Il silenzio dei larici
- Autore: Lenz Koppelstätter
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2019
Santa Gertrude, val d’Ultimo, Alto Adige, trecento anime in capo al mondo, quanto meno in capo alla penisola. Ma non c’è pace nemmeno in quel paesino lassù: il silenzio assoluto è solo in paradiso, dicono le donne che da tre giorni recitano il rosario per Marie. Il silenzio dei larici, per la verità, c’è anche in libreria, non solo in cielo. È secondo giallo di Lenz Koppelstätter, pubblicato a giugno da Corbaccio (collana Narratori, 352 pagine, 19.50 euro), ad un anno dall’esordio del bolzanino con un altro poliziesco, altrettanto nero e montano, Omicidio sul ghiacciaio, sempre Corbaccio (2018).
In entrambi i romanzi dello scrittore di thriller che ha lavorato per dieci dei suoi 37 anni a Berlino come giornalista prima di tornare in Tirolo, operano in coppia due poliziotti quanto mai diversi, Grauner e Claudio Saltapepe. Uno è commissario, ma vorrebbe fare il contadino, l’altro è ispettore e vorrebbe tornare nella sua Napoli, al calore della gente, invece d’intristirsi nel nord del nord, in una provincia sperduta sotto tutti gli aspetti.
Il superiore, che si considera un “tardoantico”, accudisce ogni mattina presto le mucche nel maso, chiamandole per nome e dedicando a ciascuna lo stesso tempo e attenzioni, per non offenderle. Ascolta le sinfonie di Mahler e le ripete a mente, per scacciare il chiacchiericcio malevolo intorno a lui, di chi sembra rivangare certi fattacci nel suo passato.
Il sottoposto, esiliato per servizio in Alto Adige, sorseggia stancamente brodo di canederli rimpiangendo i piatti fumanti di spaghetti al pomodoro, bagnati da un buon vino rosso del sud. Ognuna delle pause per i cinque caffè quotidiani è buona per lamentarsi del fato spietato che lo ha spinto in mezzo ai monti, dove i larici secolari che popolano la valle non gli dicono proprio niente.
Il tirolese è taciturno, segnato dalla tragedia occorsa ai genitori mentre studiava giurisprudenza a Verona. Bada alla sostanza più che alla forma, ama l’odore di stallatico dei rifiuti che spala ogni giorno e circola con una vecchia Panda col freno a mano che ha esalato l’ultimo respiro, tanto che per stazionare l’auto deve fermare una ruota con una pietra. Il partenopeo è chiacchierone, esuberante, tira tardi la notte e da buon meridionale sposta l’ora di pranzo dalla mezza verso le 14. Eppure formano una coppia di investigatori efficace ed efficiente, si completano, pestandosi i piedi molto meno di quanto si potrebbe pensare.
Il nuovo caso di nera, che ancora una volta inquina l’aria pulita e rarefatta dei boschi altoatesini, ha capelli come fili d’oro e occhi blu come gli angeli. Anzi, aveva, perché gli uni sono intrisi di sangue e gli altri spenti.
Le donne del rosario pregano per Marie, la vedono in una bara bianca, simbolo d’innocenza: era poco più di una bambina. Non ci sarà perdono per Michael, si dicono. Sono timorate di dio, ma quello che ha fatto quel ragazzo è senza remissione, ne sono convinte, se lo ripetono tra un’Ave Maria e un Paternoster. La vittima, invece, salirà di sicuro in paradiso, ingenua e pura, anche se l’hanno trovata vicino alla Bocca del diavolo, dove si entra nell’inferno passando dalla voragine sabbiosa che si apre sotto un larice centenario. Se ti avvicini alla cavità, avverti il fuoco e senti urlare le anime dei dannati.
Era seduta, Marie, quasi stesse dormendo e sognando ad occhi aperti. Ma l’architetto Haller non dimenticherà lo sguardo senza vita. Sembrava respirasse: il vento sollevava e abbassava la giacca di lana sopra il vestito bianco, lo stesso vento che spostava le ciocche bionde sulle guance. Dalla bocca socchiusa il sangue era colato sul petto, a impregnare il tessuto.
La ragazza morta era appoggiata al vecchio larice. Dietro cominciava il bosco, dopo la staccionata. L’architetto avrebbe voluto cancellare quella vista e la gran macchia di sangue. Troppo tardi, non aveva potuto fare altro che chiamare la Questura, alzando la voce, per superare il rumore della musica che rimbombava a tutto volume dalla stanza di Michael.
Gli abitanti di Santa Gertrude non sono tanti, ma Grauner li trova tutti raccolti vicino ai larici. Dimostrano una strana aggressività latente, stonata nella pace di quel luogo. È vero, solo in paradiso c’è silenzio assoluto, perché anche lì lo stormire delle foglie al vento e il mormorio dei ruscelli riempiono di suoni l’ambiente.
Perchè la gente guarda con rancore verso la casa dell’architetto? È un cubo di vetro, piantato da un anno sopra una base di cemento e dissonante col resto dell’ambiente montano.
Il commissario Grauner osserva il cadavere, gelido come solo i cadaveri possono essere. L’ispettore napoletano avverte la tensione e stenta a capirne la ragione. Ha dovuto sparare un colpo di pistola in aria, per trattenere quella gente oltre il nastro di sicurezza che delimita il luogo del delitto. Vede intorno occhi gonfi di pianto delle donne e sguardi carichi di rabbia degli uomini.
La Scientifica ritiene che la ragazza sia stata colpita altrove e trascinata sotto l’albero.
In una Volante, un uomo è seduto sul sedile posteriore, la testa reclinata sul finestrino. È l’architetto Haller. Ha confessato. Ha ucciso lui Marie. È solo pagina 24.
Il silenzio dei larici: Le indagini del commissario Grauner
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