Nel centenario della nascita di Marcello Mastroianni (1924-1996) molti canali televisivi hanno trasmesso alcuni suoi importanti film, tra cui Le notti bianche del 1957, diretto da Luchino Visconti (1906-1976), considerato uno dei padri del neorealismo italiano.
La pellicola fu premiata al Festival di Venezia nel 1957 con il Leone d’argento e l’anno successivo ottenne tre Nastri d’argento, consacrando Mastroianni migliore attore protagonista.
Tratto dall’omonima opera di Fëdor M. Dostoevskij, Le notti bianche ha ispirato, oltre a Visconti, altri registi che sono stati molto aderenti al testo dell’autore russo, come Quattro notti di un sognatore nel 1971 diretto dal francese Robert Bresson e La voce del destino nel 2007 del regista indiano Sanjay Leela Bhansali.
Vediamo insieme trama e differenze riscontrate tra libro e film.
Le notti bianche: il romanzo di Fedor Dostoevskij
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Il racconto o romanzo breve Le notti bianche fu pubblicato su una rivista russa nel 1848 e per la prima volta in Italia nel 1920. Il titolo del romanzo si riferisce al fenomeno astronomico del sole di mezzanotte che si verifica in alcuni Paesi del Nord, tra cui la città di Pietroburgo, ma c’è pure un sottotitolo altrettanto significativo: Romanzo sentimentale dai ricordi di un sognatore.
L’autore di Delitto e castigo (1867), L’idiota (1869) e I fratelli Karamazov (1880) aveva scritto Le notti bianche prima della condanna a morte, della sua finta fucilazione e della sua deportazione in Siberia che influenzeranno lo spirito e le tematiche della narrazione di Dostoevskij.
La trama del racconto è nota e la riepilogo brevemente: la storia si svolge in quattro notti e un mattino tra un giovane sognatore (il Narratore), timido e solitario, di cui non si conosce il nome, un semplice impiegato che passa il suo tempo libero a girare per Pietroburgo, che s’innamora di Nasten’ka, una ragazza di 17 anni che ha nel cuore un altro uomo (l’Antagonista) da cui non ha notizie da oltre un anno e che forse l’ha abbandonata. Il sognatore, che ha visto per la prima volta Nasten’ka piangente addossata al parapetto del canale, spera che la giovane dimentichi quell’uomo, cedendo alla sua offerta amorosa. Così sembrerebbe, ma all’ultimo quell’uomo si fa vivo e Nasten’ka sceglie il primo amore, lasciando il sognatore nella sua solitudine, seppur quelle notti gli abbiano lasciato nel cuore “un intero minuto di beatitudine”.
Così il giovane e timido impiegato, che non ha l’abitudine di trattare con le donne, si presenta alla ragazza:
Esistono a Pietroburgo Nasten’ka alcuni strani angolini. (…) In questi angolini vivono degli uomini strani, dei sognatori.Il sognatore se serve una definizione precisa non è un uomo ma sapete una specie di essere neutro. Si stabilisce prevalentemente in un angolino inaccessibile come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno e ogni volta che si addentra nel suo angolino vi aderisce come la chiocciola al guscio e diventa simile a quell’animale divertente chiamato tartaruga che è nello stesso tempo un animale e una casa.
Recensione del libro
Le notti bianche
di Fedor Dostoevskij
Le notti bianche, il film diretto da Luchino Visconti: differenze con il romanzo
Il connubio tra letteratura e cinema è molto presente nella filmografia di Visconti, basta citare alcuni tra i romanzi più importanti della fine Ottocento e del Novecento:
- Ossessione (1943) è ispirato al romanzo Il postino suona sempre due volte di James M. Cain;
- La terra trema (1948) è l’adattamento dal romanzo I Malavoglia di Giovanni Verga;
- Bellissima (1951) è tratto da un soggetto di Cesare Zavattini;
- Rocco e i suoi fratelli (1960) è ispirato al romanzo di Giovanni Testori Il Ponte della Ghisolfa;
- Il Gattopardo (1963) è tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa;
- Lo straniero (1967) è ispirato al romanzo di Albert Camus;
- Morte a Venezia (1971) è tratto dal lavoro di Thomas Mann;
- L’innocente (1976) è tratto dall’omonimo romanzo di Gabriele D’Annunzio.
Il film Le notti bianche è molto aderente alla trama del racconto, seppure la storia sia ambientata:
- in inverno e non d’estate,
- non nella San Pietroburgo, ma nella Livorno della fine degli anni Cinquanta, ricostruita negli studi di Cinecittà.
I personaggi principali sono sempre tre:
- Mario, un giovane impiegato (il sognatore),
- Natalia, bionda e straniera (alias Nasten’ka)
- uno straniero.
Rispetto al romanzo, non c’è una narrazione in prima persona degli eventi. Poi il Mario di Visconti è molto più vecchio del narratore del racconto di Dostoevskij e non rispecchia l’indole poetica del protagonista delle Notti bianche.
L’inizio della storia è simile: Mario è attirato da Natalia che vede per la prima volta piangente affacciata sul ponte che dà su un canale di Livorno. I due si conoscono e per alcuni sere s’incontrano e vagano per Livorno. Anche Natalia, come Nasten’ka, è innamorata di un uomo che l’ha lasciata pur promettendole di ritornare da lei entro un anno. Mario s’innamora di Natalia e spera che la giovane possa col tempo riamarla, nella speranza che lo straniero – l’uomo dei sogni – non si faccia più vedere. Purtroppo, lo straniero ritorna e Mario ricade nella sua solitudine. Il finale vede Mario camminare sotto la neve in compagnia di un cane randagio.
Visconti nel 1957 fu intervistato sul set del film e disse che il soggetto era molto aderente al racconto di Dostoevskij, seppur ambientato in una città italiana non meglio definita:
“È proprio in questa non meglio definizione che io punto tutto, vale a dire è un passo avanti dal neorealismo, è un neo romanticismo se vogliamo. La città non è definita, i personaggi sono definiti naturalmente nel loro carattere, ma non sono ambientati in un modo molto preciso, cioè molto diverso da quello che abbiamo fatto fino ad oggi dalla “Terra trema” in poi”.
Il film, per l’appunto, venne presentato al pubblico dell’epoca con questa definizione:
“Nella poetica suggestione di un incontro nasce la favola di un amore atteso e sognato. L’eterna lotta tra la certezza e la speranza. L’impossibile e il vero. Le Notti bianche: un’opera ricca di suggestioni, vibrante di umanità. Un dramma umano immutabile nel tempo, narrato con uno stile nuovo e audace che supera i limiti del vero per giungere a una realtà poeticamente ricreata”.
Per il critico cinematografico Luigi Chierico il film di Visconti è un capolavoro:
“ne fanno da padroni il bianco ed il nero che, attraverso i loro contrasti, contribuiscono ad esternare ed esprimere con grande efficacia gli stati d’animo, spesso raccontati attraverso i silenzi, gli sguardi infinitamente trasparenti ed i luminosi sorrisi, che sono esplosione di gioia, anche infantile, ma gioia immensa, felicità fatta di niente”.
U. Casiraghi su L’Unità scrisse che
“straordinari mezzi espressivi sono anche la Schell e Mastroianni che (...) ha indovinato la sua più bella interpretazione” .
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Le notti bianche”: il film di Luchino Visconti dal romanzo di Dostoevskij
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