Il libro dell’amore proibito
- Autore: Mario Desiati
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2013
Mario Desiati è autore di un romanzo bello e commovente, “Ternitti”. Ora pubblica questo nuovo libro, per me non altrettanto riuscito, anche se il tema è ancora una volta molto coinvolgente.
Siamo di nuovo in Puglia, a Martina Franca, e il narratore si chiama Veleno, un soprannome che ne influenzerà la vita futura e che in paese ha avuto la sua famiglia da quando in tempi lontani un suo progenitore aveva avvelenato un potente. Francesco è un tredicenne magro d introverso, frequenta le medie, la scuola è noiosa e poco coinvolgente, ma ci sono due insegnanti che colpiscono la fantasia degli adolescenti, la Tricarico, bella e piacente, e la Telesca, professoressa di Educazione tecnica. Un episodio molto grave (la prof Donatella trovata ad amoreggiare con gli alunni Nappi, quindicenne maturo e scapestrato, ma soprattutto l’ingenuo Veleno) portano la giovane donna sotto processo per lo scandalo gravissimo e più tardi in carcere con una dura condanna: tutto il paese, e soprattutto le colleghe, saranno spietate contro chi ha osato trasgredire le regole seducendo addirittura dei minorenni rischiando di farne dei deviati. L’amore impossibile e disperato di Veleno per la sua Donatella, soprannominata Diotima, frutto delle sue letture di Platone, dura per sempre. Francesco-Veleno è ossessionato dalla donna tanto più grande di lui, il bacio che si sono scambiati sui banchi di scuola prima dell’intervento della polizia sarà la sua iniziazione, l’inizio della sua lotta con il mondo adulto ma anche la sua condanna: per lui non ci sarà altro che Donatella, per sempre. Nella storia scandalosa e tenera dei due intervengono molti altri personaggi, che danno però alla narrazione un senso di frammentarietà. Seguiamo Veleno mentre è affidato alle cure di un assistente sociale, Pippo, che si rivelerà meno capace ed adeguato alla grande responsabilità a cui è stato assegnato; insieme a Veleno dovrà occuparsi di Walter, il ragazzo più bello, brillante e fascinoso del paese, che un incidente dovuto alla sua caparbia voglia di esibirsi con la ragazza di turno, condannerà alla sedia a rotelle.
Desiati ci fa seguire tutta la giovinezza difficile e dolorosa di Veleno e dell’amico Cosimo Nappi: dopo la scuola il servizio militare, con tanto di episodi di feroce nonnismo, e poi l’Università a Milano, dove Veleno studia lettere da studente immigrato e poverissimo, sempre oosessivamente chino sui libri, sempre in attesa di Donatella, detenuta nel penitenziario di Turi, mentre Nappi prima e Walter poi ricompaiono nella sua vita in momenti diversi, come comprimari di una vicenda di totale sofferenza e infelicità che non accenna a volgersi in positivo.
Una storia di dolore, un romanzo di iniziazione pervaso dal male, l’indifferenza, la sfiducia nelle istituzioni e nella giustizia, la consapevolezza che non c’è salvezza in una società provinciale, conformista, legata ad una tradizione culturale maschilista intrisa di violenza che scoppia improvvisa e imprevedibile. Mentre la scrittura di Desiati è ricca ed evocativa, mentre il linguaggio è espressivo ed allusivo ad un tempo, la costruzione della storia mi è apparsa invece troppo frammentaria e talvolta dispersiva. Ottima l’intenzione di ricreare un tempo e un luogo dove si erano maturate ingiustizia e sopraffazione; belle e ricche di poesia le pagine che raccontano la natura, il mare, gli alberi, la vegetazione di una terra rovente e solitaria che mi sono apparse le migliori del libro.
“….Il mare già appariva all’orizzonte. C’erano i trattini bianchi delle onde, e poi un cielo azzurro che sfumava nell’indaco. Era entrato beffardo dentro l’auto l’odore della salsedine mista alla terra, un profumo incantevole che si sente solo quando si è in prossimità del mare, tra campagna e litorale. Antiche religioni sostengono che nel mare si rifletta il volto di Dio. Le onde che si increspano, i riflessi scintillanti del sole al mattino sull’Adriatico, le chiazze scure delle alghe. Vedevamo nell’orizzonte di spuma e acquamarina la nostra salvezza.”
Tuttavia troppi intrecci, troppi personaggi, troppi rimandi al passato finiscono per conferire al romanzo una lentezza che ostacola l’efficacia della storia raccontata, anche se piena di poesia.
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