Il peso delle parole
- Autore: Pascal Mercier
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2022
La casa editrice Fazi pubblica Il peso delle parole (2022, trad. E. Broseghini), un’altra grande opera di Pascal Mercier, scrittore e filosofo svizzero. Il romanzo si incentra sul valore di ogni espressione scritta o verbale ed esplora, attraverso il vissuto del protagonista, la questione di quanto ogni parola sia fondamentale nelle scelte che facciamo nella nostra vita.
Sin dalla sua infanzia, Simon Leyland è stato affascinato dalle lingue. Diventa un traduttore e persegue il suo obiettivo primario: quello di imparare tutte le lingue parlate nel Mediterraneo, compreso il maltese
“- A che scopo studiare il maltese? - Voleva semplicemente conoscere la lingua, aveva risposto Leyland. Semplicemente conoscere. Anche in seguito Leyland aveva sentito di quando in quando domande simii: - Il sardo? In Sardegna tutti sanno l’italiano - Lui voleva sentirne la sonorità, sentire non solo il suono delle parole, ma la vocalità della gente, la vocalità della loro vita”.
La trama non ha eclatanti colpi di scena ma contiene importanti scelte di vita. L’inizio e la fine del libro paiono quasi “circolari”: il romanzo si apre e si chiude nello stesso luogo, con la frase “Welcome home, sir”, rivolta al protagonista. Ma nel mezzo di queste frasi stanno circa otto mesi durante i quali Simon Leyland vive esperienze che modificheranno la sua esistenza.
Il protagonista si divide tra Londra e Trieste, ove dirige una casa editrice ereditata dalla moglie Lidia, scomparsa improvvisamente e prematuramente, quando i figli della coppia erano ancora adolescenti.
Leyland soffre di forti attacchi di emicrania, così forti che una volta perde parzialmente e temporaneamente l’uso della parola ed è costretto a un immediato ricovero in ospedale. Il protagonista vive quest’esperienza come traumatica perché per lui che è vissuto di parole perdere la capacità di esprimersi è, a dir poco, angosciante, ma si sente comunque tutelato dalla presenza in ospedale della figlia Sophia, già infermiera e ancora intenta a completare gli studi in medicina.
Neppure la presenza di Sophia riesce però a mitigare la più amara delle sentenze: a Simon viene detto che soffre di un tumore al cervello e ha solo pochi mesi di vita. Simon racconta la vicenda in una delle innumerevoli lettere che lui scrive alla moglie scomparsa: le racconta ciò che gli accade, le confida i più intimi sentimenti perché per lui Lidia è ancora lì ed è sempre la sua compagna di vita. Il protagonista rifiuta le terapie consigliate dal medico ma non può far a meno, comunque, di pensare alla sua vita, agli impegni che da anni si è assunto. Costretto da un destino che pare ineluttabile e che sta in un’unica parola, glioblastoma, decide di vendere la casa editrice anche in virtù del fatto che i figli si sarebbero dedicati ad altre attività, una alla medicina, l’altro alla giurisprudenza. È una scelta dolorosa, non voluta, dettata solo dalla necessità.
Undici settimane dopo, però, si scopre che le cartelle di due pazienti sono state scambiate e Leyland non ha un tumore al cervello, bensì è solo colpito dall’emicrania. È una notizia straordinaria per lui e i suoi due figli, ma Simon non riesce a non rimpiangere la casa editrice in cui tutto gli parlava della moglie e in cui la parola era l’essenza delle attività lavorative. Dopo la frettolosa vendita, Simon fa ritorno a Londra, dove riorganizza la sua vita in una casa che ha ereditato da un suo professore che tanto lo stimava. I sentimenti si mescolano: la rivisitazione mentale del periodo di grande paura e la consapevolezza di avere ancora un futuro davanti portano il protagonista a un bilancio di vita, a un nuovo inizio tra Londra, tra viaggi a Trieste e Padova.
Accanto a Leyland ci sono i figli Sophia e Sidney, fino ad allora medici e avvocati ma ambedue a una svolta che li porterà a lasciare le rispettive attività per vedere il proprio futuro in un’altra ottica e in una nuova direzione. Ci sono poi Andrej Kuzmín, un ex detenuto russo conosciuto in carcere, colpevole di un omicidio scaturito dalla passione, anch’egli traduttore, Francesca Marchese, ricchissima autrice che non pubblica il proprio romanzo scritto con fatica e con passione ma che non riesce a condividere con i tanti lettori, e Paolo Michelis, un indigente ma promettente scrittore che si guadagna da vivere come insegnante con incarichi precari. I personaggi hanno tutti in comune la straordinaria passione per la scrittura e l’amore per la parole, che paiono quasi un’arma: possono essere devastanti, come quelle del dottore che aveva pronunciato la terribile sentenza oppure così belle da impedire di osservare altre meraviglie
“- La bellezza della parola mi ha fatto dimenticare la bellezza della natura- disse in italiano e ripeté la frase in tedesco”.
Il peso delle parole porta già nel titolo il susseguirsi di molti eventi del romanzo: da ogni espressione può nascere un cambiamento, una svolta nella vita. Anche se Pascal Mercier si sofferma un po’ troppo in racconti ricchi di digressioni letterarie, ciò che dona pregio al suo romanzo è l’uso della parola nonché il tono e il suono che danno a essa un’efficacia così potente da penetrar nell’animo e da lasciare, nel bene e nel male, un segno incancellabile.
Il peso delle parole
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