Se lo chiese anche Julio Cortázar cosa sarebbe rimasto dopo le feste, e ce lo chiediamo senza dubbio anche noi quando, per un attimo, la malinconia bussa al portone della nostra mente, quando salutiamo i parenti alla fine dell’ennesimo pranzo, quando ci infliggiamo il piccolo supplizio di restare qualche minuto al freddo in terrazzo, pur di concederci una boccata di nicotina digestiva, quando, esausti per aver ballato e bevuto come non eravamo più abituati a fare, sprofondiamo sul divano ed osserviamo quelli che, con qualche capello in più di noi, continuano imperterriti a far vibrare i loro corpi a ritmo, come se la spossatezza non fosse cosa loro.
In realtà, quando scrisse la poesia intitolata Dopo le feste, Cortázar era impegnato in celebrazioni meno ortodosse di quelle natalizie. Nato all’inizio del Novecento, Julio Florencio Cortazar (Bruxelles, 26 agosto 1914 – Parigi, 12 febbraio 1984), scrittore, traduttore, intellettuale oltre che poeta argentino, dopo aver chiesto, e ottenuto nel 1981, la cittadinanza francese in segno di protesta contro il regime militare di Videla che insanguinava il suo paese, nel 1983 decise di passare un periodo a Cuba.
Era un uomo maturo, che aveva già trascorso le sue migliori primavere, aveva aderito al castrismo, inorridito da quel Processo di riorganizzazione nazionale che aveva soffocato l’ultimo tentativo democratico di Isabelita Perón e, negli anni precedenti, aveva praticato a man bassa violenze e torture, senza la minima remora di far sparire nel nulla migliaia e migliaia di giovanissimi argentini.
Mentre stazionava all’Havana frequentava l’intellighenzia dell’isola e una sera finì in casa di un giornalista messicano, in una festa dove incontrò Zoé Valdés, solo 24 anni, ma già abile con la penna, grazie a una nonna cino-irlandese che, fin da quando era bambina, le leggeva poesie.
Dopo le feste è, allora, il resoconto poetico, ammantato di dolcezza, di un incontro realmente accaduto: la storia semplice, effimera e toccante, perché universale, di un uomo e di una donna che si scrutano, si annusano, si riconoscono e si incontrano, passano insieme istanti e scambiano battute, confidenze, riflessioni; condividono.
Dopo le feste venne pubblicata l’anno successivo nella raccolta Salvo il crepuscolo (1984) che oggi possiamo leggere in lingua italiana per i tipi delle edizioni SUR (trad. di Marco Cassini): riscopriamo insieme questa poesia di Julio Cortázar e il suo significato.
Despues de las fiestas di Julio Cortázar: il testo originale spagnolo
Y cuando todo el mundo se iba
y nos quedábamos los dos
entre vasos vacíos y ceniceros sucios,qué hermoso era saber que estabas
ahí como un remanso,
sola conmigo al borde de la noche,
y que durabas, eras más que el tiempo,eras la que no se iba
porque una misma almohada
y una misma tibieza
iba a llamarnos otra vez
a despertar al nuevo día,
juntos, riendo, despeinados.
Dopo le feste di Julio Cortázar: la traduzione italiana
E quando tutti se ne andavano
e restavamo in due
tra bicchieri vuoti e portacenere sporchi,com’era bello sapere che eri lì
come una corrente che ristagna,
sola con me sull’orlo della notte,
e che duravi, eri più che il tempo,eri quella che non se ne andava
perché uno stesso cuscino
e uno stesso tepore
ci avrebbero chiamati di nuovo
a svegliare il nuovo giorno,
insieme, ridendo, spettinati.
Dopo le feste di Julio Cortázar: analisi e significato della poesia
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Il componimento è dedicato a Zoé Valdés: la scrittrice, che anni dopo rispose a questa con un’altra poesia, confermò che gli eventi descritti erano veri; si tratta, quindi, a prima vista, di un quadro d’ambiente che cede presto il passo a riflessioni più intime e personali.
Sono soprattutto i primi tre versi a descriverci, con pochi ma fondamentali dettagli, quasi un acquarello, la situazione che vivono il poeta e la giovane donna: siamo a fine serata quando, dopo la cena e i momenti di convivialità, gli amici se ne stanno andando, frastornati dal cibo, dalla musica, da qualche bicchiere di troppo e dalle molte sigarette di cui ormai, rimane solo qualche traccia maleodorante nei posaceneri sporchi (v. 2).
Mentre la musica smette di suonare Julio e Zoé rimangono soli, troppo stanchi per decidersi a levare le tende: vogliono distendere la testa e raccogliere le ultime forze prima dello sforzo estremo di alzarsi e ritornare alle loro case; soprattutto, non intendono rinunciare a quella speciale sintonia che, forse, si è già creata tra loro nel corso di una serata in cui hanno più volte incrociato i loro sguardi e hanno ascoltato le parole che, l’un l’altra, hanno pronunciato a voce bassa mentre il fumo dei cubani gli impregnava le vesti e i capelli.
In quest’atmosfera di attesa il poeta è compiaciuto per la presenza della ragazza (v. 4), possiamo immaginare che la particolare confidenza che si è creata grazie ai sorrisi e ai segreti sussurrati, diventi a poco a poco più profonda, attraverso a un dialogo che va avanti fino alle prime ore del giorno successivo, dove la presenza della giovane appare come un dono di cui l’uomo, gode, ora, in modo esclusivo (“sola con me”, v. 6). La paragona a una corrente che ristagna, a un movimento, anche spirituale, che, anziché fluire via, continua a circondare e a riscaldare con la sua vitalità l’animo ormai disilluso di un uomo sul viale del tramonto che, a 69 anni, ancora timido e nostalgico, sperimenta forse per l’ultima volta, il brivido di un incontro estemporaneo e casuale, l’entusiasmo che si prova quando intuiamo che di fronte a noi si muove un’anima affine e consonante.
Se il tempo inevitabilmente scorre e lascia il posto al nuovo giorno, a banali incombenze e all’ordinarietà del quotidiano, Zoé è di “più” perché, almeno nelle poche ore che i due trascorrono insieme, dura (v. 7): dilata il tempo e si fa presenza chiaramente percepita, non se va (v. 8), rimane accanto al poeta, per mutare quella confidenza nell’intima condivisione degli amanti che spartiscono uno stesso letto, che, stretti l’uno nell’altro, nel dormiveglia tendono le orecchie ai respiri lenti, osservano la pace disarmata delle palpebre socchiuse, si crogiolano al calore di un altro corpo che, esausto, si è abbandonato a un delicato abbraccio.
La notte volge, inevitabilmente, al mattino ma il momento del risveglio è sublime nella descrizione di Cortázar (v. 13): ritrovarsi l’amata accanto, essere “insieme” – non a caso nei versi precedenti osserviamo un passaggio dal tu lirico al noi – non può che suscitare un riso di appagata felicità. Fosse anche l’avventura di una notte, di fronte all’amore tutto il resto non conta, si può anche affrontarlo incuranti, spensierati, con i capelli fuori posto.
Analisi metrica e stilistica della poesia
Proprio perché Dopo le feste è la trasposizione di un evento realmente accaduto Julio Cortázar non esercita, qui, la sua fantasia: evita parole altisonanti e metafore complesse, senza però rinunciare ad alcuni interessanti ornamenti stilistici.
Formalmente ci troviamo di fronte a un’unica strofa di tredici versi liberi senza rime: anche se sintatticamente si tratta di un unico periodo, dal punto di vista semantico possiamo distinguere tre differenze sequenze (evidenziate nel testo mediante una riga bianca di separazione) che tematizzano: l’ambiente, ossia la festa dove si incontrano il poeta e la ragazza; le riflessioni dell’io lirico; il momento della condivisione notturna.
Per quanto riguarda le figure retoriche presenti nel testo possiamo distinguere:
- Un’anafora che ripete la congiunzione “e”, all’inizio del componimento (vv. 1 e 2), e sottolinea la separazione dei personaggi dall’ambiente circostante;
- una metonimia (v. 3) attraverso la quale si vuole rappresentare la scena completa della festa ricorrendo, però, solo a due dei suoi elementi più caratteristici;
- un iperbato (v. 4) che inverte la struttura normale della frase ed enfatizza la sensazione di piacere data dalla certezza della presenza della ragazza;
- la similitudine (v. 5) che, paragonando la Zoé a una corrente che ristagna esprime la pace e la tranquillità che la sua persona apporta al poeta;
- una metafora (v. 6): il termine “notte”, infatti, indica in realtà il momento che conclude tutto l’evento, dove i due si ritrovano soli, ma uniti nell’intimità che condividono;
- un’iperbole (v. 7) che la quale il poeta sottolinea linguisticamente l’importanza dell’amata, affermando che la sua persona trascende il concetto stesso di tempo;
- un parallelismo (“stesso cuscino”, “stesso tepore”, vv. 9 e 10) che potenzia l’unità e la familiarità della coppia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Dopo le feste” di Julio Cortázar: la poesia che celebra un incontro speciale
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