Il corpo umano
- Autore: Paolo Giordano
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2012
Cos’è una famiglia?
Perché scoppia una guerra?
Come si diventa un soldato?Anche se ce lo restituissero, questo
paesaggio della nostra gioventù,
non sapremmo più bene che farne.ERICH MARIA REMARQUE
“Niente di nuovo sul fronte occidentale”
Un plotone di giovani soldati, al comando del maresciallo Antonio Renè, parte per una missione in Afghanistan senza sapere però che il luogo di destinazione è uno dei più pericolosi del conflitto: la forward operating base “fob” Ice, nel distretto del Gulistan, “Un recinto di sabbia esposto alle avversità” . Sul posto li aspetta il tenente medico, Alessandro Egitto, il protagonista di buona parte del libro: la sua storia famigliare intricata s’intreccia con le azioni militari, in un parallelismo convergente; gli affetti sempre complessi e contraddittori trovano nella forzata convivenza momenti di scontro e di solidarietà inaspettati. Durante la missione i ricordi dei militari si ridisegnano secondo contorni più netti, essi rivedono i propri fallimenti, sono in preda all’ansia di deludere chi li aspetta: tanti conti in sospeso che al ritorno vogliono con convinzione rimettere a posto. Ciascuno porta una parte di sé ancora irrisolta, la missione diventa quasi una sorta di riscatto, di ricomposizione del proprio io. La condivisione del momento più importante della loro vita al centro del deserto e di un cerchio di mezzi corazzati, li cambierà profondamente, li segnerà completamente. Negli anni successivi alla missione, ognuno dei ragazzi s’impegnerà a rendere la propria vita irriconoscibile, per cancellare i ricordi dell’esistenza precedente come se non fosse realmente accaduta, o perlomeno, non a loro.
Dimenticare era come scavare una trincea tra presente e passato. Riappropriarsi della nuova vita senza sovrapporsi a quella prima. I soldati prima di partire seguono un ciclo di lezioni propedeutiche, 36 ore di lezioni frontali in cui ricevono un’infarinatura di storia mediorientale, ragguagli tecnici sulle complicazioni strategiche del conflitto, informazioni meno formali sulle distese di marijuana e ragguagli da coloro i quali avevano prestato servizio sul territorio. Prima del trasferimento viene concessa un fine settimana di licenza, giusto il tempo di salutare chi la moglie, chi la fidanzata, chi l’amante occasionale e chi come il caporalmaggiore Ietri, il più giovane della compagnia e anche il più sprovveduto, la madre (questo sarà oggetto di scherno da parte di Cederna, l’unico a sapere della sua goffaggine con le donne). Il capitano Masiero, il colonnello Ballesio, Mitrano, lo zimbello della fob, Torsu, Camporesi, Zampieri, l’unica soldatessa e tanti altri, ciascuno con il proprio destino, le proprie fragilità… Da quattro mesi sono attestati alla fob Ice, all’imbocco nord della valle del Gulistan, non lontano dalla provincia di Helmand, dove le milizie americane avevano combattuto per ripulire i villaggi dagli insorti. I marines avevano costruito un avamposto di 4 ettari in una zona strategica e bonificato alcuni villaggi circostanti, “la bolla di sicurezza” che si estende per un paio di km attorno alla base, ma all’interno ancora vi sono forme di guerriglia. Dopo una parentesi con i georgiani, la fob è passata al comando italiano, essa si presenta in uno stato disastroso, poche baracche con buchi, senza bagni, solo l’armeria è in condizioni decenti. In questo ambiente ostile e primitivo i soldati italiani si trovano a vivere tra la noia, tra battute volgari da caserma, lontani dalla civiltà e in mezzo ad una natura sconosciuta, al vento che scarnifica il viso e brucia gli occhi, a temperature che raggiungono i 50 gradi; essi sopportano l’attesa di uno scontro che appare sempre più irrealistico. Durante la notte solo con se stessi sentono nel silenzio l’attività del loro corpo, il battere dei loro cuore, lo scorrere del sangue, sentirsi vivi solo perché il corpo funziona meccanicamente. La mente si annienta nel chiedersi il senso di tutto, dell’essere soldati, della guerra, la paura sempre in agguato, pronti a sparare con le Browning o ad avvistare un IED, Improvised Esplosive Device, (una bomba fatta in casa), che fa saltare in aria un Lince o ad intercettare i razzi dell’RPG…
L’autore attraverso la storia della “fob Ice” indaga sulle dinamiche umane che si concretizzano in eccezionali circostanze e sulle guerre moderne celate sotto mentite spoglie di tutela dei diritti umani Questa guerra come tantissime altri eventi bellici è una guerra schifosa, la più schifosa di tutte. Non è una guerra pulita questa. Non è una guerra equilibrata. Una guerra in cui i nemici non si vedono, ma il nemico bersaglia con quello che ha a disposizione e da ogni parte.
In uno stile essenziale e pulito, senza particolari figure retoriche, Giordano va nella profondità delle guerre sia quelle militari sia quelle familiari e interiori.
Paolo Giordano è nato a Torino nel 1982. Con il suo primo romanzo, La solitudine dei numeri primi (2008), pubblicato in oltre 40 paesi, ha ottenuto numerosi riconoscimenti fra cui il premio Strega e il premio Campiello Opera Prima. Collabora con il “Corriere della Sera” e con “Vanity Fair”.
Il corpo umano
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Capita di mettere in discussione quanto faticosamente studiato a scuola (e meno male!). Ecco, questo romanzo ha messo in crisi ore e ore di letteratura greca del Liceo. E non mi ha fatto riflettere su un argomento qualunque, no. Con “Il corpo umano” di Paolo Giordano, ho messo alla prova e confutato quanto mi è stato spiegato riguardo l’assenza di psiche (anima) in Iliade e Odissea.
A scuola ti spiegano che nei poemi omerici questa dimensione dell’uomo manca perché i greci non avevano questo concetto. Balle! Giordano ben dimostra come, dai greci in poi, quando si parla di guerra si parla di corpi.
La guerra, quella vera e propria e quella degli affetti, non si contempla, non ci si ragiona sopra, si combatte. La si affronta con il proprio corpo e con quello dei compagni, che di fronte alla morte diventano parte del tuo corpo (“falange armata” dice niente?), per l’anima non c’è proprio posto.
L’anima ha bisogno di quiete; il corpo vive, respira, costruisce routine. L’anima è invisibile. Certo, capita che qua e là traspaia. Il corpo, invece, è sotto gli occhi di tutti, dice agli altri chi sei anche quando non vorresti, a volte si muove indipendentemente dalla tua volontà, viene giudicato, ferito, dilaniato. L’anima, a pensarci bene, più che il “soffio di Dio”, è anch’essa una parte del corpo: anche lei si ammala, la puoi curare con gli “antidepressivi”, che non sono “psicofarmaci”, che bisogno c’è di distinguerli? Sono medicine. Dalle pagine di Giordano anche l’anima esce più leggera, con meno responsabilità, demitizzata, fallibile.
Un romanzo veramente bello (e ve lo dice una che pensava di non essere estimatrice del genere “guerra”). Una scrittura onesta, giusta: è difficilissimo leggere sulla carta stampata dialoghi così veri.
Non sono d’accordo con la recensione qui sopra riportata su un punto: l’assenza di linguaggio metaforico. Tutta la missione è una metafora, raccontata con un linguaggio evocativo, proprio per la sua secchezza. Mi spiego: nella tenda del colonnello Ballesio, sulla scrivania di quest’uomo rude e sbrigativo con i suoi uomini, c’è un libro, Il piccolo principe. L’evento, “l’incidente di ottobre”, che cambierà la vita del terzo plotone della Charlie, avviene nella Valle delle rose.
Più metafora di così…
Consigliatissimo!