importantissimo, decisivo nella mia vita. Capii che mai, per nessun motivo al mondo, avrei potuto uccidere qualcuno. Capii che io non ero come il mio assassino. Non ho raccolto quella pistola e da quel momento ho finito sempre così, negli anni, la mia testimonianza, sono diventata quella donna libera e quella donna di pace che sono anche adesso”.
Durante l’intervista rilasciata ad Alessia Rastelli nella sua casa di Pesaro, alla vigilia dei suoi novant’anni, Liliana Segre, quando la giornalista le ha domandato se era mai tornata ad Auschwitz, è stata categorica:
“No, non ci tornerò, perché non lo reggo. Anche se mi dispiace moltissimo, perché lì ho perso le persone più care. Mio padre è stato la figura più importante della mia vita. Mia madre Lucia è morta quando avevo un anno e mezzo, così lui è stato tutto. Mi ha amato e io lo ho amato con tutta me stessa. Resta il grande nodo irrisolto della mia vita. Il dolore più grande del mondo ce lo siamo dati reciprocamente: io per la sua perdita, lui perché quando ha lasciato la mia mano sulla rampa di Auschwitz-Birkenau, non credo pensasse che ce l’avrei mai fatta. Avevo 13 anni. Ricordo ancora il mio ultimo compleanno prima del lager, due giorni dopo l’8 settembre 1943”.
A conflitto finito, tornata alla cosiddetta vita normale, Liliana Segre fu salvata “dall’amore e dallo studio”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ho scelto la vita” di Liliana Segre: il dovere della memoria
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