Dopo l’addio alla scrittura di Philip Roth, un altro importantissimo esponente del mondo della letteratura va in pensione: Imre Kertész, 83 anni e Premio Nobel nel 2002, ha infatti deciso di appendere la penna al chiodo.
Una vita segnata da Auschwitz
Nato nel 1929 a Budapest, la vita di Kertész fu senza alcun dubbio contrassegnata prevalentemente dalla sua deportazione ad Auschwitz nel 1944 (con conseguente trasferimento a Buchenwald nel 1945 e successiva liberazione). Un’esperienza che lo segnò nel profondo e contribuì a regalare al mondo opere letterarie segnate da un’intensità fuori dal comune. Dopo una breve esperienza nel giornalismo e nel servizio militare, Kertész si dedicò alla letteratura traducendo opere di filosofi quali Nietzsche e Wittgenstein, ma fu il suo primo libro, il più noto dell’autore ungherese, "Essere senza destino" a conferirgli l’immortalità e lo status di scrittore. Il libro raccontava infatti, in maniera più o meno autobiografica, l’esperienza di un ungherese quindicenne nei campi di sterminio nazisti. L’esperienza ad Auschwitz e i patimenti lì subiti furono così forti da indurlo a pensarci ogni qualvolta si trovava a scrivere un libro.
Letteratura e Olocausto
Nel 2002 gli fu assegnato il Premio Nobel per la Letteratura
"per una scrittura che sostiene la fragile esperienza dell’individuo contro la barbarica arbitrarietà della Storia".
Kertész lottò contro la censura sovietica almeno fino al 1989, quando crollò il muro di Berlino e lui poté finalmente ottenere la meritata fama, seppur con grave ritardo.
Attivo nella promozione e nella diffusione della lingua magiara in Germania e in Romania, dove vivono milioni di immigrati ungheresi, l’autore di "Dossier K.", "Liquidazione" e "Il secolo infelice" (solo per citarne alcuni) ha dato l’annuncio ufficiale del suo addio alla letteratura al settimanale tedesco Der Spiegel:
"Non voglio più scrivere. L’opera collegata con l’Olocausto ha rappresentato la mia conclusione ideale".
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Imre Kertész: un altro addio alla scrittura dopo quello di Philip Roth
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