I guerrieri-lupo nell’Europa arcaica
- Autore: Christian Sighinolfi
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2011
Con I guerrieri-lupo nell’Europa arcaica (il Cerchio, 2011), lo studioso Christian Sighinolfi si è posto un obiettivo difficile: analizzare la figura dell’uomo-lupo nelle culture indoeuropee. Un breve testo non poteva risolvere la questione, ma il libro offre degli spunti interessanti per proseguire i confronti antropologici e le ricerche.
Nell’epopea di Gilgamesh appare un personaggio a metà tra l’uomo e la bestia: Enkidu, coperto di peli e capace di comunicare con gli animali. Egli vive separato dalla comunità e ha dei tratti inquietanti che terrorizzano chi lo incontra. Ma nelle tradizioni dei popoli del mondo ci sono molti altri esseri che vivono nell’incrocio tra l’umano e il ferino.
Il ricercatore Christian Sighinolfi ha cercato di indagare alcuni casi di uomini-bestia riscontrabili presso gli indoeuropei con un libro: I guerrieri-lupo nell’Europa arcaica. Aspetti della funzione guerriera e metamorfosi rituali presso gli indoeuropei (il Cerchio 2011).
All’inizio di questa recensione abbiamo citato Enkidu, e la sua storia potrebbe farci pensare al passaggio di un umano da uno stato animale/primitivo alla civilizzazione, ma l’analisi dei profili degli uomini-lupo in Europa dimostra invece come essi fossero il risultato di realtà sociali complesse. Quella di guerriero-lupo era una condizione sociale e giuridica che poneva delle distinzioni nette rispetto ai normali uomini in armi e agli eserciti disciplinati,i guerrieri-lupo erano infatti connotati come pericolosi e inaffidabili anche per il popolo per cui combattevano.
Il primo capitolo, dedicato ai berserkir (singolare berserkr) nordici, è il più ricco e il più interessante. La lettura di questo studio richiede una premessa importante sulle fonti disponibili: anticamente le popolazioni germaniche non conoscevano la scrittura, eccezion fatta per i simboli magico-rituali delle rune, quindi le saghe norrene sono state trascritte solo con l’introduzione del Cristianesimo, e inoltre si deve sempre tenere in considerazione che le conoscenze in nostro possesso sulla religione e la mitologia dei popoli germanici si basano su ciò che ci hanno lasciato i Germani settentrionali. Ciò detto, l’autore è comunque riuscito a compiere dei confronti e delle disamine antropologiche molto interessanti.
“Berserkr” è un vocabolo formato da bera “orsa” e serkr “camicia, veste senza maniche, abito militaresco”; i berserkir sono popolarmente conosciuti come combattenti selvaggi e incontrollabili, che in preda al delirio guerriero arrivavano a mordere i loro scudi. Olao Magno (1490-1557) nella sua descrizione delle culture scandinave non pone praticamente distinzioni tra il guerriero-lupo e il lupo-mannaro: nella mitologia nordica il lupo era considerato un animale che simboleggiava ciò che era negativo, l’essere malvagio per eccellenza che abitava nelle tenebre.
Spesso gli era attribuito il colore grigio, frequentemente collegato a entità appartenenti al mondo delle forze del male:
Il significato del termine antico nordico vargr “lupo” indica, infatti, il malfattore e “vargr í vérum” è l’antica formula che definiva il malvivente e il proscritto”. In Islanda il berserkr non solo non godeva della capacità giuridica, ma poteva anche essere ucciso impunemente da chiunque, infatti, colui che ammazzava un berserkr non poteva essere sanzionato penalmente.
Il guerriero lupo, quindi, in alcuni contesti era considerato una minaccia anziché una risorsa militare e forse non è nemmeno del tutto da buttar via la fantasia esposta dal regista John McTiernan nel film Il tredicesimo guerriero (1999), tratto dal romanzo Mangiatori di morte (1976) di Michael Crichton, in cui degli uomini-orso sono raffigurati come una tribù/setta separata e temuta dai Norreni.
Il berserkr, però, era un solitario ed entrava a far parte del gruppo dei suoi simili solo se scapolo, anche se talvolta poteva contrarre matrimonio. L’aspetto terribile del berserkr, la sua conflittualità con il “mondo civilizzato” ed il conseguente timore che evocava negli uomini comuni facilitarono la conversione degli scandinavi al Cattolicesimo: spesso i missionari sfidavano i guerrieri-bestia sottoponendoli a delle prove e li uccidevano, spingendo interi villaggi ad abbracciare la nuova Religione.
Il secondo capitolo affronta il tema dei cinocefali longobardi, menzionati dalle fonti come “cani folli, infuriati”, consacrati a Godan/Odino come i bersekir.
Ma la faccenda potrebbe essere diversa: con una furba strategia propagandistica, i Longobardi facevano credere ai loro nemici di avere nel loro esercito uomini crudeli con la testa di cane.
Questi cinocefali erano presentati come ossessionati dal sangue a tal punto che se non riuscivano a trangugiare quello del nemico si abbeveravano direttamente ai loro stessi corpi, e per dare credito a queste dicerie si arrivava ad aumentare il numero di tende negli accampamenti e ad accendere molti fuochi, spingendo subito gli avversari alla resa.
La seconda parte del libro cerca di rintracciare il guerriero-lupo in altre culture indoeuropee, completando un quadro più ampio passando per i Celti, la Roma arcaica, il Licaone della Grecia antica e le confraternite guerriere dell’Asia Minore.
Spiace che l’autore non abbia pensato a un confronto con la follia di Yvain ne Il cavaliere del leone di Chrétien de Troyes, cioè con il passaggio del poema medievale in cui il paladino di Artù impazzisce dal dolore e fugge nei boschi, trasformandosi in una specie di cacciatore-bestia che si nutre solo di selvaggina.
Va detto che l’obiettivo dell’opera di Sighinolfi era molto ambizioso e soprattutto difficile da esaurire nelle pagine del volume, che si presta però a ispirare ulteriori ricerche.
I guerrieri-lupo nell'Europa arcaica. Aspetti della funzione guerriera e metamorfosi rituali presso gli indoeuropei
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