La figura della Madonna è centrale nella scrittura di Alessandro Manzoni. Lo notiamo già nei Promessi Sposi dove il richiamo a Maria Vergine rappresenta una costante e, in ultimo, giunge quasi a minare l’atteso lieto fine perché Lucia rifiuta Renzo in nome del voto di castità fatto alla Madonna dopo essere stata rapita dall’Innominato. Quando ode il “nome di Maria”, pronunciato dalla povera Lucia, persino la rozza carceriera si commuove e prova rimorso. Infine, come sappiamo dal sugo della storia, la figlia primogenita dei due “promessi sposi” prenderà il nome di Maria, chiudendo un cerchio e tenendo quindi fede alla “magnanima promessa” fatta. Proprio Renzo suggerisce a Lucia di dire alla Madonna: “Promettetele che la prima figlia che avremo, le metteremo il nome di Maria; ché questo sono qui anche io a prometterlo”.
E così sarà, come apprendiamo dall’ultima pagina del capolavoro manzoniano:
Ella fu una bambina; e le fu messo il nome di Maria.
Il nome di Maria è anche il titolo del secondo inno sacro composto da Manzoni, dopo La Risurrezione, dedicato a un evento centrale del Cristianesimo. Scritto tra il novembre 1812 e l’aprile 1813, questo secondo inno è dedicato al culto mariano.
In realtà Alessandro Manzoni intendeva dedicare due inni alla Madonna, uno per il 12 settembre dedicato al nome Santissimo di Maria; l’altro in occasione dell’Assunzione, ma riuscì a concludere solo questo inno Il nome di Maria.
Nell’elogiare la figura di Maria però Manzoni non parte dal canonico “Ave”, come di rito, ma fa un passo indietro raccontando la storia di Maria prima che divenisse madre di Gesù. Ci descrive la fanciulletta ebrea che diviene la Madonna venerata e onorata da tutti i popoli del mondo.
La vediamo, piccola e silenziosa, mentre sale un pendio per raggiungere la cugina Elisabetta. Ogni parola utilizzata da Manzoni “tacita”, “non vista”, “inaspettata”, è pervasa di indeterminatezza: Maria quasi non sembra protagonista della sua storia, ma lo diventa.
In questo modo l’autore ci ricorda l’importanza fondamentale della Madonna, perché proprio da questa donna, dal suo corpo, è venuto alla luce il Redentore.
Nel Vangelo di Luca tutto ha inizio da un presagio fatto a Maria da Elisabetta che le dice:
Benedetto è il frutto del tuo seno
Nell’inno manzoniano è Maria stessa a proclamare: “Tutti i popoli mi chiameranno beata”, come nella sua preghiera, Il Magnificat, in cui dopo la visita ad Elisabetta dice “L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio”.
Nel suo inno sacro Manzoni sceglie di non seguire la narrazione biblica passo passo, ma prende una strada diversa e si abbandona al lirismo per raccontare la storia di una donna, umile e povera, che diventa madre e, con il suo dolore, riesce a consolare l’umanità intera. La storia di Maria è pervasa di sacralità, ma assume anche una sfumatura umana perché, dopotutto, lei rimane la prima tra gli umili: è la fanciulla ebrea, umile e povera, che acquieta le lacrime di tutti coloro che, come lei, hanno patito il dolore.
Di qui si avvia la serie delle lodi al nome della Madonna, che celebrano l’universalità del culto di Maria sino a culminare in un’invocazione, tratta dal Cantico dei Cantici. Quello di Maria, associato nelle preghiere a diversi epiteti “Stella del mattino” o “Rosa”, è un nome che consola le genti di tutta la terra.
“Il nome di Maria” di Alessandro Manzoni: testo e parafrasi
Tacita un giorno a non so qual pendice
Salia d’un fabbro nazaren la sposa;
Salia non vista alla magion felice
D’una pregnante annosa;
Un giorno, da non so quale pendio, saliva silenziosamente la sposa di un fabbro nazareno e si recava, non vista, alla casa felice di una donna matura ormai sul punto di partorire.
E detto salve a lei, che in reverenti
Accoglienze onorò l’inaspettata,
Dio lodando, esclamò: Tutte le genti
Mi chiameran beata.
E dopo aver salutato la donna (nel Vangelo di Luca si racconta che Maria entrò nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta, Ndr) che la accolse con grandi cerimonie omaggiandola per la sua visita inaspettata, la giovane donna esclamò: “Tutti i popoli mi chiameranno beata.”
Deh! con che scherno udito avria i lontani
Presagi allor l’età superba! Oh tardo
Nostro consiglio! oh degl’intenti umani
Antiveder bugiardo!
Oh, con quale derisione l’età superba (che ancora non conosceva l’età cristiana, Ndr) avrà udito le tue parole. Oh, tardo consiglio, in questa umanità privata della luce che avrà schernito il presagio divino.
Noi testimoni che alla tua parola
Ubbidiente l’avvenir rispose,
Noi serbati all’amor, nati alla scola
Delle celesti cose,
Noi siamo i testimoni che sanno che il destino rispose ubbidiente alla tua parola, noi che siamo stati educati all’amor cristiano e alla scuola del catechismo (delle celesti cose, Ndr).
Noi sappiamo, o Maria, ch’Ei solo attenne
L’alta promessa che da Te s’udìa,
Ei che in cor la ti pose: a noi solenne
È il nome tuo, Maria.
Noi lo sappiamo, Maria, che Lui solo mantenne l’alta promessa che tu proferisti e che ti serbò nel suo cuore.
Per noi il nome tuo, Maria, è sacro.
A noi Madre di Dio quel nome sona:
Salve beata! che s’agguagli ad esso
Qual fu mai nome di mortal persona,
O che gli vegna appresso?
A noi madre di Dio quel tuo nome suona come una preghiera: ave.
Chi si ricorda adesso che un tempo fu il nome di una persona mortale.
Salve beata! in quale età scortese
Quel sì caro a ridir nome si tacque?
In qual dal padre il figlio non l’apprese?
Quai monti mai, quali acque
Ave, Maria, in quale età barbara quel tuo caro nome si tacque?
Quando accadde che un figlio non lo apprendesse dal padre, in quali paesi, in quali terre straniere non lo sentirò invocare?
Non l’udiro invocar? La terra antica
Non porta sola i templi tuoi, ma quella
Che il Genovese divinò, nutrica
I tuoi cultori anch’ella.
Non solo la terra antica porta i nomi dei templi a te dedicati, ma anche la nuova terra - l’America - divinata dal genovese Cristoforo Colombo, anche lì si celebra il tuo culto sacro.
In che lande selvagge, oltre quai mari
Di sì barbaro nome fior si coglie,
Che non conosca de’ tuoi miti altari
Le benedette soglie?
In quali terre sperdute e selvagge, in quali lontani mari, si coglie un fiore straniero che non conosce i tuoi sacri altari, Maria, e le loro benedette soglie?
O Vergine, o Signora, o Tuttasanta,
Che bei nomi ti serba ogni loquela!
Più d’un popol superbo esser si vanta
In tua gentil tutela.
O Vergine, Signora, Tutta Santa, ogni preghiera ti riserva grandi nomi.
Più di un popolo is vanta superbamente di essere custodito nella tua protezione gentile.
Te, quando sorge, e quando cade il die,
E quando il sole a mezzo corso il parte,
Saluta il bronzo che le turbe pie
Invita ad onorarte.
A te si rivolgono tutti i popoli quando sorge e tramonta nel sole, e anche nel mezzo del giorno quando la luce del sole illumina la statua che invita le folle ad adorarti.
Nelle paure della veglia bruna,
Te noma il fanciulletto; a Te, tremante,
Quando ingrossa ruggendo la fortuna,
Ricorre il navigante.
Nelle paure della notte scura ti invoca il bambino; a te, tremante, si rivolge il marinaio travolto dalla burrasca.
La femminetta nel tuo sen regale
La sua spregiata lacrima depone,
E a Te beata, della sua immortale
Alma gli affanni espone;
La fanciullina depone le sue lacrime nel tuo seno regale e in te ripone gli affanni e i dispiaceri della sua anima immortale.
A Te che i preghi ascolti e le querele,
Non come suole il mondo, nè degl’imi
E de’ grandi il dolor col suo crudele
Discernimento estimi.
A te che ascolti le preghiere e i lamenti degli umili, non come fa il mondo che non tiene conto dei dolori, tu abbracci la sorte degli ultimi e di chi si trova in basso stato.
Tu pur, beata, un dì provasti il pianto;
Nè il dì verrà che d’oblianza il copra;
Anco ogni giorno se ne parla; e tanto
Secol vi corse sopra.
Tu pure, che ora sei beata, un giorno patisti il pianto e non verrà mai un giorno che ricoprirà quel dolore di oblio, perché si parla ancora ogni giorno di quel dolore (la morte del figlio) nonostante siano trascorsi secoli.
Anco ogni giorno se ne parla e plora
In mille parti; d’ogni tuo contento
Teco la terra si rallegra ancora,
Come di fresco evento.
Ancora ogni giorno se ne parla e si prega in ogni luogo della tua contentezza (in riferimento all’Annunciazione): la Terra si rallegra ancora della nascita di Cristo, come di un evento sempre nuovo.
Tanto d’ogni laudato esser la prima
Di Dio la Madre ancor quaggiù dovea;
Tanto piacque al Signor di porre in cima
Questa fanciulla ebrea.
Di tante lodi la madre di Dio doveva essere la prova quaggiù in terra, tanto piacque al Signore porre nel Regno dei Cieli questa umile fanciulla ebrea.
O prole d’Israello, o nell’estremo
Caduta, o da sì lunga ira contrita,
Non è Costei, che in onor tanto avemo,
Di vostra fede uscita?
O prole d’Israele, da tempo caduta dopo tanta pena inflitta dalla divina giustizia, non è forse costei che noi adoriamo, un frutto della vostra Fede?
Non è Davidde il ceppo suo? Con Lei
Era il pensier de’ vostri antiqui vati,
Quando annunziaro i verginal trofei
Sopra l’inferno alzati.
Non è della stirpe di Davide? Con lei era il pensiero degli antichi profeti quando, nei tempi remoti, annunciarono i trofei che la Vergine avrebbe alzato sopra l’inferno.
Deh! a Lei volgete finalmente i preghi,
Ch’Ella vi salvi, Ella che salva i suoi;
E non sia gente nè tribù che neghi
Lieta cantar con noi:
Eccola, a lei finalmente rivolgete le vostre preghiere.
Che lei si salvi, lei che salva tutti suoi figli, e non c’è popolo o tribù che si rifiuti di cantar con noi le sue lodi.
Salve, o degnata del secondo nome,
O Rosa, o Stella ai periglianti scampo;
Inclita come il sol, terribil come
Oste schierata in campo.
Salve regina, degna del secondo nome datole dalla Chiesa.
Rosa mistica, stella del mattino, salvezza dei naviganti, eletta come il sole, terribile come un esercito schierato in battaglia (questi versi sono la ripresa testuale de Il Cantico dei Cantici, Ndr).
“Il nome di Maria” di Alessandro Manzoni: analisi e commento
In questo inno sacro Alessandro Manzoni eleva il nome di Maria dal particolare all’universale. Dapprima quel semplice nome designa la piccola e tacita fanciulla ebrea, poi inizia a indicare la Madonna, “Tuttasanta”, che ogni popolo omaggia nelle sue preghiere chiedendole aiuto e consolazione dal dolore. Manzoni osserva, infine, che il nome di Maria è secondo solo al nome di Gesù, che nella tradizione cristiana di tutti i nomi è il primo.
A Lei, conclude l’autore, ogni popolo canti:
Salve, o degnata del secondo nome,
o Rosa, o Stella, ai periglianti scampo,
inclita come il sol, terribile come
oste schierata in campo.
Questi ultimi versi illuminati sono tratti da Il Cantico dei Cantici.
Non sarà la prima volta che Manzoni comporrà un’ode in omaggio a Maria. La sua presenza salvifica ritornerà anche in Natale, in cui la Madonna è ritratta nell’atto di cullare e accudire il bambin Gesù e lo stringe al cuore ripetendo “è mio!”; e infine ne La passione è la madre che immobile assiste alla morte di suo figlio in croce vivendo l’estremo dolore, anche il quel momento Manzoni si rivolge a Maria e non a Gesù, è a lei che dice: “Per noi prega regina dei mesti”, prega per noi regina degli afflitti. La pietas, la consolazione, è sempre riposta in Maria, perché lei ha conosciuto il dolore più grande.
Si racconta un episodio molto tenero a proposito del Manzoni più privato: sembra che scrivesse delle lodi a Maria e poi le consegnasse alle figlie, Vittoria, Marietta e Giulia, in occasione degli avvenimenti liturgici o delle loro prime comunioni. Le rimetteva nelle mani della Vergine; per proteggerle da ogni male si appellava al nome di Maria.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il nome di Maria” di Alessandro Manzoni: testo e analisi dell’Inno Sacro
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Storia della letteratura Alessandro Manzoni
Lascia il tuo commento