Il Gavia in guerra e in pace
- Autore: Bepi Magrin
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Passo Gavia, lo conosciamo come una delle scalate più dure del ciclismo moderno, insieme al Mortirolo e al Colle dell’Agnello. Ma il valico alpino lombardo (2652 metri di quota) è entrato nelle cronache della Grande Guerra, cento anni e più addietro, come alta e contesa antemurale dell’altissima e contesissima Punta San Matteo (3678 metri), la vetta più elevata in cui si è combattuto in montagna nel 1915-18. La casa editrice padovana il Prato, nella collana Vita di Guerra, propone un volume dello stesso curatore, Bepi Magrin: “Il Gavia in guerra e in pace” (aprile 2017, 144 pagine, 20 euro).
Il grande vecio Giuseppe Magrin, detto Bepi, già ufficiale superiore degli Alpini, vanta molte decine di pubblicazioni di storia, vicende belliche e alpinismo. In questa segue una traccia che lo porta a descrivere geo-turisticamente la strada verso il valico sulle Alpi Retiche meridionali, ma anche gli intensi episodi di guerra, che sia pure con truppe necessariamente poco numerose hanno interessato il settore di confine austroungarico. Spazio anche ai protagonisti di quegli eventi, ufficiali, sottufficiali, soldati, penne nere.
Magrin ha attinto, tra l’altro, alle memorie di combattenti del Battaglione alpino Valtellina, impegnato in zona e propone integralmente il diario di guerra dell’alpino Giacomo Perico, Battaglione Tirano, V Reggimento Alpini, attendente del bravo capitano Arnaldo Berni.
Questo ufficiale, elegante ventiquattrenne mantovano, è un po’ il simbolo di tutti i combattimenti in Alta Valtellina. Berni non aveva fatto in tempo a laurearsi quando venne chiamato alle armi, nel 1915, allo scoppio della guerra. Corso allievi ufficiali di complemento a Modena, gradi di sottotenente entro la fine dell’anno, specialità truppe alpine, assegnazione al Battaglione Tirano.
A soli 21 anni prese parte alla conquista di quota 2931 del Monte Scorluzzo. L’anno seguente, 1916, combattè sul passo dell’Ables e poi sul Monte Cristallo (3434 metri), tutte asperità del Gruppo montuoso Ortles-Cevedale, che garantivano agli italiani di occupare posizioni strategiche in alta quota davanti agli austriaci.
Berni aveva acquisito una grande competenza in quella difficile e specialissima guerra in alta montagna e prese parte nell’estate del 1918 alla presa di Punta San Matteo, che munì prontamente a difesa con i suoi uomini della compagnia sciatori Monte Ortler.
La mattina del 3 settembre, appena due mesi prima della fine delle ostilità, truppe scelte di montagna austriache scatenarono un contrattacco sul San Matteo. Grossi calibri sconvolsero la cima ghiacciata, demolendo gli apprestamenti e falcidiando la già ridotta guarnigione. Con gli ultimi difensori - scrive Bepi Magrin, sulla base della testimonianza di Perico - il capitano mantovano azionò la mitragliatrice fino all’ultima cartuccia, poi rimase travolto dal cedimento di una parete di ghiaccio, mentre cercava di raggiungere un lanciabombe Stokes, da usare contro i kaiserschutzen che stavano superando i reticolati. Berni precipitò. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.
La posizione venne così rioccupata dagli imperiali, che vi rimasero fino al 3 novembre 1918. Fu l’ultimo episodio rilevante della guerra “alta”, tra lo Stelvio e il Gavia. Il 13 agosto successivo, familiari e commilitoni posero sulla cima del San Matteo una lapide di marmo:
Alla gloria del capitano Arnaldo Berni e dei fratelli soldati d’Italia che col loro sangue consacrarono questa vetta contesa e da essa nel sepolcro di ghiaccio
vegliano sulle Alpi riconquistate e sulla Patria libera.
A Berni è dedicato il rifugio che sorge a ridosso del Passo Gavia e questo ci fa tornare agli itinerari turistici ed ai percorsi stradali suggeriti dall’autore. Ma la sua attenzione è rivolta soprattutto agli eventi bellici.
Tra i non pochi motivi di curiosità che rendono indubbiamente valido questo libro composito e ricco di illustrazioni d’epoca in bianconero, spiccano le pagine dell’alpino Perico. Fin dalle prime righe del diario, si apprende di un singolare incontro tra nemici, che ha uno svolgimento tutto suo. La guerra ha tanti volti, alcuni sorprendenti, imprevedibili.
Con cinque compagni della 113a Compagnia e la guida Giuseppe Compagnoni, durante una ricognizione sotto la Punta del Vioz incappò allo scoperto in una pattuglia nemica che scendeva dal Cevedale. Si sentivano perduti, ma la guida si mise a ridere, raccomandò di non sparare e messo il cappello sulla punta della piccozza lo fece ruotare tre volte. Gli “altri” risposero allo stesso modo e proseguirono verso una capanna. Quando gli alpini la raggiunsero, le due guide capopattuglia si abbracciarono e tutti i soldati, italiani e austriaci fecero colazione assieme. Si salutarono impegnandosi a restare sempre amici.
Su queste cime era sempre regnata la pace e non si poteva lordare col sangue il bianco mantello di neve.
Il Gavia in guerra e in pace
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