

Il silenzio di averti accanto
- Autore: Giancarlo Marinelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2018
"Il silenzio di averti accanto" un romanzo che si potrebbe definire epico, quello che lo scrittore e drammaturgo veneto Giancarlo Marinelli ha pubblicato con La Nave di Teseo. La storia, autobiografica (?), della famiglia Marinelli comincia oggi, quando l’io narrante sta per divenire padre di un maschio, a cui non sa ancora quale nome dare: quello del nonno Marino, con un lungo passato di militante fascista, sin dalla nascita del movimento che diverrà dittatura, o quello di Almo, il fratello di Marino antifascista, comunista, perseguitato, incarcerato, vittima di una divisione pubblica e poi privata, di cui tanti italiani sono stati vittime e protagonisti durante il sanguinoso 900.
Partendo da questo dilemma, il ragazzo che non è più un ragazzo, infatti ha quaranta anni, ripercorre in pochi giorni ed in molte pagine del romanzo la storia ricca e piena di risvolti sociali, politici, morali, sentimentali che ha attraversato una regione, il Veneto, e l’intero paese negli anni che vanno dalla vigilia della Grande Guerra, agli anni più recenti del nuovo millennio. Tutto quello che la società italiana ha vissuto, sofferto, rinnegato, accolto in un secolo, viene qui sintetizzato nella storia della famiglia Marinelli: il professore Carlo, sua moglie Adele, la cameriera Cesira, il figlio maggiore Marino, suo fratello che lo segue passo passo durante l’infanzia, e poi altri, la bella Nina, Faliero, Maria, Lara…… In realtà la storia si svolge soprattutto seguendo le vicende dei due fratelli e del loro insanabile contrasto politico e ideologico, che li porterà il primo alla frattura completa con la famiglia, il secondo con tutti, confinato prima in Sardegna per opera dello stesso Marino, e più tardi, una volta liberato, spedito nell’inferno del carcere militare di Gaeta, per aver difeso l’amore della sua vita, la rossa ragazza ebrea, Ginevra, che finirà ad Auschwitz con madre e zia: erano le merciaie del paese, che non ha potuto salvarle.
Nella lunghissima storia narrata da Marinelli, ci sono alcuni oggetti simbolici, un cappotto scuro, che passerà sulle spalle dei vari protagonisti, fino ad essere strappato a Ginevra, un grammofono, che ricomparirà miracolosamente nelle pagine conclusive, un biglietto che il narratore trova casualmente sugli scaffali polverosi della biblioteca del nonno: Gatto Almo, c’è scritto, e negli appunti di Marino compaiono degli strani segni, dei pesciolini rossi a sottolineare passaggi importanti dei versi di una poesia….
Non manca il giradischi, la tua voce/manca e il silenzio d’averti intorno.
Pur appassionandomi ai rapporti familiari complicati tra i tanti personaggi evocati, madri, padri, fratelli, figli, nonni, amici cari e fedeli, amori, tradimenti, abbandoni, ciò che colpisce di più in questo romanzo è il linguaggio. Giancarlo Marinelli non esita a servirsi di diversi registri comunicativi: la voce del narratore che si muove oggi alla ricerca dei nodi di un complesso passato storico familiare, mentre sua moglie Katiuscia sta per partorire, è graficamente sottolineato dall’uso del corsivo. La vera narrazione storica invece, con i singoli capitoli preceduti dalla data, è la parte più propriamente epica, e dell’epos ricerca anche lo stile. Ecco allora i soprannomi irriverenti, il sarcasmo, l’ironia feroce con cui venivano chiamati i grandi protagonisti di un’epoca difficile e dolorosa: Mussolini, Hitler, Galeazzo Ciano, diventano macchiette che ci ricordano certe pagine straordinarie di Gadda, quando nel Pasticciaccio rievoca le pagine crude del Fascismo. Ma c’è anche una parte lirica, nel lungo romanzo: il rapporto impossibile con la bella Ginevra, che balla balla balla al suono del grammofono, l’unica cosa che riesce ad avvicinarla a Almo e ad allontanarla dall’incubo della imminente deportazione; il perdersi e ritrovarsi dei due fratelli, che un’ideologia crudele allontana e non riesce a riavvicinare; l’amore infinito della madre, che vede la lacerante separazione di suo marito dal figlio primogenito e prediletto, la devozione dei compagni di strada, fascisti o comunisti, ma coerenti e decisi a seguire i loro leader sempre e comunque.
Alla fine il piccolo nascituro non si chiamerà né Marino né Almo, ma il ragazzo che non è più un ragazzo, è finalmente un uomo maturo e consapevole, arricchito da un passato cercato, accolto ed elaborato, troverà un altra persona a cui ispirarsi per dare seguito alla sua tradizione familiare. Una scelta giusta, coerente, pacificante.

Il silenzio di averti accanto
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