Claudia Graziani è nata a Firenze, dove attualmente abita e insegna alla scuola primaria. Appassionata di didattica, di musica corale, di culture lontane e naturalmente di lettura, si è decisa tardi a pubblicare i manoscritti che teneva nascosti nel cassetto. Dopo aver pubblicato nel 2020 il suo primo romanzo Ruga dopo ruga (Porto Seguro Editore) è tornata in libreria quest’anno con il romanzo Nella tana della volpe, edito dalla stessa casa editrice.
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Il romanzo è ambientato in Perù, esattamente ad Arequipa. Il protagonista è Pedro, il secondogenito di una famiglia poverissima. La sua vita si rivela fin dall’inizio particolarmente difficile, poiché deve combattere non solo contro la miseria e l’emarginazione, ma anche contro l’etichetta di figlio maledetto che la sua famiglia gli ha imposto. Ma Pedro, pur non sapendone nulla, ha dei grandi doni nascosti, che fa emergere in maniera del tutto inconsapevole mentre, per inseguire al buio una volpe del deserto, resta a lungo immobile, in silenzio e respirando lentamente. Gli incontri successivi con un musicista di strada e con Milagros, una ragazza povera ma ricca quanto lui, lo porteranno ad acquistare consapevolezza e amore per se stesso. Il percorso sarà lungo e carico di dolore, un dolore però accolto con umiltà e per questo foriero di luce.
- Questo è il suo secondo romanzo. Come è nato?
È la mia seconda pubblicazione, ma questa storia è precedente all’altra. E come l’altra è nata in un momento di grande dolore per la perdita di una persona cara. La scrittura aiuta molto a elaborare le emozioni. Pedro è un ragazzo che non sa perché soffre, ma che alla fine riesce a dare un senso al suo dolore, accogliendolo e respirandolo a pieni polmoni.
- La scelta di ambientare la storia in Perù nasce da un suo viaggio?
No, non ci sono mai stata. Per questo ringrazio tanto Vanessa e Jaime che mi hanno aiutato a conoscere un po’ il loro paese. Il motivo per cui l’ho ambientato ad Arequipa non lo conosco. Io scrivo d’istinto, non pianifico mai le mie storie. Vengono da sole, io presto solo le mani e la tastiera per scriverle.
- Pedro insegue una volpe e trova se stesso. C’è qualche riferimento al Piccolo Principe?
Più di una persona ce lo vede, ma io non volevo questo. Sono una delle poche lettrici che non ama il celebre romanzo di Antoine de Saint-Èxupery, perché credo nell’amore vissuto più che in quello descritto dalle belle parole. La volpe della mia storia non parla, a mala pena si accorge che Pedro esiste: è solo un animale selvatico che passa di lì. Pedro ne è attratto e per questo si ritrova a stare immobile a lungo. Crede di cercare la tana della volpe, ma alla fine trova se stesso perché, fermo al buio, senza saperlo medita. Dopodiché, anziché fermarsi a tradurlo in parole, mette in pratica concretamente ciò che ha scoperto. Se c’è un riferimento che mi ha aiutato a creare questo personaggio, quello è mio padre: era non vedente, parlava poco, ma amava tanto e trasformava le sue emozioni in opere di bene concrete.
- Ci sono molti simboli in questa storia. “Nella tana della volpe” può considerarsi una metafora?
Direi di no, anche se ci sono anche immagini oniriche. Almeno non era mia intenzione farne una metafora. La narrazione si mantiene al confine tra gli eventi esterni e il mondo interiore del protagonista, ma sono restia a considerare le nostre emozioni un concetto astratto. Noi viviamo soprattutto grazie al nostro mondo interiore, che trovo che sia molto più concreto di quanto pensiamo. L’argento è il colore che guida Pedro nelle sue scelte: è senz’altro un simbolo, ma rappresenta il suo dolore e la sua speranza, sentimenti che poi diventano un progetto concreto. Anche l’albero che il ragazzo a un certo punto sogna è un simbolo, ma i sogni sono una realtà che ci accompagna tutta la vita. In questo senso, la storia racconta la vita di Pedro, non una metafora.
- Anche qui nelle dediche troviamo un riferimento a Corrado Sobrero. Crede che un autore continui a vivere nei libri che lascia?
Ovviamente sì, ma aggiungerei che vive anche in ciò che lascia in chi lo legge. Prima di conoscere Corrado, scrivevo con uno stile diverso, senz’altro più immaturo. Ho imparato tanto da lui. Come ho imparato tanto da altri maestri carismatici che ho incontrato nella mia vita. In ogni parola che scrivo sento vibrare tutto quello che essi mi hanno lasciato. C’è chi dice che chi scrive non muore mai, ma io dico che nessuno di noi muore mai, se ha insegnato qualcosa a qualcuno: è un seme che continua a germogliare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Claudia Graziani, in libreria con “Nella tana della volpe”
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