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L’espressione rasoio di Occam è entrata ormai nel linguaggio comune per indicare un principio di economia o di parsimonia che può essere applicato non solo nel ragionamento, ma in molti ambiti e discipline.
Per comprendere il significato del rasoio di Occam è opportuno appellarsi alla filosofia e a Guglielmo di Ockham, il filosofo medievale al quale viene attribuito questo principio, che in genere viene riassunto con la frase latina entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem.
Per una migliore spiegazione del rasoio di Occam sarà, però, opportuno, offrire anche alcuni esempi, per questo getteremo lo sguardo anche su discipline differenti, come le scienze e sul dibattito contemporaneo sull’esistenza di Dio.
Il significato del rasoio di Occam
Se vogliamo cogliere a pieno il significato del rasoio di Occam (novacula Occami, nella dicitura latina) è indispensabile una breve premessa riguardo al termine economia e all’uso che di esso si faceva nell’antichità. Questa disciplina si preoccupava di stabilire le regole (nomos) per la corretta amministrazione della casa (oikos) e rifletteva sul corretto uso del denaro, dei beni e delle risorse. Più in generale, però, il termine economia indicava, e indica tutt’oggi, la presenza di un preciso ordine in un determinato ambito o settore. Ciò risulta evidente quando utilizziamo, ad esempio, espressioni come:
- “nell’economia del discorso”
- “nell’economia dell’universo”
Affermare, quindi, che il rasoio di Occam è un principio di economia significa ammettere che, in una determinata questione o attività, un certo ordine è preferibile ad un altro. In via preliminare, poi, abbiamo osservato come si tratti, anche, di un principio di parsimonia, ciò perché il rasoio di Occam è un metodo che impone di preferire la soluzione più semplice, il processo che richiede minori passaggi, tra tutti quelli possibili e validi per sciogliere un problema.
Ciò si comprende meglio dalla celebre frase con la quale il rasoio di Occam si illustra:
“Entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem”
“Gli elementi non devono essere moltiplicati oltre il necessario”
Rasoio di Occam: chi l’ha detto?
A differenza di quanto molti credono, questo motto non è stato formulato dal pensatore francescano Guglielmo d’Ockham (1288 ca – 1349 ca) ma da John Punch, commentatore irlandese dello stesso ordine monastico che intorno al 1639 si occupò delle opere di Giovanni Duns Scoto.
Un’enunciazione molto affine dal punto di vista concettuale si ritrova però, già negli Analitici Secondi di Aristotele, dove lo Stagirita afferma che, a parità di condizioni si può presumere che la dimostrazione che risulta da un numero minore di postulati o ipotesi sia superiore alle altre.
Oltre ai precedenti e agli epigoni, concentriamoci, però, sulle parole dello stesso Guglielmo d’Ockham per comprendere il significato di questo principio metodologico (egli non usò mai l’espressione “rasoio”):
“pluralitas non est ponenda sine necessitate”
“non si deve porre una pluralità senza necessità”
“Frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora”
“È fatto inutilmente con più mezzi ciò che può esser fatto con mezzi minori”
Più sinteticamente possiamo affermare che è sempre meglio seguire la via più semplice e che non c’è alcun motivo di complicare con mezzi ulteriori o cause ausiliarie ciò che può esser fatto o spiegato in modo più semplice ossia con minori risorse o concetti. Dal punto di vista scientifico potremmo affermare che quando esistono spiegazioni alternative, ed altrettanto valide, per uno stesso fenomeno, occorre partire da quella più semplice eliminando tutte le ipotesi che non sono strettamente necessarie.
Spiegazione del rasoio di Occam
Chiaramente una spiegazione più esaustiva del rasoio di Occam non può prescindere dal alcuni richiami alla filosofia di questo pensatore medievale.
Guglielmo d’Ockham è un empirista radicale, ammette cioè la sola conoscenza degli enti singolari o, più precisamente, ammette che sia possibile affermare l’esistenza dei soli oggetti che ci troviamo di fronte di cui, grazie alla loro presenza, abbiamo una conoscenza intuitiva. I concetti generali sono nostre generalizzazioni e semplificazioni, che otteniamo con una conoscenza astrattiva, che riflette, appunto sulla realtà, senza considerare l’esistenza o l’inesistenza degli enti (delle cose).
Da ciò segue una scienza solo probabile perché ogni deduzione muove da concetti generali che sono, appunto, nostre generalizzazioni arbitrarie, e una logica che si riduce a scienza del linguaggio, dove gli universali, i concetti (considerati dal punto di vista linguistico), sono costruiti dalla nostra mente che coglie similitudini nella realtà, senza che dietro ad essi vi sia alcuna realtà (dal momento che la sola realtà ammissibile è quella attestata dai sensi).
Date queste premesse è facile comprendere come un principio di economia come il rasoio di Ockham porti a rifiutare, a tagliare via, perché inutili e superflui, tanti elementi cardine del pensiero di Platone ma anche di Aristotele:
- se ci chiedessimo ciò che una cosa è, se ci interrogassimo riguardo alla sua natura, Ockham rifiuterebbe senz’altro di ricorrere alle idee platoniche, ossia a dei modelli archetipici che hanno una loro realtà, indipendente dall’uomo e che può essere colta da quest’ultimo non con i sensi ma con la ragione;
- lo stesso vale per il concetto aristotelico di sostanza: delle cose che ci circondano per Ockham possiamo conoscere solo le qualità ossia le caratteristiche mentre la sostanza viene considerata nota in modo arbitrario, mentre in realtà rimane una realtà sconosciuta, e, per questo, viola il principio di economia della ragione;
- Ockham attacca anche la dottrina delle cause di Aristotele:
- la causa efficiente è da rifiutare perché ciò che possiamo cogliere con i sensi è solo la differenza tra causa ed effetto ed il loro decorso regolare, ossia il fatto che si susseguono costantemente ma non un presunto vincolo metafisico che fa seguire necessariamente il secondo dalla prima;
- la causa finale è un’altra violazione del principio di parsimonia della ragione: più che di una spiegazione si tratta di una metafora perché si afferma che la causa finale (retro)agisce come l’oggetto dell’amore e del desiderio fa muovere l’amante. Ma il desiderio e l’amore non comportano un’azione vera e propria non di tutte le cose è possibile dire che abbiano un fine: il fuoco, ad esempio, brucia senza un fine e ammettere un fine per spiegare la combustione, ancora una volta, costituirebbe una moltiplicazione indebita degli elementi in gioco.
Esempi del rasoio di Occam
Come già detto possiamo ritrovare nella scienza antica e moderna interessanti esempi applicativi del principio di parsimonia formulato da Guglielmo di Ockham:
- all’inizio della rivoluzione scientifica Copernico, considerando l’astronomia del suo tempo, si trovò di fronte il sistema aristotelico-tolemaico, estremamente complicato dalle revisioni subite nel corso di quasi duemila anni, ridondante perché ricco di ipotesi ad hoc formulate per spiegare il particolare movimento dei singoli pianeti. Ad esso egli oppose un sistema più semplice, fatto di un numero minore di regole e movimenti, che però ben si adattavano a un numero maggiore di pianeti e quindi dimostravano un potere esplicativo maggiore;
alla fine della rivoluzione scientifica va in scena lo stesso copione: con la sola legge di gravitazione universale, in base alla quale due corpi si attraggono con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato delle loro distanze, Isaac Newton riuscì a spiegare i movimenti dell’intero universo. Non a caso, il grande scienziato ebbe a dire nelle Regulae philosophandi:
“Degli eventi naturali non si devono ammettere cause più numerose di quelle che sono vere e sufficienti a spiegare i fenomeni. Dicono i filosofi: la natura non fa nulla invano e inutilmente viene fatto con molte cose ciò che può essere fatto con poche. La natura infatti è semplice e non sovrabbonda di cause superflue”
- al giorno d’oggi il rasoio di Occam è stato applicato da scienziati come Stephen Hawking e Lawrence Krauss per dar conto della nascita dell’universo senza ricorrere a Dio. Tutta la scienza ci porta ad affermare che nell’universo c’è un ordine ben preciso quindi, come già affermava Tommaso d’Aquino, se c’è ordine ci deve essere anche un architetto che ha realizzato quell’ordine. Ecco, ammettere un dio, per quegli scienziati è del tutto superfluo per spiegare la nascita di un universo che si sarebbe autocreato da un vuoto quantistico che, casualmente, e per la sua instabilità, avrebbe provocato il Big Bang e quindi la materia. Per spiegare l’universo, dunque, si può fare a meno dell’idea di dio, come ben riassume il biologo neodarwinista Richard Dawkins ne L’orologiaio cieco:
"Noi siamo del tutto abituati all’idea che una complessa eleganza presupponga un progetto, frutto di abilità e di intenzionalità. Questa è probabilmente la ragione più forte a sostegno della fede – condivisa dalla grande maggioranza delle persone, in passato come oggi – in una qualche sorta di divinità soprannaturale".
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rasoio di Occam: significato, spiegazione ed esempi
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