Il testamento di un albero del poeta romano Trilussa viene spesso presentata come una poesia per bambini e proposta come lettura nelle scuole elementari. In realtà si tratta di una lirica molto profonda, capace di disorientare persino gli adulti che nel finale si sentono colpiti al cuore come da una pugnalata. Sono innumerevoli ed eterni i temi intrecciati da Trilussa in questa poesia, che è senza altro degna di figurare tra le sue opere più belle. L’autore, celebre per le sue composizioni giocose in dialetto romanesco, in Er testamento d’un arbero (questo il titolo originale tratto dalle Poesie scelte edite da Mondadori, Ndr) non ha tanto l’obiettivo di divertire o intrattenere il lettore, ma di farlo riflettere.
Si tratta indubbiamente di una poesia d’autunno, perché intreccia temi fondamentali di questa stagione. La caducità della vita viene qui intesa nella sua duplice metafora: “le foglie che cadono” si fanno tragica similitudine della brevità dell’esistenza umana, ma anche rappresentazione dell’eterno ciclo dell’esistenza che, in natura, si rinnova di stagione in stagione. Anche gli alberi muoiono, ci dice Trilussa, rendendoci partecipi di un dolore che trascende l’umano e mostrandoci il mondo attraverso una rinnovata visione ecologica.
Chissà, forse Testamento di un albero viene intesa come una poesia per bambini perché solo i bambini sono capaci di intendere la sofferenza degli alberi e piangere per loro, gli adulti invece spesso sono troppo concentrati su loro stessi e sui propri problemi per dare ascolto alla voce - e al pianto - di ciò che li circonda.
Scopriamo testo, analisi e commento della poesia di Trilussa.
“Er testamento d’un arbero” di Trilussa: testo
Un Arbero d’un bosco
chiamò l’ucelli e fece testamento:
Lascio li fiori ar mare,
lascio le foje ar vento,
li frutti ar sole e poi
tutti li semi a voi.
A voi, poveri ucelli,
perché me cantavate le canzone
ne la bella staggione.
E vojo che li stecchi,
quanno saranno secchi,
fàccino er foco pe’ li poverelli.
Però v’avviso che sur tronco mio
c’è un ramo che dev’esse ricordato
a la bontà dell’ommini e de Dio.
Perché quer ramo, semprice e modesto,
fu forte e generoso: e lo provò
er giorno che sostenne un omo onesto
quanno ce s’impiccò.
“Il testamento di un albero” di Trilussa: parafrasi
Un Albero di un bosco
chiamò gli uccelli e fece testamento:
Lascio i fiori al mare,
lascio le foglie al vento,
i frutti al sole e poi
tutti i semi a voi.
A voi, poveri uccelli,
perché mi cantavate le canzoni
nella bella stagione.
E voglio che gli sterpi,
quando saranno secchi,
facciano il fuoco per i poverelli.Però vi avviso che sul mio tronco
c’è un ramo che dev’essere ricordato
alla bontà degli uomini e di Dio.
Perché quel ramo, semplice e modesto,
fu forte e generoso: e lo provò
il giorno che sostenne un uomo onesto
quando ci si impiccò.
“Il testamento di un albero” di Trilussa: analisi e commento
Link affiliato
Il testamento di un albero non è una poesia spensierata, ma una poesia dolente. In questi versi struggenti Trilussa riesce a condensare il significato profondo dell’espressione: “ciclo della vita” e la declina in chiave ecologica, cedendo la parola alla natura e al suo più perfetto rappresentante, un albero.
Un albero sta per morire, ma nel suo testamento canta la vita e cede ogni parte di sé come dono alle altre creature del mondo. Regala i suoi fiori al mare, le sue foglie al vento e, infine, tutti i suoi semi - fonte primigenia di vita e metafora di rinascita - agli uccelli che lo hanno allietato con i loro gioiosi canti.
In ultimo consegna i suoi secchi rami agli uomini poveri perché possano scaldarsi durante l’inverno. L’albero morente, insomma, dona sé stesso in ogni sua parte agli altri; però, nel finale, chiede che solo un suo ramo venga custodito in ricordo della bontà degli uomini e della presenza di Dio sulla terra. Quel ramo, racconta l’albero, fu molto forte e generoso, fu l’unica presenza a sostenere un uomo giusto e sincero il giorno in cui si impiccò.
Il finale, imprevisto e improvviso, è straziante perché non solo ci dà la prova della stretta compresenza tra uomo e natura - che condividono lo spazio sullo stesso pianeta - ma al contempo ci mostra che spesso la natura è più pietosa nei confronti dell’uomo di quanto lo siano i suoi stessi simili. Tutti avevano abbandonato quell’uomo che decise di compiere, ormai vinto dal prevalere delle ingiustizie, un gesto estremo; fu solo il ramo forte e generoso dell’albero a sostenerlo sino all’ultimo respiro e, forse, a rivolgergli un ultimo sguardo pietoso che pare trasfigurare lo sguardo di Dio.
Nel dolente finale la tragedia esistenziale dell’uomo si oppone alla serenità della natura che si abbandona, senza angosce, all’eterno processo di creazione e distruzione insito nella vita: l’albero muore consapevole che la sua vita è un dono, mentre quell’uomo onesto muore disperato. In questa lacerante contraddizione è racchiuso un senso sul quale lo stesso Trilussa sembra interrogarsi disperatamente, ma non ha altra risposta se non la pietà di quel ramo.
Il testamento di un albero è una preziosa lezione di vita, oggi tra l’altro molto attuale in un mondo che soffoca la natura, la respinge e uccide gli alberi per ottenere risorse o costruire palazzi.
Trilussa in questo piccolo capolavoro riesce a fondere la visione ecologica con la concezione profonda del ciclo della vita, che è poi qualcosa che ci riguarda tutti da vicino, alberi e uomini, come ci rivela il finale di questa storia poetica.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il testamento di un albero” di Trilussa: una poesia sul ciclo della vita
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Trilussa
Lascia il tuo commento