“Io credo nelle fate”, ripeteva Peter Pan in coro con i suoi bambini perduti. E non c’è nessuna creatura che ci restituisca l’immaginario dell’infanzia meglio di una fata con le sue ali sottili da libellula, eterea ed evanescente, imprendibile come la fantasia.
Nel mese di luglio 1917 due bambine, residenti nel villaggio inglese di Cottingley nel West Yorkshire, ripeterono l’identica frase di Peter Pan - e fin qui non c’è di che stupirsi - e poi mostrarono ai genitori delle fotografie che ritraevano delle fate mentre volavano libere sul retro del loro giardino. Il mistero della fate di Cottingley tempo dopo divenne un vero e proprio caso mediatico internazionale, riportato sulle pagine dei giornali. Sulla strana vicenda fu chiamato a indagare un detective d’eccezione: sir Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes.
Ma forse in questa indagine il fiuto investigativo dello scrittore-giornalista sarebbe stato destinato a fallire, tradito dalle fate - o meglio - dalla sua stessa fervida immaginazione.
Le Fate di Cottingley
Tutto ebbe inizio in un luminoso giorno d’estate. Era il mese di luglio del 1917 quando la piccola Frances Griffith, nove anni, entrò correndo nella casa che condivideva con la cugina Elsie Wright e le rispettive famiglie. La madre la rimproverò immediatamente perché aveva le scarpe ricoperte di fango e le intimò di smetterla di andare a giocare vicino al ruscello. In tutta risposta la bambina ribatté: “Ma io devo andarci, devo vedere le fate.”
I genitori all’inizio non badarono troppo a quelle bizzarrie infantili e lasciarono che Frances e la cugina giocassero in libertà. Tempo dopo Arthur Wright, il padre di Elsie, sviluppò le lastre della propria macchina fotografica e ritrovò delle immagini singolari che riproducevano le bambine, Elsie e Frances, in compagnia delle fantomatiche fate. Arthur era un ingegnere elettrico, un uomo di scienza, e subito osservò le fotografie con un certo disappunto: erano dei falsi, stabilì e andò a rimproverare la figlia per quella bravata.
La bambina si difese, proprio come Peter Pan, e accusò gli adulti di non credere nelle fate. La madre di Elsie, Polly Wright, rimase suggestionata da quelle immagini incantate e decise di credere alla figlia.
Fu la stessa Polly a portare le fotografie a un incontro della Theosophical Society nella vicina cittadina di Bradford e sfruttò le immagini per motivare alcune sue teorie dell’occulto. La donna infatti affermava di avere contatti con il paranormale e ricordare le proprie vite precedenti; e ora ecco finalmente la prova che tutto quel che vedeva non era una semplice proiezione della sua mente, sua figlia aveva fotografato delle fate nel giardino di casa, perbacco.
Nel 1920 le famose fotografie delle fate furono così portate all’attenzione del teosofo Edward Gardner: l’uomo fu strabiliato da quella visione e decise di autenticare le immagini, generando un vero e proprio caso mediatico.
Le fate di Cottingley e Arthur Conan Doyle
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A portare la vicenda delle fate al grande pubblico nazionale fu il celebre scrittore Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes. Nel 1920 Doyle fu incaricato dallo Strand Magazine, per cui all’epoca collaborava, di scrivere un articolo per il numero di Natale dedicato alle fate di Cottingley.
Con fiuto investigativo dunque sir Conan Doyle si mise a indagare sul mistero. Contattò Gardner e gli domandò di poter ricevere quelle foto. Le fotografie arrivarono per posta e Doyle si trovò faccia a faccia con le due bambine, Frances ed Elsie, circondate dalle giocose creature alate sulla riva di un ruscello. Lo scrittore strabuzzò gli occhi, le esaminò a lungo e subito ne intuì il grande potenziale: quelle immagini potevano essere la base da cui partire per confermare le sue teorie sullo spiritismo.
Per scrupolo Doyle, prima di pubblicare le immagini sullo Strand, decise di farle esaminare da alcuni esperti. Lo studioso di fisica Oliver Lodge le giudicò dei falsi; ma Doyle non si scoraggiò e decise di sottoporle all’analisi di un chiaroveggente che invece le ritenne autentiche. Incoraggiato nei suoi intenti lo scrittore concluse quindi l’articolo per lo Strand che venne pubblicato con il titolo Fairies photographed–an epoch making event. Neanche a dirlo, le copie andarono a ruba; la reazione dell’opinione pubblica fu fortissima.
Nel famoso articolo apparso sullo Strand, Doyle scriveva:
Il riconoscimento della loro esistenza scuoterà la mente materiale del ventesimo secolo dai suoi pesanti solchi nel fango e le farà ammettere che c’è un fascino e un mistero nella vita.
Dopo l’uscita in Inghilterra Fairies photographed–an epoch making event di Arthur Conan Doyle fu pubblicato anche in Australia e negli Stati Uniti. La notizia delle fate di Cottingley fece il giro del mondo intero.
Doyle aveva utilizzato degli pseudonimi per proteggere l’identità delle due bambine, chiamandole Alice e Iris; ma gli altri giornalisti non furono altrettanto cauti e presto Elsie e Frances si trovarono circondate da persone che chiedevano loro a gran voce altre fotografie delle fate. Tutti i giornalisti che si prefiggevano di svelare il mistero tornavano da Cottingley con la coda tra le gambe, sconfitti. I Wright erano una famiglia onesta, persino istruita, e le due bambine parevano sincere, dicevano di avere il potere di “vedere le fate” che agli adulti mancava; in breve, non c’era modo di provare che quelle fotografie fossero dei falsi né di smentirle.
Nel frattempo Doyle continuò ad alimentare il mistero dedicando anche un libro alla vicenda The Coming of the Fairies (Hodder & Stoughton Ltd, prima edizione settembre 1922), in cui ne provava l’autenticità mostrando ulteriori tre fotografie che le bambine avevano scattato dietro sua richiesta. Secondo molti critici Arthur Conan Doyle non era attratto tanto dall’esistenza delle fate, quanto dall’idea che nel mondo ci fosse qualcosa di più oltre alla realtà concreta che noi tutti conosciamo. L’autore di Sherlock Holmes morì nel 1930; ma il mistero delle fate era destinato a durare almeno per altri due decenni. Qual era la verità sulle Fate di Cottingley?
Le fate di Cottingley: erano vere o false?
Il mistero sulle fotografie perdurò per altri settant’anni e venne svelato solo nel 1983, quando Elsie e Frances, entrambe ormai anziane, dichiararono di aver realizzato le figurine delle fate ritagliando dei cartoncini e di averle poi applicate con degli spilli nelle posizioni desiderate. A fornire la base per i disegni era stato il libro Princess Mary’s Gift Book regalato a Frances per il compleanno, che conteneva un repertorio infinito di fate, gnomi e altri esseri magici.
Era un semplice gioco da bambine; ma, con la complicità degli adulti, si trasformò in una vera e propria “cospirazione accidentale”. Senza la complicità di Polly Wright, la madre di Elsie, e la penna di Arthur Conan Doyle probabilmente le fotografie delle fate di Cottingley sarebbero finite in un cassetto insieme a vecchi giocattoli e altri cimeli di infanzia, rimanendo il gioco spensierato e strambo di due bambine annoiate. Ancora oggi gli studiosi concordano nell’affermare che, senza il coinvolgimento di Arthur Conan Doyle, non ci sarebbe stata alcuna storia e non sarebbe esploso un caso internazionale.
Ma la storia delle fate di Cottingley ci dimostra quanto anche gli adulti, loro malgrado, abbiamo bisogno di credere nel sovrannaturale e di poter riporre le loro speranze nell’incantato mondo dell’immaginazione. Persino Arthur Conan Doyle, la mente pensante dietro l’investigatore più astuto del mondo, cedette al bisogno tutto umano di farsi rapire dalla fantasia, facendo eco alla frase iconica di un altro grande romanziere, James M. Barrie: “Io credo nelle fate”.
Del resto, come disse Frances Griffith durante un’intervista della BBC nel 1983: “Noi non abbiamo preso in giro nessuno. La gente voleva credere nelle fate.”
A lungo Frances continuò a sostenere che la quinta fotografia, quella che ritrae la fata dalla capigliatura dorata che fissa l’obiettivo, fosse autentica. Sino alla sua morte, avvenuta nel luglio del 1988, affermò che lei ed Elsie fossero davvero in grado di percepire delle presenze segrete nel bosco di Cottingley. Nessuno poté mai smentirla, sua figlia oggi rende onore alla memoria della madre sostenendo che le ritrattazioni fatte alla BBC fossero in realtà solo i gesti di resa di una donna anziana, stanca di essere presa di mira e ossessionata dalla stampa.
Oggi, nella campagna inglese di Cottingley, si possono ammirare delle opere artistiche ispirate alle fate ed è come se la loro presenza non si fosse mai distaccata completamente da quel ruscello dove Frances ed Elsie le videro per la prima volta.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il mistero delle Fate di Cottingley e l’indagine di Arthur Conan Doyle
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