Il caso Elisa Claps. Storia di un serial killer e delle sue vittime
- Autore: Armando Palmegiani, Fabio Sanvitale
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Indossava un maglione bianco fatto a mano, jeans blu e sandali ad occhio di bue, Elisa Claps, quando scomparve a Potenza, il 12 settembre 1993. C’erano un maglione chiaro all’uncinetto, jeans scuri e sandali ad occhio di bue addosso allo scheletro minuto rinvenuto in un sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità, in centro, il 17 marzo 2010, diciassette anni dopo, uno in più dell’età di quella ragazza di un’onesta famiglia potentina al momento della scomparsa (e morte immediata).
Elisa non era più rientrata a casa una domenica mattina come tante. Era stata fagocitata da quella città, sepolta dai “si dice” e “non si dice”, uccisa tante e tante volte da ritardi, esitazioni, coperture, cautele eccessive nei confronti di qualcuno sul quale si erano subito rivolte le attenzioni di tutti.
Una vicenda nata come la storia di una scomparsa è diventata col tempo “un rompicapo”, come pochi altri casi di cronaca nera, riconosce il fratello Gildo, a quasi dieci anni dal ritrovamento. Sua la prefazione al volume-inchiesta Il caso Elisa Claps. Storia di un serial killer e delle sue vittime (Armando Editore, 2019) di due esperti abituati a scrivere a quattro mani, in collaborazione tra loro. Armando Palmegiani, 54enne, è docente di criminologia clinica, psicopatologia forense e scena del crimine alla Sapienza di Roma. Fabio Sanvitale, maggiore di un anno, è giornalista investigativo, scrittore e rievocatore di cold case.
Da soli vantano numerose pubblicazioni e insieme hanno all’attivo una buona serie di volumi su casi famosi e vicende penali.
Quello della ragazza “non" sepolta in una chiesa ha diversi protagonisti. Innanzitutto Elisa, una sedicenne buona, semplice, con tutta la vita davanti se non avesse incontrato quella mattina uno spasimante che la inquietava, Danilo Restivo, ora condannato in via definitiva a 30 anni di carcere in Italia, mentre ne sta scontando 40 in Inghilterra, perché nel 2002 ha ucciso con le stesse modalità (aggressione violenta e improvvisa con forbici o lama) una vicina di casa nel Dorset, la sarta Heather Barnett.
In questa vicenda, però, per diciassette anni, con Elisa è morta la verità, soffocata da un complice: una città intera, Potenza, un grumo di sussurri. Una comunità cittadina e una più ristretta cerchia parrocchiale hanno rifiutato di assumere un ruolo. Chi non sapeva ha preferito non chiedere e chi sapeva ha fatto finta di niente. Neanche pochi! In varie fasi dei diciassette anni, almeno quindici persone erano a conoscenza della localizzazione dei resti di Elisa, ma non hanno aperto bocca. Non un cenno, nemmeno un messaggio vilmente anonimo nella cassetta di una famiglia lasciata a soffrire il tormento dell’incertezza.
Una mamma ha continuato a non avere una tomba davanti alla quale piangere la figlia uccisa poco più che bambina e un fratello, che avrebbe voluto scoperchiarla quella città, ha dovuto subire la pena accessoria degli sguardi insistenti della gente, indifferente, reticente o inutilmente compassionevole.
Quando il secondo dei maschi Claps, Luciano, ha raggiunto Danilo Restivo nel primo pomeriggio del 12 settembre per chiedergli se avesse incontrato Elisa, quel giovane impacciato era apparso agitato, sudato, imbarazzato dalle domande sulla ferita da taglio a una mano. Borbottava che se l’era procurata sulle scale mobili in costruzione, tremava. Rivedendolo poche ore dopo, lo aveva invece trovato calmo, rilassato, padrone di sé. Un cambiamento notevole per uno che secondo i Claps “raccontava un sacco di bugie”, quando negava di aver incontrato Elisa. Mentiva. Quello “qualche stronzata” l’aveva fatta alla loro ragazza, sempre mite e assennata.
E dire che gli agenti lo hanno cercato subito, fin dal pomeriggio del 13 settembre. Negli atti processuali si legge che c’erano dei precedenti, che infastidiva le ragazze, era attratto dai loro capelli, provava l’impulso di tagliare una ciocca alle spalle, anche sui mezzi pubblici. Una personalità complessa, con tratti di ferocia quando si trovava in stato di agitazione. I familiari esercitavano una protezione il più possibile attenta, ma non impeccabile, cercavano di stornare le dicerie su di lui, di contenere i guai in cui si cacciava.
Vale la pena di leggere Il caso Elisa Claps. Storia di un serial killer e delle sue vittime anche solo per la figura di Danilo Restivo, che qui è impossibile riassumere. Era aggressivo quanto Elisa era dolce, quella ragazzina faceva fatica a dire no, per non ferire l’interlocutore. Però a lei non andava giù quel ragazzone che trovava poco attraente, dai modi ineleganti. Le risultava assillante, appiccicoso, molesto, non gradiva accompagnarsi a lui. Se lo ha seguito o ha dovuto farlo, fino al sottotetto della Trinità, è stato per un complesso di promesse e minacce. Chissà quanto ha sofferto, non solo fisicamente, per non avere modo di opporsi a quella volontà malata.
È poi certo che il corpo sia stato rinvenuto prima della scoperta ufficiale. Chi lo aveva fatto si era ripromesso di informare le autorità ecclesiastiche, poi la cosa gli “era scivolata di mente”. Non c‘è nemmeno da commentare.
Dal ritrovamento dei poveri resti di Elisa, la chiesa potentina è rimasta chiusa, si parlava di riaprirla al culto, ma non se n’è fatto niente. Mamma Claps ha già detto come la pensa: si opporrà alla riapertura fin quando avrà fiato per dire: “No, resti chiusa!”.
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